La metropolitana collinare di Napoli. Aspetti progettuali generali
Tra tradizione culturale ed avanguardia tecnologica
Le stazioni della nuova metropolitana di Napoli
Quando un progetto d’architettura si radica capillarmente sul territorio di una città così articolata e storicamente stratificata come Napoli è indispensabile legare alla progettualità formale uno studio profondo e attento dei modi del costruire, analizzandone i contenuti e proponendo lo sviluppo di modelli tecnologici relativi sia alle tecniche storicamente consolidate che a quelle di più moderna elaborazione appuntandosi sulla validazione di un percorso evolutivo relativo all'applicazione critica di progettazioni specialistiche. Se un tale approccio trova piena applicazione e giustificazione quando l’analisi è relativa al costruito "solare", molto più complesso risulta l’approccio progettuale relativo al progetto di tipologie edilizie e costruttive sui generis. Possiamo sviluppare allora la procedura d’analisi come risoluzione di un duplice interrogativo: in primo luogo se la costruzione di una metropolitana possa essere considerata un'architettura nel senso stretto del termine e, di conseguenza, se le particolari tecniche costruttive utilizzate siano generalizzabili in modo da poterle applicare ad altre costruzioni analoghe ed essere, quindi, definite come un modello costruttivo. La risposta al quesito iniziale si sviluppa sulla base di presupposti tali da indurre chiaramente ad un riscontro positivo. Tale affermazione affonda le sue radici negli studi e nelle ricerche connessi all'architettura delle caverne che analizzano i procedimenti tecnici elaborati per modellare gli spazi in modo da poter sfruttare antri e cavità naturali, modificandoli così da realizzare sia abitazioni che luoghi sacri, oggetto di grande interesse culturale.
Nel caso preso in esame, sebbene non ci si riferisca a spazi naturali ma a cavità realizzate artificialmente resta valido, comunque, lo sviluppo di un costruito vernacolare risultato di importanti applicazioni di ingegneria civile, strutturale e geotecnica su cui si innestano soluzioni impiantistiche di notevole spessore nonché una progettazione per la sicurezza necessariamente all'avanguardia. Grande rilevanza architettonica assume la progettazione delle stazioni di uscita, che presentano soluzioni differenziate in riferimento ai diversi livelli.
Vedremo, dunque, quali caratteri architettonici il singolo progettista ha voluto, di volta in volta, attribuire alla quota della banchina, allo spazio di collegamento tra questa ed il mezzanino e, infine, alla configurazione di quest'ultimo. Difatti, il disegno del mezzanino e la risoluzione delle problematiche relative all’inserimento della stazione nell’ambito del contesto urbano, soprattutto per ciò che concerne i siti storici di Napoli, rappresenta il momento di maggiore rilievo nell’ambito della progettazione architettonica.
Decisamente diverse sono le conclusioni relative al secondo quesito: le soluzioni costruttive e tecnologiche adottate non possono costituire un modello generalizzato; troppi sono, infatti, i parametri che occorre valutare in relazione alle differenze ambientali da luogo a luogo per poter pensare di uniformare le procedure ad un sistema standard.
L’elemento di unificazione si verifica rilevando come la singola scelta costruttiva possa essere ispirata da un iter progettuale strutturato ma versatile le cui caratteristiche sono funzione delle specifiche esigenze e problematiche.
Si delineano qui, dunque, i caratteri e le scelte tecnologiche adottate per la costruzione della linea 1 della metropolitana di Napoli che si affianca al tratto storico gestito dalle Ferrovie dello Stato, rinominato linea 2.
Partendo dall’analisi dell’impostazione generale del progetto, la cui realizzazione volge al termine ci si sofferma nel dettaglio sulle stazioni ed ai tracciati ritenuti più significativi con particolare rilievo per le tratte entrate in funzione nel corso degli ultimi mesi, affiancando l’analisi dell’aspetto tecnico-costruttivo alle considerazioni di carattere più propriamente architettonico.
Il progetto della linea 1 della Metropolitana di Napoli
Il piano di realizzazione per la nuova metropolitana di Napoli risale agli anni settanta del 900, quando la giunta comunale diede incarico alla Metropolitana Milanese di redigere il relativo progetto. L’idea originaria era quella di realizzare un collegamento veloce che connettesse i quartieri collinari con il centro della città; da cui la denominazione di metropolitana collinare.
Era il 1976 quando il sindaco Valenzi posò la prima pietra della linea inaugurando il primo cantiere: il percorso prevedeva il collegamento tra il Vomero ed i quartieri a nord di Napoli, isolati da percorsi stradali impervi e da collegamenti con tempi di percorrenza decisamente troppo lunghi in rapporto all’effettiva distanza escludendo di fatto queste aree dal contesto urbano. L'opera ha avuto un iter molto travagliato che ha tenuto in sospeso il progetto per tutti gli anni ottanta, oscillando tra difficoltà di ordine finanziario e problematiche tecniche. Si deve attendere fino agli inizi degli anni novanta per vedere completata la realizzazione sia dei tratti interrati sia di quelli all'aperto.
