Il miglioramento sismico di una struttura ospedaliera mediante un sistema di dissipazione esterno di tipo MPD
Dimensionamento del sistema di dissipazione di tipo MPD effettuato utilizzando il metodo di progetto detto “Five-Step Procedure”
La presente memoria illustra la concezione strutturale dell’intervento di miglioramento sismico di un edificio ospedaliero sito a Bologna. L’edificio è stato ultimato alla fine degli anni ’60 e presenta una struttura portante a telaio in conglomerato cementizio armato. È costituito da tre blocchi strutturali separati da giunti con uno sviluppo complessivo di circa 38000 mq distribuiti su un numero di piani variabili tra sei e sette, con altezza media di interpiano di circa 3,5 metri.
Il progetto prevede la solidarizzazione degli impalcati dei diversi corpi e la realizzazione di pareti esterne in conglomerato cementizio armato opportunamente collegate all’edificio mediante dissipatori viscosi disposti in orizzontale. Tale soluzione consente di realizzare un sistema di dissipazione noto in letteratura scientifica come Sistema Proporzionale alle Masse (MPD).
Il dimensionamento del sistema di dissipazione è effettuato utilizzando il metodo di progetto sviluppato da alcuni degli autori e noto come “Five-Step Procedure”, con l’obiettivo di raggiungere una capacità nei confronti delle azioni sismiche pari ad almeno il 60% di quella prevista per gli edifici di nuova progettazione. La progettazione finale e le verifiche sono condotte mediante analisi dinamiche non lineari (di tipo time history). L’efficacia dell’intervento proposto viene valutata mediante specifici indici di prestazione. La scelta della tipologia di intervento è stata dettata dalla necessità di garantire la funzionalità della struttura durante le fasi di lavorazione in modo da ridurre al minimo gli interventi da effettuare all’interno dell’edificio.
Da un punto di vista ingegneristico l’effetto di un terremoto su un edificio viene modellato attraverso azioni dinamiche impresse alla base delle strutture (tipicamente accelerazioni del suolo), le quali determinano una complessa risposta dinamica che dipende fondamentalmente dall’intensità e dalle caratteristiche dell’input sismico, nonché dalle proprietà elastiche, inerziali e dissipative della struttura stessa.
Per caratterizzare la risposta sismica delle strutture si è spesso adottato un approccio di tipo energetico. In estrema sintesi, il sisma trasmette una data energia alla struttura (energia in ingresso), la quale viene in parte immagazzinata dalla struttura sotto forma di deformazione elastica ed in parte dissipata nell’ambiente.
La massima energia elastica che può essere immagazzinata dalla struttura è limitata dalle capacità resistenti degli elementi strutturali. Infatti, in caso di sismi violenti l’energia in ingresso può risultare significativamente superiore alla massima energia elastica immagazzinabile dalla struttura e quindi causare l’escursione della struttura in campo inelastico, con conseguente sviluppo di deformazioni irreversibili e meccanismi di danneggiamento (dissipazione di energia per isteresi dei materiali). Nel caso di edifici tradizionali la dissipazione di energia si manifesta sostanzialmente a fronte di danneggiamenti progressivi che, in casi estremi, possono condurre sino al collasso strutturale.
Come incrementare le capacità sismiche di un edificio: i diversi approcci progettuali
Alla luce di quanto sopra menzionato, al fine di concepire edifici dalle prestazioni sismiche superiori, è possibile individuare tre diversi approcci progettuali:
(1) incrementare la capacità di immagazzinare energia elastica, ovvero concepire strutture “iper-resistenti”,
(2) incrementare le capacità dissipative, ovvero concepire strutture “dissipative”,
(3) ridurre l’energia in ingresso mediante disaccoppiamenti dinamici , ovvero concepire strutture “isolate”.
L’approccio progettuale basato sulla dissipazione
L’approccio progettuale basato sulla dissipazione consiste nell’inserire all’interno delle strutture dispositivi appositamente progettati per dissipare energia in modo da preservare gli elementi strutturali che per il sisma di progetto dovrebbero rispondere in fase elastica (con assenza di danneggiamento).
L’utilizzo di dissipatori fluido-viscosi si è dimostrata una via particolarmente efficace nel limitare il danneggiamento e gli spostamenti di interpiano che interessano la struttura, senza modificare in modo apprezzabile le caratteristiche dinamiche dell’edificio. In tal senso sono state condotte estese ricerche al fine di investigare il comportamento sismico di edifici equipaggiati con dissipatori fluido-viscosi con l’obiettivo di identificarne il posizionamento ottimale all’interno della struttura e sviluppare procedure di dimensionamento (Ramirez et al. 2000, Lopez Garcia 2001, Christopoulos e Filiatrault 2006, Takewaki 1997, 2000, 2009).
In particolare gli autori negli hanno analizzato e confrontato le prestazioni di edifici a telaio equipaggiati con un sistema di dissipazione proporzionale alle rigidezze, noto in letteratura come SPD (costituito da smorzatori di “interpiano” disposti all’interno delle specchiature di telaio in modo da collegare due impalcati consecutivi per mezzo di controventi diagonali) e proporzionale alle masse, noto in letteratura come MPD (costituito da smorzatori disposti in modo tale da collegare ciascun impalcato ad un punto fisso).
