Le situazioni e i casi più frequenti in cui si formano le muffe e le condense
In quali condizioni si formano le muffe? Che relazione c’è tra muffe e condense? Si forma sempre se l’UR dell’aria è alta? Conoscere la risposta a queste ed altre domande può senza dubbio aiutarci ad evitare la loro formazione. All’interno anche la trattazione e l’analisi di alcuni casi reali.
Nonostante le opinioni comuni portino a credere il contrario, quasi sempre le cause di formazione delle muffe e delle condense sono piuttosto semplici da individuare e da interpretare, anche se non sono del tutto intuitive.
I fenomeni correlati spesso si verificano contemporaneamente dando luogo a interazioni reciproche che ne rendono più intensi gli effetti. Tuttavia, sfruttando alcune semplici conoscenze scientifiche di base, le muffe e le condense possono diventare anche di facile comprensione.
Le muffe e le condense
Spesso si ritiene che i fenomeni legati alle muffe e alle condense seguano dei comportamenti casuali, inaspettati, non regolati dalle leggi naturali e quindi imprevedibili. Ciò avviene perché il nostro rapporto con la natura è solitamente dominato da emozioni, sentimenti e percezioni ancestrali che non seguono esattamente i criteri della logica e della ragione.
L’acqua ha la capacità di esaltare e di galvanizzare la nostra relazione con la natura rendendola ancor più incerta e indefinita. Perciò, la rugiada che appare silenziosamente sulle superfici, con la successiva crescita di muffe ha rappresentato per la nostra specie, nel corso della sua evoluzione, un mistero inestricabile, quasi un evento magico ma dalle conseguenze nefaste e spesso devastanti.
Basti pensare ai primi agricoltori che vedevano i loro raccolti distrutti dalle muffe e forse ne attribuivano le cause alla volontà degli dèi. La muffa spesso rendeva non più commestibili anche i cibi conservati, sono stati numerosi i casi di intossicazioni dovute alla presenza di muffe negli alimenti.
Le prime muffe sono comparse sul pianeta Terra oltre un miliardo di anni fa quando le condizioni ambientali erano proibitive, in assenza di ossigeno con l’atmosfera formata da anidride carbonica, metano, ammoniaca, vapore acqueo ed altri gas, ma soprattutto, con pochissimo cibo a disposizione per lo più costituito da batteri ed altri microrganismi primordiali. Nel corso dell’evoluzione le muffe si sono differenziate in funzione dei vari ecosistemi, adattandosi volta per volta all’ambiente di insediamento in base alla temperatura, alla disponibilità di acqua e di cibo.
Il primo documento che riporta la presenza delle muffe nelle abitazioni è la Sacra Bibbia, nel Levitico, terzo libro del Pentateuco, fra le regole che Mosè riceve dal Signore vi sono quelle relative alla presenza delle muffe in casa. Si prevede che sulle superfici dove è attecchita la muffa si debba applicare la calce e se dopo alcuni tentativi la muffa dovesse comparire nuovamente, si dovrà demolire l’edificio.
Più precisamente il documento riporta le seguenti indicazioni:
'Se la macchia di muffa compare di nuovo sui muri della casa, dopo che sono state tolte le pietre, e la casa è stata raschiata e intonacata di nuovo, il sacerdote farà un nuovo esame della casa: se effettivamente la macchia è ricomparsa, vuol dire che la muffa non può essere eliminata dalla casa e che la casa è impura. Bisognerà demolire la casa, tanto le parti in pietra quanto quelle in legno, e trasportare pietre, legname e calcinacci in luogo impuro, fuori della città.'
Evidentemente il problema “muffe” allora era considerato di estrema gravità al punto da dover prevedere la demolizione della costruzione.
Quali sono le relazioni fra le muffe e le condense?
Le muffe sono dei microrganismi, cioè degli esseri viventi, che per poter sopravvivere e riprodursi hanno assoluta necessità di acqua o più precisamente di umidità sufficientemente alta, prossima alla saturazione, per un determinato periodo di tempo.
La condensa è l’acqua liquida che si forma quando la temperatura di una superficie è pari o inferiore a quella del punto di rugiada dell’aria che vi si trova a contatto.