La grande svolta nel concepimento dell'intera opera si ebbe nel 1994 quando la giunta Bassolino decise di considerare la tratta realizzata come punto di partenza per estendere il piano progettuale di trasporti su ferro all'intero territorio comunale realizzando un collegamento diretto del centro urbano con tutte le aree periferiche, compresa la connessione con i nuovi satelliti vitali della città quali il Centro Direzionale e la zona aeroportuale di Capodichino.
Questo programma di ampliamento della linea metropolitana si inseriva nell’ambito di un sistema più ampio di progetti di mobilità avviato dal comune di Napoli che prevedeva un piano di la ristrutturazione dell’intero sistema di trasporto urbano su ferro già in esercizio.
Il presupposto essenziale per una più razionale predisposizione della nuova linea metropolitana scaturì dalla progettazione del nuovo piano regolatore che supportava e integrava le finalità della rielaborazione del piano dei trasporti urbani. Il lavoro di predisposizione simultanea dei due piani ha determinato grossi vantaggi per la ristrutturazione del sistema di mobilità urbana: quest’ultimo ne condivideva le impostazioni fondamentali, consentendo una più organica redazione di ambedue i progetti ed un miglioramento delle prestazioni determinate dall’applicazione sul territorio degli stessi. In base a tali condizioni, il nuovo tracciato ha previsto il collegamento tra tutti i quartieri cittadini e di questi con la periferia.
L'inserimento delle stazioni nel tessuto urbano con particolare riferimento alle aree di interesse storico ha consentito altresì l'avvio di una riqualificazione del territorio intorno al nucleo più antico. Sembra opportuno, ad esempio, segnalare come la realizzazione della stazione Cavour-Museo abbia definito e compiuto il restauro dei giardini ottocenteschi che si estendono dall'edificio del Museo Nazionale fino all'imbocco di via Foria; attraverso il progetto di Gae Aulenti che ridefinisce il sistema di illuminazione e la sistemazione a verde con vegetazione mediterranea della Piazza Cavour (figura1).
Figura 1-2 Progetto di Gae Aulenti per la sistemazione di Piazza Cavour sistemazione di Piazza Dante
Analogamente possiamo ritenere di grande interesse il progetto per Piazza Dante , anch’esso curato da Gae Aulenti, che definendo le soluzioni per l’inserimento delle uscite relative all'omonima stazione nel contesto della piazza, rivisita l'immagine dell’ampio slargo urbano, invito per l'asse cinquecentesco di via Toledo, elaborando un nuovo assetto viario che ha realizzato un ampio spazio pedonale fortemente caratterizzato dalla posa in opera di una nuova pavimentazione in pietra vesuviana contribuendo alla valorizzazione dell'emiciclo vanvitelliano (figura 2).
Analoga importanza riveste per il quartiere Vomero la riorganizzazione degli spazi relativi alle uscite delle stazioni Salvator Rosa, Mater Dei (figura 3), realizzate su progetto di Mendini e Cilea, opera di Orlacchio, che definiscono radicali cambiamenti nella visione complessiva di questi importanti nodi urbani.
Figura 3. Schizzo di Mendini per la sistemazione esterna di Mater Dei
Le modifiche apportate nel quadro della configurazione urbana storica della città vede un ulteriore episodio significativo nella costruzione della stazione Borsa; che all’apertura del cantiere ha posto la questione relativa allo spostamento della cinquecentesca fontana del Tritone. Questa è stata trasferita all'imbocco della via Medina, nello stesso luogo da cui era stata rimossa agli inizi del novecento, in occasione dei lavori del Risanamento.
Con intenti analoghi lo scavo del tracciato della metropolitana è stato utilizzato come via d’accesso per consentire agli archeologi di studiare i siti sub-stradali al fine di acquisire nuove conoscenze sullo sviluppo della città dall'epoca greco-romana fino ai grandi rimaneggiamenti ottocenteschi.
Lo sbancamento effettuato in piazza Municipio ha consentito di ritrovare le fondamenta della Torre dell'Incoronata e dell'edificio della Gran Guardia, annessi ai bastioni cinquecenteschi della cittadella del Castel Nuovo e demoliti durante il restauro ottocentesco del Castello.
Le scelte operative relative alle tecniche costruttive applicate per la realizzazione della linea metropolitana hanno avuto come presupposto essenziale lo studio stratigrafico dei terreni sui quali si andava ad operare, preliminare essenziale per qualsiasi fase della progettazione. Il risultato delle indagini geologiche ha evidenziato la presenza lungo tutto il percorso di un ampio banco di tufo ricoperto da scorie vulcaniche di varia natura. Tale situazione ha determinato la scelta di effettuare lo scavo della galleria a foro cieco lavorando a quote discretamente profonde in modo che le gallerie, che presentano un interasse medio di dieci metri, fossero contenute interamente nel banco stesso.
Questa soluzione, anche se più costosa rispetto ad uno scavo a cielo aperto, ha consentito il conseguimento di notevoli vantaggi. Innanzitutto, lo scavo a foro cieco ha ridotto l'impatto con la quota stradale, a fortissima densità veicolare, alle sole aree occupate dai cantieri delle stazioni. Il secondo fattore positivo è stato la riduzione dell’intensità e della frequenza delle vibrazioni trasmesse alle strutture dei fabbricati sovrastanti salvaguardando l’integrità dei sottoservizi (figura 4).
Figura 4. Sezione trasversale del tunnel in corrispondenza di via Bellini
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