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L’appaltatore è sempre responsabile per danni a terzi? I chiarimenti

L'attività dell’appaltatore nei lavori edilizi si configura come un’operazione autonoma, svolta con propri mezzi e a proprio rischio, con responsabilità diretta nei confronti del committente e di terzi. La sentenza della Corte di Cassazione n. 10231/2025 delinea i confini della responsabilità dell’appaltatore, sottolineando l’obbligo di eseguire i lavori a regola d’arte e le condizioni che possono escludere la sua responsabilità, come il dissenso manifestato e il ruolo di “nudus minister”.

La responsabilità dell’appaltatore nei lavori edilizi

Nei lavori edilizi una delle figure ricorrenti è senza dubbio quella dell’appaltatore, ossia colui che assume l’obbligo di eseguire un’opera per conto di un committente, sulla base di un contratto che ne regola tempi, costi e modalità esecutive. Si tratta di una figura professionale dotata, in linea generale, di autonomia organizzativa e tecnica, che agisce con mezzi propri e a proprio rischio, assumendosi la responsabilità della corretta esecuzione dell’opera.

Tuttavia, tale autonomia non lo scagiona dalle responsabilità che possono derivare dall’esecuzione dell’appalto, sia nei confronti del committente, sia verso soggetti terzi.

Quando sussistono dei danni a terzi mentre avviene l'esecuzione di un'opera, il responsabile di questi danni è, di regola, solo l'appaltatore, questo perché egli svolge i lavori in modo autonomo, con la propria organizzazione e i propri mezzi assumendo in primis i rischi della commessa e dell'eventuale cattivo operato.

Il committente può essere ritenuto responsabile solo in due casi:

  • se ha scelto l’appaltatore in modo negligente;
  • se è intervenuto nei lavori dando ordini vincolanti, al punto da togliere autonomia all’appaltatore e ridurlo a un semplice esecutore "nudus minister".

Durante l'esecuzione di un appalto se un terzo subisce un danno, il tipo di responsabilità dipende da come il danno si è verificato:

  • se il danno è causato direttamente dall'attività dell’appaltatore, si applica l’art. 2043 del c.c. secondo il quale “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.” In questo caso, il responsabile è solo l’appaltatore, a meno che il danneggiato dimostri che il committente sia intervenuto nei lavori oppure abbia violato obblighi precisi di controllo e vigilanza;
  • se invece il danno è provocato dalla cosa su cui si stanno eseguendo i lavori, si applica l’art. 2051 del c.c., secondo il quale “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Secondo l’articolo anche il committente può essere ritenuto responsabile, perché il fatto che l’opera sia stata affidata a un appaltatore non ne toglie la responsabilità di custodire la cosa.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.10231/2025, chiarisce che l'appaltatore è responsabile dei danni causati a terzi, anche se ha seguito i progetti o le indicazioni del committente. Non è responsabile solo se dimostra di aver eseguito i lavori come “nudus minister", manifestando dissenso ma procedendo su insistenza del committente.

 

Responsabilità dell’appaltatore in caso di danni a terzi

La Corte di Cassazione ha chiarito di recente i confini della responsabilità dell’appaltatore in relazione ai danni causati da terzi durante lavori edili.

Nel caso di specie, un imprenditore edile aveva realizzato un fabbricato residenziale su un'area di sua esclusiva proprietà. Egli si era avvalso delle prestazioni professionali di un geometra come progettista e direttore dei lavori, nonché del titolare di un’impresa individuale (subappaltatore), per l'esecuzione dei lavori di scavo e palificazione.
Il caso riguarda la controversia nata tra l’imprenditore e il geometra contro il subappaltatore, in quanto durante i lavori eseguiti da quest’ultimo, si erano stati provocati fessurazioni e crepe nel fabbricato dei proprietari confinanti.
Nello specifico, la causa dei danni era stata individuata nell'abbassamento della falda acquifera durante l'esecuzione dei lavori dell'interrato e nell'errato dimensionamento della palificata di contenimento del terreno.

In primo grado, il Tribunale di Padova aveva ripartito le responsabilità, attribuendone all’imprenditore un 50% e al geometra il 20% e al titolare dell’impresa l 30%, anche la Corte d'Appello di Venezia aveva confermato tali la decisione, ma aveva respinto la domanda di manleva nei confronti dell'appaltatore incaricato dei lavori di scavo e palificazione.
L’imprenditore e il geometra hanno fatto ricorso per Cassazione, lamentando una serie di motivazioni tra cui la violazione delle norme in materia di responsabilità dell'appaltatore e dell'onere della prova.

In particolare, essi ribadivano che non toccava a loro dimostrare che il titolare dell’impresa non si fosse comportato da semplice esecutore di ordini. Al contrario, secondo loro doveva essere il titolare dell’impresa a dimostrare di essersi opposto o di non aver approvato il modo in cui i lavori erano stati fatti

La Corte di Cassazione ha accolto tale motivazione sottolineando che “L’appaltatore ha l’obbligo di realizzare l’opera oggetto del contratto a regola d’arte, poiché “ln tema di contratto di appalto, la diligenza qualificata ex art. 1176, comma 2, c.c., che impone all'appaltatore (sia egli professionista o imprenditore) di realizzare l'opera a regola d'arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell'attività esercitata, onde soddisfare l'interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi, rileva anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui, sicché, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la sua realizzazione, l'appaltatore risponde dei vizi dell'opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientra nella sua prestazione, mentre è esente da responsabilità ove il committente, edotto di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo così l'appaltatore a proprio mero "nudus minister", direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico”.

Quindi l'appaltatore ha l'obbligo di realizzare l'opera oggetto del contratto a regola d'arte, impiegando le energie e i mezzi necessari in relazione alla natura dell'attività esercitata. Pertanto, anche in presenza di un progetto altrui o di indicazioni del committente, l'appaltatore risponde dei vizi dell'opera se non segnala eventuali carenze ed errori.

L'esenzione dalla responsabilità si verifica solo qualora l'appaltatore dimostri di aver manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguire l'opera quale "nudus minister", per le insistenze del committente e a rischio di quest'ultimo.

La Corte ha quindi sancito che "L'appaltatore è responsabile dei danni occorsi a terzi in conseguenza dell'esecuzione di opere poste in essere in conformità a un progetto o a direttive del committente palesemente errate, salvo che dimostri di aver manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente e a rischio di quest'ultimo."

Tale sentenza ribadisce e chiarisce il perimetro della responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente e dei terzi danneggiati. In particolare, non è sufficiente, per escludere la responsabilità dell'appaltatore, invocare eventuali omissioni o mancanze del committente, ma egli deve dimostrare di aver segnalato tali carenze e di essere stato comunque costretto ad eseguire l'opera secondo le indicazioni ricevute.

  

L'ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE È SCARICABILE IN ALLEGATO.

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
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