Per evitare la condensa è possibile:
- Aumentare la temperatura delle superfici a parità di Umidità Relativa dell’aria
- Abbassare l’Umidità Relativa dell’aria a parità di temperatura delle superfici
- Agire su entrambi i fattori
I fenomeni di variazione dell’Umidità Relativa nell’aria non seguono la proporzionalità ma bensì sono esponenziali rispetto alla temperatura, cioè, la quantità massima di Umidità Assoluta, della quale l’Umidità Relativa rappresenta una frazione percentuale, aumenta secondo una legge esponenziale in funzione della temperatura.
Fig. 1 – Quantità di Umidità Assoluta contenuta nell’aria in funzione della sua temperatura.
La formazione di condensa avviene dal raggiungimento di un valore minimo di soglia, detto punto di rugiada, e per tutti i valori più bassi, che è determinato dalla temperatura e dall’Umidità Relativa dell’aria.
Non deve stupire perciò se spesso basta la variazione di un solo °C di temperatura, ma anche meno, a parità di altre condizioni per passare dalla assenza di condensa e/o di muffa, alla sua insorgenza e viceversa.
Gli apporti di acqua liquida possono avvenire anche per altre cause diverse dalla condensa come, ad esempio, per infiltrazioni o per la perdita da impianti.
La risalita invece non può dar luogo alla formazione di acqua liquida e molto raramente causa la formazione di muffe.
Le muffe preferiscono l’acqua pura, povera di sali, avente un pH leggermente acido. La condensa rientra perfettamente in questi parametri, essendo acqua distillata perciò pura cioè priva di sali e con un pH fra il 5 e il 6. Le acque che entrano in contatto con il terreno invece si arricchiscono di sali disciolti e perdono velocemente l’acidità diventando neutre o leggermente basiche.
Paradossalmente le muffe hanno bisogno di umidità ma non possono svilupparsi o riprodursi nell’acqua liquida. Le condizioni più favorevoli sono quelle di valori di umidità in equilibrio (ERH) che variano fra il 70% ed il 99,9%. Perciò le muffe si possono formare anche in assenza di condensa, se i valori di ERH in superficie sono sufficientemente alti in modo continuativo, cioè almeno del 70% e per tempi piuttosto lunghi, nell’ordine dei mesi. Se invece i valori di ERH sono molto alti, intorno al 95-99%, le muffe si svilupperanno in tempi rapidissimi, nell’ordine dei giorni.
Il tempo minimo di formazione delle muffe (idrofile) in presenza di umidità prossima alla saturazione, cioè quasi acqua liquida, è di 48 ore.
I valori di Umidità Relativa in equilibrio (ERH) ottimali che consentono lo sviluppo e la riproduzione delle muffe sono diversi in funzione delle varie specie; perciò, queste vengono classificate secondo tre categorie: idrofile, intermedie e xerofile.
Tab. 1 – Classificazione delle muffe in funzione dell’umidità ottimale per il loro sviluppo.
In assenza di acqua o di umidità sufficientemente alta le muffe possono arrestare i loro processi vitali per tempi anche molto lunghi, nell’ordine di anni, riprendendo vitalità appena l’umidità torna a salire.
In funzione delle temperature ottimali per il loro sviluppo, le muffe si suddividono in psicrofile, che crescono bene fra 0°C e 20°C (alcune possono sopravvivere anche a -20°C) e termofile, che invece crescono bene fra i 20°C ed i 45°C.
La maggior parte delle muffe si sviluppa fra i 15°C ed i 30°C con una crescita ottimale fra i 20°C ed i 25°C.
Con riferimento al pH della superficie, la maggior parte delle muffe si sviluppa fra valori di 4 e 8, preferendo ambienti leggermente acidi, fra il 5 ed il 7, tuttavia, alcune specie possono crescere anche con valori più alti fino a 11 o più bassi fino a circa 3, adattandosi ai diversi ecosistemi.
Il pH di una soluzione ci indica quanto questa sia acida o basica, può variare da 0 a 14 con il valore neutro di 7 che corrisponde all’acqua distillata. Con il pH da 7 a 14 si hanno soluzioni via via più basiche mentre da 7 a 0 le soluzioni sono progressivamente più acide.
Le situazioni più frequenti
Escludendo i casi già citati dove l’acqua e l’umidità necessarie per la formazione delle muffe sono conseguenti ad apporti indesiderati derivanti da infiltrazioni, dalla perdita di impianti, da inondazioni e in tutte le altre situazioni conseguenti dove vi è accumulo di acqua residuale, le manifestazioni fungine possono verificarsi negli edifici, con o senza condensa, essenzialmente per due motivi:
- A. Elevata Umidità Relativa dell’aria interna
- B. Bassa temperatura delle superfici
Una breve estensione dei concetti elencati sarà di aiuto per la comprensione dei fenomeni in esame.
