Introduzione
In vigore dallo scorso luglio 2013, il nuovo European Construction Products Regulation (CPR 305/2011) prevede che tutti i prodotti da costruzione, per poter essere immessi nel mercato, devono soddisfare il cosiddetto settimo requisito essenziale, denominato “uso sostenibile delle risorse naturali”.
Il nuovo requisito prevede che le opere di costruzione devono essere progettate e realizzate attraverso l’utilizzo di materie prime e secondarie ecologicamente compatibili, durevoli nel tempo e riutilizzabili qualora sottoposte a demolizione.
Accanto ai requisiti prestazionali di natura fisico-meccanica (sicurezza, resistenza meccanica, risparmio energetico), si aggiunge quindi il requisito della “performance ambientale”, intesa come rispetto delle risorse naturali, riduzione dei consumi e riutilizzo per nuove applicazioni.
La normativa europea sui prodotti da costruzione non fa altro che recepire al suo interno lo spirito di innovazione introdotto dalla Direttiva Europea 2008/98/CE (recepita in Italia dal D.Lgs. 205/2010) che, nel definire il cosiddetto obiettivo 2020, prevede nell’immediato futuro drastiche riduzioni nell’utilizzo delle risorse naturali primarie e incrementi dei prodotti di riciclo e/o sottoprodotti nel comparto edilizio, nella misura fino al 70%.
Questi orientamenti “ambientali” nel settore dell’edilizia vengono confermati anche dai Rapporti analitici sull’andamento del mercato delle costruzioni (es. Cresme, Ance), che prevedono l’approssimarsi di una nuova fase di sviluppo caratterizzata da una riconfigurazione della domanda verso prodotti qualitativamente migliori, di elevata performance tecnologica, ecologicamente compatibili e di limitato impatto sui consumi di risorse e di energia. Ciò, peraltro, è quanto già accade in alcuni Paesi dell’Unione Europea, in cui si assiste ad una fase di importanti investimenti per la riqualificazione e la riconversione dei tessuti urbani secondo tecnologie all’avanguardia e prodotti sostenibili.
La crescita di consapevolezza sulle tematiche ambientali ed energetiche, unita alla possibilità di disporre di prodotti innovativi e “alternativi”, di limitato impatto sulle risorse naturali e al contempo tecnologicamente efficaci ed affidabili, si pone in controtendenza rispetto agli sviluppi industriali degli ultimi anni e costituisce una nuova opportunità per il comparto produttivo dei materiali da costruzione, per le imprese esecutrici e, più in generale, per le committenze pubbliche/private che desiderano assegnare un valore aggiunto “ambientale” ai propri investimenti.
Nel presente articolo vengono illustrate e discusse le potenzialità di applicazione di un legante a base di solfato di calcio anidro (o anidrite), ottenuto come prodotto secondario nella produzione dell’acido fluoridrico gas (da qui la denominazione di anidrite “sintetica”), senza ricorrere ad attività estrattive, consumo di territorio e processi di cottura (e quindi emissioni di CO2).
In alcuni Paesi dell’Unione Europea (Germania, Francia, Regno Unito) l’anidrite “sostenibile” sta progressivamente sostituendo l’anidrite naturale nelle applicazioni civili e va ad affiancarsi al cemento portland nelle applicazioni industriali dell’edilizia; se il cemento portland è l’ingrediente principale nei calcestruzzi destinati alle applicazioni strutturali, l’anidrite lo è nella maggior parte delle applicazioni non strutturali, interne agli edifici ed esterne, anche grazie allo sviluppo di trattamenti resinosi e additivi innovativi che consentono di limitare l’intrinseca solubilità del materiale.
In Italia la cultura dei prodotti a base di solfato di calcio “sintetico” è destinata necessariamente a crescere, così come il suo mercato applicativo. Lo slancio è offerto sia dalla recente pubblicazione di alcune normative di settore e di Codici di buona pratica che definiscono compiutamente e senza equivoci le caratteristiche fisico-tecnologiche dei leganti e le tecniche di posa, sia da alcuni produttori di materiali e imprese realizzatrici che vedono nei prodotti sostenibili la chiave del loro sviluppo.
L’Anidrite “Sostenibile”: origini, prestazioni…
Grazie alle sue caratteristiche fisico-meccaniche, stabilità dimensionale, tempi di lavorabilità e facilità di posa in opera, l’anidrite è sempre stata apprezzata dagli specialisti, nella progettazione e realizzazione di elementi non strutturali ad elevato rapporto superficie/volume.
Nei paesi del centro Europa (Francia, Germania e Inghilterra) l’anidrite è adoperata come ingrediente di base per le formulazioni di prodotti destinati ad applicazioni quali sottofondi, massetti e pavimentazioni, ovvero di tutti quegli elementi costruttivi che giocano un ruolo determinante nella definizione delle performances termo-acustiche degli edifici.
In Italia, l’anidrite è stata utilizzata in modo diffuso nell’edilizia post-bellica italiana ed oggi è adoperata in sinergia con i “moderni” leganti idraulici per la formulazione di leganti o premiscelati destinati al “segmento” massetti (es. prodotti autolivellanti), oppure a formulazioni specificatamente studiate per prodotti di maggiore versatilità, caratterizzati da elevate prestazioni meccaniche e basso ritiro (es. colle, materiali per ripristini di limitato ritiro, malte rapide).
