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NTC 2018: tolto ai professionisti il prelievo dei campioni per le analisi strutturali

Segnalazione gravi anomalie nelle Norme Tecniche delle Costruzioni 2018: con l’entrata in vigore delle nuove NTC è stato impedito ai professionisti il prelievo dei campioni per le analisi strutturali

Segnalazione gravi anomalie nelle Norme Tecniche delle Costruzioni 2018: con l’entrata in vigore delle nuove NTC è stato impedito ai professionisti il prelievo dei campioni per le analisi strutturali

Riteniamo doveroso rendere note alcune gravi “anomalie” presenti nelle Norme Tecniche per le Costruzioni 2018 (di seguito NTC 2018).

L’applicazione di alcuni punti della NTC 2018 porterà nei prossimi mesi, ad avviso degli scriventi, serie conseguenze a discapito di una parte consistente di operatori (ed imprese) operanti nel settore della diagnosi delle costruzioni esistenti ed anche delle pubbliche amministrazioni. Si apre infatti un nuovo scenario complesso anche per gli appalti già in essere: la nuova imposizione di prelievo di carote in situ esclusivamente da parte dei laboratori creerà (applicata "retroattivamente", come già sta accadendo) un aggravio per l'ente committente non previsto invece dalla precedente norma e neanche in sede di aggiudicazione, con conseguenti aumenti di costi e possibili contenziosi tra le parti. Questo, proprio mentre il Paese cerca di dotarsi di una serie di misure efficaci per la prevenzione del rischio sismico. Oltre che a danno delle imprese, le conseguenze che scaturiranno dall’applicazione dei “correttivi” così introdotti, saranno soprattutto a discapito dei cittadini italiani che, per poter mettere in sicurezza le proprie abitazioni, dovranno necessariamente rivolgersi ad un circolo ristretto di figure, senza precise garanzie sulla qualità della loro preparazione sugli interventi negli edifici storici e non.

Pertanto, sottoponiamo di seguito una serie di osservazioni sui punti più controversi della Norma.

Il riferimento va in particolare al fatto che, nelle NTC 2018 vengono introdotti alcuni commi “integrativi” del testo licenziato nella previgente stesura del 2008, con riferimento alle prove sulle strutture esistenti. Queste ultime, indispensabili per poter appurare lo stato di salute di un edificio, sono state ufficialmente introdotte nella ultima revisione delle Norme tecniche sulle costruzioni (NTC) del 2008. Con le NTC 2008 è partita una nuova stagione dell’approccio al tema della vulnerabilità del costruito esistente: si sono introdotti infatti concetti quali quello dei “Livelli di conoscenza” (LC), che possiamo sintetizzare con una esempio: più approfondisci con adeguate indagini, la conoscenza di un organismo edilizio, analizzandone le tecniche costruttive e la qualità dei materiali, più il tuo intervento sarà puntuale, efficace ed economico. Questa novità introdotta dalle NTC 2008 ha portato alla nascita di nuove figure professionali, i diagnosti delle costruzioni: si tratta per lo più di tecnici laureati (ingegneri e architetti) che forti della conoscenza delle tecniche costruttive storiche e contemporanee apprese nel percorso formativo e con l’approccio alle nuove tecnologie hanno dato vita a nuove imprese ad alto contenuto tecnologico operanti nel settore della diagnosi e della conoscenza delle strutture esistenti, diventando una nuova eccellenza italiana, riconosciuta nei paesi UE. Le stime in nostro possesso parlano di circa 400 PMI, con una occupazione di più di 1000 fra ingegneri e architetti.

Andando nel dettaglio delle singole disposizioni, si rileva quanto segue.

1) CAPITOLO 8, § 8.5.3., pag. 271, titolato “Caratterizzazione meccanica dei materiali”

Raffrontando il testo previgente (2008) con quello emanato nel 2018, si rileva l’aggiunta, alla fine dell’ultimo periodo dell’unico comma, della seguente frase: “Per le prove di cui alla Circolare 08 settembre 2010, n. 7617/STC, il prelievo dei campioni dalla struttura e l’esecuzione delle prove stesse devono essere effettuate a cura di un laboratorio di cui all’articolo 59 del DPR 380/2001”.

Tale riferimento ai “laboratori” appare, sinceramente, privo di logica, specie ove lo si metta in correlazione alla citata Circolare n. 7617 del Servizio Tecnico Centrale, la quale si occupa di tutt’altro argomento. Tale Circolare infatti, non tratta della qualificazione del personale operante sulla caratterizzazione meccanica dei materiali, né, tantomeno, la disciplina dei controlli sull’edilizia storica (a cui pur fa riferimento il § 8.5.3.), limitandosi sostanzialmente a proporre un mero “elenco” delle quantità e della tipologia della strumentazione da possedere per effettuare controlli di laboratorio, quindi nulla ha a che fare con i controlli e le diagnosi sugli edifici. Invero, nella predetta Circolare i riferimenti alle capacità tecniche delle figure preposte ai campionamenti viene risolto facendo generico riferimento al “personale qualificato” (cfr., punto 3, pag. 3/15), alla “perfetta conoscenza delle procedure di prova e delle modalità di funzionamento delle apparecchiature” (cfr., punto 3.1, pag. 3/15), alla “esperienza maturata”, ovvero alla “attività svolta nel campo delle prove di laboratorio sui materiali da costruzione” (cfr., punto 3.1, pag. 4/15). D’altro canto, per lo stesso “Direttore del laboratorio” è prescritto solo il possesso del titolo di laurea e di “specifiche competenze” in alcuni “settori”, tra cui quello delle “procedure sperimentali” (cfr., punto 2, pag. 3/15), senza alcuna specificazione e/o riferimento a effettive “certificazioni” e/o “attestazioni” delle stesse. Inoltre un Laboratorio è tale se ha un direttore tecnico, ma nulla vieta di poter assumere il ruolo di sperimentatore di laboratorio una qualunque figura (non per forza di cose laureata in discipline tecniche o men che meno diplomata in qualsiasi ambito).

