Il Salva Casa non si applica ad abusi rilevanti e già giudicati in via definitiva
Il Decreto Salva Casa (DL n.69/2024) è spesso frainteso perché visto come una sorta di condono edilizio generalizzato. In realtà esso rappresenta soltanto uno strumento tecnico per regolarizzare difformità edilizie minori. Il decreto modifica il Testo Unico dell’Edilizia (TUE), introducendo procedure semplificate per disciplinare gli interventi realizzati in assenza o in difformità dagli opportuni titoli abilitativi e ridefinendo le tolleranze costruttive. Una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 4382/2025) ha chiarito i limiti del decreto, escludendone la retroattività e l'applicabilità agli abusi gravi o già giudicati, confermando che le finalità del testo normativo non sono quelle di un condono mascherato.
Il Decreto Salva Casa: il bivio tra regolarizzazione e condono
Il Decreto Salva Casa (DL 69/2024) continua a generare confusione e false aspettative tra i proprietari di immobili.
Troppo spesso viene, infatti, erroneamente interpretato come una forma di condono edilizio mascherato, capace di sanare qualsiasi tipo di abuso edilizio attraverso il semplice pagamento di una sanzione.
Il decreto ha sì introdotto modifiche molto importanti al Testo Unico dell’Edilizia (TUE), ma queste sono inerenti solo a:
- consentire la regolarizzazione delle lievi difformità edilizie;
- semplificare le trasformazioni interne di modesta entità, prive di impatto strutturale o paesaggistico.
Per comprendere ciò sono fondamentali gli artt. 37 e 34 bis del TUE.
In particolare, l’art. 37 nella versione aggiornata dal DL 69/2024 (Decreto Salva Casa) disciplina al comma 1, gli “Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività” nel seguente modo “La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al triplo dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 1.032 euro (…)”.
L’articolo in primis tiene a specificare le sanzioni per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), volendo comunque rappresentare uno strumento per la repressione degli abusi edilizi.
Mentre in merito all'applicabilità del decreto, l’art. 34 bis si focalizza sulle tolleranze costruttive evidenziando che soltanto
“Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo (…).”
Quindi il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce una violazione edilizia a patto che vi sia un titolo abilitativo e che le stesse siano contenute entro il 2% delle misure previste dal titolo stesso.
Si comprende quindi che il decreto disciplina le tolleranze costruttive, cioè le piccole difformità rispetto ai progetti approvati che non alterano sostanzialmente volumi e sagome degli edifici. Si tratta di uno strumento tecnico, pensato per risolvere situazioni secondarie e comuni alla stragrande maggioranza degli immobili nazionali. Situazioni che compromettevano lo stato legittimo del bene, ostacolandone la compravendita e bloccando di fatto il mercato immobiliare italiano.
Le finalità sono quindi ben diverse da quelle di un provvedimento straordinario di sanatoria degli abusi. Chi spera, quindi, di utilizzare il Decreto Salva Casa per regolarizzare interventi significativi realizzati senza titolo, come nuove costruzioni o ristrutturazioni sostanziali, rischia di trovarsi di fronte a grandi delusioni.
A confermare che il Decreto Salva Casa non è uno strumento di clemenza generalizzata, ma una norma tecnica che disciplina ambiti specifici e circoscritti dell'attività edilizia è la sentenza del Consiglio di Stato n.4382/2025.
Niente sanatoria per gli abusi gravi: il Decreto Salva Casa non è retroattivo
Con la sentenza n. 4382/2025, il Consiglio di Stato ha chiarito che: il Decreto Salva Casa non può sanare abusi rilevanti, soprattutto se passati in giudicato.
La vicenda ha uno sviluppo molto articolato che nasce nel 2014, quando il Comune di Roma ingiungeva la demolizione di alcune opere ritenute abusive poiché realizzate senza titolo. All’ordine di demolizione faceva seguito, nello stesso anno, una sanzione pecuniaria prevista dalla legge regionale (LR Lazio n. 15/2008).
Le determinazioni comunali venivano impugnate dal proprietario dell’immobile, ma sia il Tar Lazio sia la prima pronuncia del Consiglio di Stato, respinsero il ricorso.