Elevata Umidità Relativa dell’aria interna
Il valore dell’Umidità Relativa dell’aria interna è molto importante perché può essere la causa, diretta o indiretta, che consente lo sviluppo delle muffe. Può variare idealmente fra lo 0% nel caso di aria perfettamente secca ed il 100% nel caso di aria satura di vapore acqueo. Solitamente all’interno degli edifici il range di oscillazione dell’Umidità Relativa è meno ampio e, tranne rari casi, varia fra il 30 e l’80%. Il valore ottimale secondo la normativa italiana è del 50%, ammettendo comunque come accettabili i valori compresi fra il 40% ed il 60%.
Più sono bassi i valori di UR dell’aria interna minori saranno le possibilità di formazione di muffe o di condense sulle superfici più fredde.
Si considera il “rischio muffa” la condizione che determina valori di Umidità Relativa sulla superficie dell’involucro edilizio pari o inferiori all’80%, come stabilito dalla norma UNI EN ISO 13788 e successivamente in Italia dal Decreto Ministeriale DM 26/06/2015.
La condensa invece si forma con l’UR del 100% in superficie, ma solo sui supporti non porosi e non assorbenti. Sui supporti porosi ed assorbenti invece, a causa dei fenomeni igroscopici e di condensazione capillare, la massa porosa può raggiungere le condizioni prossime a quelle di saturazione anche con valori di UR decisamente inferiori. Nella maggior parte dei materiali utilizzati nelle costruzioni, la condensazione capillare inizia a formarsi a partire dal 50% di UR fino al 99,9%, ma su alcuni prodotti il fenomeno si riscontra già con il 20% di UR.
In realtà occorre prendere in considerazione complessivamente numerosi aspetti del problema e non solo il mero valore dell’UR in superficie, valutando se questo supera o no un determinato valore soglia. Più precisamente è opportuno tener presente che la muffa si può formare sulle superfici anche con valori di UR inferiori all’80%, se si verificano le seguenti condizioni:
- Superfici nutrienti per le muffe e igroscopiche, ad es. carta da parati, legno, cuoio, lana, pitture acriliche oppure superfici coperte di sporco
- Apporti di umidità “a entrare” rispetto alla superficie, come ad esempio accade sulle pareti controterra, in questi casi il valore di ERH, che è determinante ai fini delle esigenze trofiche delle muffe, è superiore a quello dell’UR
- Tempi molto lunghi in condizioni di UR stabile, nell’ordine dei mesi
- Oscillazioni repentine dell’UR
In questi casi sono possibili le formazioni di muffe anche con valori di UR superficiali del 65%.
In alcuni stati dai climi freddi, come ad esempio la Svizzera e il Canada, si raccomanda di contenere il valore di UR dell’aria interna fra il 30% ed il 50% per evitare fenomeni condensativi e formazione di muffe sulle superfici con temperature più basse, compensando eventualmente anche gli effetti dei ponti termici.
Gestire correttamente il bilancio di umidità
Per evitare di creare accumulo di umidità indesiderata è assolutamente necessario gestire il bilancio fra quella immessa e quella estratta. In altre parole, bisogna fare in modo che venga evacuata la stessa quantità di umidità che penetra nell’edificio, mantenendo il livello di UR sufficientemente basso, del 50% nella maggior parte dei casi oppure inferiore se le condizioni climatiche del sito in esame sono particolarmente severe.
Fig. 3 – Edificio ermetico con apporti positivi di umidità al suo interno. La quantità di umidità evacuata deve corrispondere a quella immessa con l’aria di rinnovo, più quella che viene apportata dalle attività degli occupanti e da altre cause. (3)
Fig. 4 – Gli apporti positivi di umidità diffusiva dal terreno possono anche essere molto intensi, soprattutto nei locali interrati se le pareti ed i pavimenti non sono stati protetti dall’umidità del terreno mediante degli appositi sistemi impermeabilizzanti. (4)
Si consideri che mediamente ciascun occupante di un edificio produce una quantità di vapore acqueo giornaliero fino a 3 kg, che se non correttamente evacuata, facilmente può dar luogo ad accumulo indesiderato di umidità. Inoltre, l’umidità diffusiva dal contatto con il terreno (risalita, apporti laterali ecc.) può immettere all’interno dell’edificio quantità variabili fra gli 80 ed i 300 grammi al giorno per ciascun metro quadro di superficie evaporante.