Accanto all’anidrite naturale, ottenuta dal processo di estrazione e successiva cottura della pietra di gesso (alla temperatura di circa 300 °C, anche se per alcune tipologie di anidriti la cottura è spinta fino ai 1200 °C) si presenta oggi l’opportunità di adoperare un materiale “alternativo” a base di solfato di calcio, ottenuto non da processi di estrazione in cava e cottura (con consumo quindi di risorsa naturale e emissioni di CO2), ma come secondo prodotto nella sintesi dell’acido fluoridrico gassoso (fig. 1):
CaF2 + H2SO4 → 2 HF + CaSO4
Figura 1. Un particolare dell’anidrite “sintetica” al termine del processo di macinazione.
Ottenuta dalla reazione tra il minerale della fluorite e l’acido solforico, l’anidrite “sintetica” è un materiale che possiede un pH intorno a 11 e un titolo in solfato di calcio superiore al 95%; macinata secondo finezze inferiori ai 100 ?m e miscelata con acqua in opportuni rapporti, acquisisce una capacità legante le cui caratteristiche fisiche e prestazioni meccaniche sono in linea con i requisiti di marcatura CE definiti nelle norme UNI EN 13279 (leganti e intonaci a base di gesso), UNI EN 13454 (Leganti, leganti compositi e miscele realizzate in fabbrica per massetti a base di solfato di calcio) e UNI EN 13813 (Materiali per massetti). Per tale motivo, l’anidrite sintetica è un ingrediente di base che si pone alternativo e “competitivo”, in svariate applicazioni, rispetto ai leganti naturali a base di solfato di calcio.
Nella Tabella 1 vengono riportate le caratteristiche prestazionali di un anidrite sintetica “standard” determinate su provini confezionati secondo UNI EN 13454-2, caratterizzati da rapporti anidrite/sabbia 0/2 2:1, rapporto acqua/anidrite 0.33.
Tabella 1. Proprietà fisico-meccaniche dell’anidrite a 3 e 28 gg di maturazione (UNI EN 13454-2)
| 3 gg | 28 gg |
Resistenza alla Compressione (MPa) | 25 | 40 |
Resistenza alla Flessione (MPa) | 5 | 8 |
Ritiro mm/m | 0,005 | 0,005 |
Come si può osservare dai dati di Tabella 1, l’anidrite è un materiale che già al terzo giorno di maturazione acquisisce il 50% delle proprie capacità meccaniche, senza dare luogo nel contempo ad apprezzabili variazioni dimensionali (e conseguenti stati tensionali interni), come invece accade nei più comuni leganti idraulici. Questa situazione è originata dalla natura dei processi di formazione della microstruttura interna, in particolare dalla genesi ed evoluzione dell’intreccio tridimensionale dei cristalli idrati che, tra l’altro, si riflette sui tempi di lavorabilità, presa e indurimento del materiale.
Mentre in un legante idraulico la perdita di lavorabilità, e quindi l’avvio del processo di presa, è legata all’idratazione delle differenti fasi mineralogiche che compongono la matrice, nell’anidrite la formazione della struttura cristallina interna è preceduta da una fase più ampia (denominata anche fase di induzione) nel corso della quale l’anidrite miscelata con l’acqua passa progressivamente in soluzione, determinando una situazione di sovrasaturazione in solfato di calcio biidrato che, di conseguenza, precipita dando luogo alla nucleazione di germi cristallini che nel loro accrescimento si intrecciano reciprocamente per formare una struttura tridimensionale compatta.
La formazione del reticolo cristallino dell’anidrite, proprio perché frutto di processi di nucleazione/accrescimento di cristalli, almeno nelle fasi iniziali è più lungo rispetto ad un tradizionale legante idraulico e ciò comporta un avvio del processo di presa nell’ordine delle 4-5 ore e la sua conclusione intorno alle 8-10 ore. Con l’ausilio di opportuni additivi o catalizzatori, i tempi di presa e indurimento possono essere adeguatamente modulati a seconda delle esigenze operative e dei manufatti da realizzare.
In virtù di queste particolari performances tecnologiche, l’anidrite sintetica si presta ad essere adoperata per tutte quelle applicazioni nelle quali si ha necessità di disporre di ottimali tempi di lavorabilità, elevate resistenze meccaniche alle brevi stagionature e limitate variazioni dimensionali dei manufatti.
…e possibili applicazioni
In alcuni paesi del Centro Europa, l’anidrite “sintetica” si è affermata come legante alternativo al cemento nel processo industriale di produzione di alcune tipologie di calcestruzzo non strutturale, betoncini o malte, in particolare nei mix design di prodotti destinati alla realizzazione di sottofondi o massetti, messi in opera secondo differenti livelli di fluidità e spessore.
Anche in Italia, di recente, presso alcune centrali di betonaggio sono state avviate sperimentazioni sull’affidabilità tecnologica del legante a base di solfato di calcio “sintetico”, adottato negli impasti in parziale o totale sostituzione dei più classici leganti idraulici.
Nell’ottica di sviluppare prodotti di elevata “performance ambientale” e nello stesso tempo innovativi, sono state proposte interessanti soluzioni di anidrite in unione ad aggregati di riciclo, perlite espansa, vetri cellulari, fibre naturali, ecc., tutti ingredienti derivanti da fonti alternative o sottoprodotti di altri processi industriali (fig. 2-3).
Figura 2. Alcune fasi di realizzazione di un massetto alleggerito con perlite espansa, formulato con un mix a base di anidrite sintetica. Da notare che il materiale è messo in opera mediante pompaggio con betonpompa, secondo la più “classica” tecnologia del calcestruzzo preconfezionato.
Figura 3. Realizzazione di un massetto in anidrite a consistenza semi-umida, formulato a partire dall’utilizzo di sabbie di riciclo derivanti da processi di demolizione e vagliatura eseguiti direttamente in cantiere.
Per conoscere gli altri utilizzi e leggere l'articolo integrale scarica il DOCUMENTO IN PDF