Nel 2022, a seguito di un nuovo sopralluogo, veniva accertata l’inottemperanza all’ordine demolitorio e il Municipio II disponeva la demolizione d’ufficio delle opere. Anche questo provvedimento è stato impugnato, ma ancora una volta il Tar Lazio ne ha confermato la validità.
Nel corso dell'ultimo giudizio il ricorrente ha tentato di ottenere un rinvio dell'udienza per presentare “una richiesta ai sensi dell’art. 34 bis del D.P.R. 380/01 (testo unico edilizia) come aggiornato al D.L. 69/2024”, meglio noto come Decreto Salva Casa.
Il Consiglio di Stato ha però respinto inequivocabilmente questa richiesta chiarendo che “Deve essere preliminarmente disattesa la richiesta di rinvio, formulata alla odierna udienza, al fine di presentare una richiesta ai sensi dell’art. 34 bis del D.P.R. 380/01 (testo unico edilizia) come aggiornato al D.L. 69/2024, cd. decreto salva casa, non essendo all’evidenza applicabile la nuova disciplina delle tolleranze costruttive al giudizio che occupa.”
La nuova disciplina delle tolleranze costruttive introdotta dal decreto non è applicabile al caso in questione. Questa pronuncia assume un valore paradigmatico perché delimita chiaramente il campo di applicazione del Decreto Salva Casa, smentendo interpretazioni troppo estensive della norma.
Inoltre, la sentenza è stata categorica sostenendo che “La configurazione dell’intervento come “nuova costruzione” priva di permesso di costruire, è incompatibile con l’astratta applicabilità dell’art. 37 del DPR n. 380/2001 - che disciplina i cosiddetti interventi minori, assentibili con SCIA - così risultando evidente il rigetto implicito del motivo di appello.”
Il Decreto Salva Casa non è applicabile ad abusi rilevanti realizzati in assenza di titolo abilitativo ed eventualmente passati in giudicato.
Le nuove disposizioni normative sono inerenti alle piccole irregolarità edilizie e pensate con lo scopo di ridurre il contenzioso urbanistico, semplificando la regolarizzazione di piccole difformità, senza avere una valenza retroattiva per casi già chiusi. In questo caso, la Corte ha ricordato che l’opera edilizia era già stata giudicata come una nuova costruzione senza permesso, con una sentenza definitiva, motivo per cui non può essere sanata usando la procedura semplificata prevista dall’art. 37 del Testo Unico dell’Edilizia (TUE), che si applica solo a irregolarità minori sanabili con una SCIA.
Inoltre viene chiarito che “Il Tribunale si è limitato a rilevare, una volta preso atto del giudicato formatosi con la citata sentenza n.1184/2022, che “l’istanza ex art. 37 dpr n. 380/01, proprio perché radicalmente incompatibile con il regime edilizio abilitativo riferibile alle opere realizzate, non ha generato in capo all’amministrazione comunale nessun onere di riscontro della stessa con provvedimento espresso”.(…) Peraltro il silenzio da parte del Comune assume piena efficacia di provvedimento esplicito di rifiuto, concretizzando un vero e proprio provvedimento tacito di diniego (...).”
La sentenza fornisce importanti risvolti per quanto riguarda la gestione delle istanze di accertamento di conformità. Il Consiglio di Stato ha confermato che quando un’istanza ex art. 37 del Testo Unico dell'Edilizia è radicalmente incompatibile con il regime edilizio delle opere realizzate, l'amministrazione non ha alcun obbligo di risposta espressa. Da ciò scaturisce che il silenzio del Comune assume piena efficacia di provvedimento esplicito di rifiuto, configurandosi come un vero e proprio diniego tacito. Infatti la Corte Costituzionale con sentenza n. 42/2023 ha confermato il valore di tacito diniego all'accertamento di conformità quando trascorrono 60 giorni dall’istanza senza pronuncia motivata del Comune.
In conclusione il decreto Salva Casa non è uno scudo per sanare abusi estesi ma si tratta piuttosto di uno strumento che interviene su difformità minori e casi marginali. Esso non interviene su interventi che avrebbero avuto bisogno del permesso di costruire quale titolo abilitativo, ma solo su difformità a titoli esistenti precedentemente sanabili al massimo mediante SCIA in sanatoria.
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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