Appare evidente, perciò, che i flussi di evacuazione di vapore acqueo devono essere adeguati sia in termini di quantità che, soprattutto, di continuità.
Si consideri che mediamente ciascun occupante di un edificio produce una quantità di vapore acqueo giornaliero fino a 3 kg, che se non correttamente evacuata, facilmente può dar luogo
Nella maggior parte dei casi per evacuare correttamente l’eccesso di umidità dagli ambienti si ricorre alla ventilazione, che consiste nel ricambiare l’aria interna con una certa frequenza.
Si definisce appunto il parametro dei “ricambi/ora” che indica quante volte in un’ora viene ricambiato l’intero volume dell’aria interna di un ambiente, sia abitativo che con qualsiasi altra destinazione d’uso. Il corretto numero di ricambi d’aria per ogni ora non è esattamente definito da una norma o da una legge, esistono diverse norme sia nazionali che interazionali alle quali riferirsi, tenendo però presente che le abitudini e i comportamenti degli occupanti possono essere diversi e tali da influenzare in maniera marcata i bilanci fra l’umidità apportata e quella evacuata. La più utilizzata anche se si tratta di una norma piuttosto datata è la UNI 10339:1995 dal titolo “Impianti aeraulici ai fini di benessere. Generalità, classificazione e requisiti. Regole per la richiesta d'offerta, l'offerta, l'ordine e la fornitura. “
Inoltre, anche l’edificio può avere delle caratteristiche tali da incidere sui flussi di umidità che si verificano al suo interno. Per esempio, se ci si affida all’aerazione, cioè all’apertura delle finestre per assicurare il ricambio dell’aria interna, se l’edificio ha le finestre che affacciano tutte sullo stesso lato e magari si trova in una posizione raccolta e in un sito poco o per nulla ventoso, è chiaro che a parità di tempo di apertura degli infissi, la quantità d’aria ricambiata sarà decisamente inferiore rispetto a un altro edificio situato in una zona ventosa, che ha le finestre sui due lati opposti.
È inoltre molto importante che l’evacuazione dell’umidità sia il più possibile continua e non intermittente, per questo motivo si fa notare che la definizione di “ricambi/ora” intende che il ricambio dell’aria interna debba essere effettuato ogni ora e non una o due volte al giorno come solitamente avviene, altrimenti le stesse norme avrebbero adottato il parametro del “ricambio giornaliero”.
Solitamente, quando non si installano gli impianti automatici di ricambio dell’aria, chiamati anche di “Ventilazione Meccanica Controllata” o VMC, si adotta il valore convenzionale di 0,5 ricambi/ora (che è diverso da 12 ricambi/giorno) e che può essere idoneo nella maggior parte dei casi anche se ultimamente si preferisce utilizzare un maggiore ricambio come, ad esempio, valori di 0,7 o di 0,8 ricambi/ora nel residenziale abitativo.
I problemi di muffa sono dovuti per buona parte ai seguenti due fattori che possono anche agire contemporaneamente incrementando in modalità sinergica i loro effetti:
- Difetti dell’edificio, ad esempio ponti termici, finestre su un solo lato, materiali non idonei, finiture nutrienti per le muffe come le pitture acriliche, assenza di sistemi che consentano l’aerazione naturale o la ventilazione forzata ecc.
- Errori di gestione, come, produzione eccessiva di vapore, scarsi ricambi d’aria, condizioni igieniche precarie ecc.
È possibile in parte sopperire alle carenze di ciascun fattore migliorando parzialmente l’altro. Ad esempio, se un edificio presenta dei difetti che favoriscono la formazione di muffe come dei ponti termici marcati, è possibile impedire le formazioni fungine attraverso una maggiore ventilazione. Inoltre, se in un edificio si verificano dei picchi momentanei di umidità dovuti al comportamento degli occupanti, come avviene nei musei dove le condizioni termoigrometriche devono essere il più possibile stabili e si ha l’accesso di numerosi visitatori contemporaneamente, si può modificare l’edificio rivestendo le pareti interne con materiali molto igroscopici come la terra cruda, gli intonaci di argilla o le lastre di calcio silicato che attenuano i valori di picco per sopperire alla non corretta gestione degli apporti di vapore.
....CONTINUA.
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