Tali studi hanno dimostrato che, sotto l’ipotesi di egual coefficiente totale di smorzamento, i sistemi di tipo MPD hanno prestazioni superiori ai corrispondenti sistemi di tipo SPD (Trombetti e Silvestri 2004, 2006, 2007, Silvestri e Trombetti 2007). A partire da tali risultati gli autori hanno sviluppato una procedura di progetto nota in letteratura scientifica come “Five-step procedure” (Silvestri et al. 2010) per il dimensionamento di sistemi di tipo SPD ed MPD.
La procedura può essere applicata sia per la progettazione di edifici nuovi che per il dimensionamento di sistemi di dissipazione per il miglioramento/adeguamento di edifici esistenti.
La presente memoria illustra il progetto di miglioramento sismico di un edificio ospedaliero sito a Bologna realizzato con un innovativo sistema di dissipazione esterno di tipo MPD, del quale alcuni degli autori sono stati consulenti scientifici. Nel dettaglio, viene dapprima fornita una descrizione generale dell’edificio e presentata la concezione strutturale dell’intervento. Successivamente, viene descritto il modello numerico dell’edificio e del sistema di dissipazione esterno MPD e fornita una sintesi del metodo di progetto “Five-Step procedure” utilizzato per il dimensionamento del sistema di dissipazione. Infine, vengono illustrati i risultati principali delle analisi sismiche e discusse le prestazioni ottenute dal sistema di dissipazione.
La descrizione della struttura e concezione dell'intervento
L’edificio oggetto di intervento è il Padiglione 5 (Nuove Patologie) dell’Ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna: ha una superficie complessiva in pianta di 38000 mq distribuita su un numero di piani variabili tra 6 e 7, con un’altezza media di 3,5 m. L’edificio è diviso in vari blocchi, tra cui i blocchi relativi alla parte storica, oggetto dell’intervento di miglioramento. La parte storica del padiglione ha una struttura intelaiata in calcestruzzo armato, ultimata nel 1969, che presenta un piano seminterrato e 6 piani fuori terra. Nel 2005 è stata aggiunta una nuova ala; con struttura portante realizzata in c.c.a a 7 piani fuori terra ed un piano interrato, completamente giuntata ed autonoma nei confronti della struttura originale. Dal punto di vista strutturale l’edificio principale del 1969 risulta essere costituito da tre blocchi (nel seguito denominati blocco A, B e C, Fig.1) separati da giunti. I tre blocchi storici presentano delle porzioni basse (zona atrio e Aula Magna con ufficio annesso) che nell’ambito dell’intervento complessivo di miglioramento sono oggetto di demolizione e ricostruzione (con apposito giunto in modo da non interferire con le strutture alte dei vari blocchi – zona atrio), di raddoppio di strutture verticali (Aula Magna) per creazione giunto strutturale e demolizione (ufficio annesso alla Aula Magna). Tali interventi sono propedeutici all’intervento di miglioramento sulla parte storica, in modo da distinguere nettamente il comportamento degli edifici ali dalle zone basse.
Figura 1. Padiglione 5 pianta piano primo – zona grigia (Ala G, non oggetto del presente progetto), zona rosa (Atrio, oggetto di demolizione e ricostruzione con apposito giunto), zona gialla (Aula Magna, creazione di raddoppio di strutture portanti verticali per creare giunto con Blocco C), zona azzurra (sala adiacente aula magna, oggetto di demolizione).
La strategia di intervento scelta è conseguenza delle limitazioni imposte dalla destinazione d’uso dei fabbricati, dal loro pieno ed intensivo utilizzo e dalla materiale impossibilità di sgomberare ampie porzioni per intervalli di tempo convenientemente lunghi. Tali limitazioni rendono nei fatti impossibile l’impiego delle “tradizionali” tecniche di intervento basate su rinforzi diffusi delle strutture esistenti o inserimento di nuovi sistemi di controventamento. Per tali ragioni, lo studio è stato indirizzato verso la ricerca di una soluzione che consentisse il raggiungimento dell’obiettivo prefissato (in termini di aumento del livello di sicurezza), rimanendo (nei limiti del possibile) relativamente poco invasiva nei confronti delle attività ospitate dal complesso. Pertanto, si è scelta una soluzione che prevede l’impiego di cosiddette “pareti dissipative esterne”, ossia pareti esterne in c.c.a. collegate alla struttura principale attraverso smorzatori fluido- viscosi (Figura 2). Un sistema così concepito rappresenta una implementazione pratica del concetto di sistema MPD, purché la rigidezza della parete sia significativamente maggiore di quella della struttura da proteggere.
Figura 2. Il Sistema di dissipazione esterno MPD.
Nel dettaglio, l’intervento consiste nella realizzazione di 7 sistemi di pareti in c.c.a., indicate come pareti MPD (SM1, SM2, SM3, SM4, SM5, SM6, SM7), ciascuno costituito da setti in calcestruzzo armato di spessore pari a 2 m e lunghezza pari a 3 m, posizionati in corrispondenza dei telai degli edifici esistenti. Le pareti sono collegate all’edificio esistente attraverso smorzatori viscosi (per un numero totale di 74 dispositivi) posti orizzontalmente in modo tale da collegare ciascun solaio al sistema di pareti. Per assicurare al sistema un comportamento d’insieme, le singole pareti sono anche collegate da un setto in c.c.a. trasversale di spessore pari ad 1 m. La posizione e direzione di azione di ciascuna parete dissipativa è indicata in Figura 3.
Figura 3. Posizione delle pareti dissipative e direzione di azione.
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Articolo tratto dagli atti del XVIII Convegno ANIDIS - Ascoli Piceno 2019
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