L’assurdo che si verrebbe così a creare è che ad operare sulle “costruzioni esistenti”, di cui al capitolo 8 NTC 2018 (specie sull’edilizia storica, anche di interesse artistico e monumentale), sarebbe il personale in forza ai laboratori e per il solo fatto dell’esistenza del rapporto lavorativo, pur potendo non essere in possesso di alcun tipo di qualifica ovvero di effettiva professionalità specialistica sulla diagnostica.

Potremmo trovarci con il paradosso che un qualunque cittadino o lavoratore per il semplice fatto di essere dipendente di un Laboratorio potrà effettuare i campionamenti sulle strutture esistenti, mentre un ingegnere o un architetto, non potranno più effettuare un prelievo da una struttura per eseguire delle opportune indagini sulla sicurezza sismica di un edificio.

La cosa appare davvero singolare. Innanzitutto se si paragona la questione ad altri temi di stretta attualità, come la sicurezza alimentare e le indagini biologiche: non esistono in tali ambiti casi di divieto di campionamento. Ad esempio un qualsiasi cittadino è libero di eseguire un campionamento dell’acqua sgorgante dal proprio rubinetto di casa per farla analizzare, invero il campionamento segue delle “raccomandazioni” da parte della struttura accettante circa le più corrette modalità di campionamento. Qui invece si vuole impedire a professionisti (ingegneri, architetti, etc.) di poter campionare materiale dalle strutture per poterlo analizzare!

Appare altresì, davvero singolare che laddove la norma ha imposto notevole attenzione alla riqualificazione del costruito, introducendo i concetti di “Valutazione della sicurezza” (§ 8.3), di “Classificazione degli interventi” (§ 8.4), di “Livelli di Conoscenza” (§ 8.5.4.), ed al tempo stesso in altri contesti normativi il legislatore ha introdotto financo delle premialità fiscali (Sismabonus) per risolvere l’enorme problema della vulnerabilità del patrimonio immobiliare italiano, si voglia di fatto chiudere la tematica in un circuito chiuso, ponendo il tutto nelle mani dei soli Laboratori ovvero del personale degli stessi. E tutto questo mentre in altre parti della NTC 2018 si indentificano i professionisti del settore delle costruzioni (ingegneri, architetti e geometri) come i precisi responsabili del processo edilizio (si veda a tal riguardo le responsabilità ascritte in capo ai professionisti nel Capitolo XI su controllo dei materiali da costruzione!). Soprattutto, appare inaccettabile che si voglia, come accadrebbe, di fatto impedire a quelle figure formate sia culturalmente (laureati in ingegneria e architettura), che certificate attraverso i livelli di qualificazione previsti dalla UNI EN ISO 9712 (da Enti regolarmente accreditati secondo la vigente normativa in materia e con procedure anch’esse regolamentate ex lege), di occuparsi della diagnostica, attraverso l’esecuzione diretta di un campionamento da un elemento strutturale.

Sì perché se il problema del legislatore è quello, come giusto che sia, di controllare che chi opera sul mercato della diagnosi sul patrimonio costruito esistente sia opportunamente qualificato, una soluzione c’è e del resto il legislatore vi ha fatto già ricorso nella precedente NTC 2008, allorquando solo per le verifiche sugli acciai ha disposto il ricorso al personale in possesso di adeguata qualificazione UNI EN ISO 9712.

È bene qui ricordare che gli organismi di certificazione italiani sono operanti sotto l’egida di Accredia, quindi operanti sotto egida ministeriale. Pertanto, la qualificazione avviene sotto stretto controllo di enti riconosciuti dalla Repubblica Italiana.

C’è inoltre, da tener in debito conto anche la questione del numero modesto dei Laboratori Prove e Materiali iscritti nei registri ministeriali, che ad oggi sono circa 110. Si tratta quindi, di una distribuzione quasi 1 ad 1 rispetto al numero delle Province, con concentrazione soprattutto in alcune aree del Paese, quelle metropolitane, lasciando scoperte invece le aree Appenniniche.

Ciò quindi, aggraverebbe ancor più la situazione proprio in quelle zone del Paese (la dorsale Appenninica) più a rischio sismico.

Un altro aspetto da sottolineare è quello relativo alla partecipazione alle gare pubbliche: in completa contraddizione con lo spirito ed i dettami delle vigenti norme (D.Lgs 50/2016 e s.m.ei.) si assisterebbe al paradosso di poter far operare solo un numero ristretto di soggetti (110 laboratori) pur essendo presenti, sul territorio nazionale, migliaia di operatori rispondenti ai requisiti di partecipazione e che si troverebbero quindi automaticamente tutti esclusi a discapito di pochi, a causa del solo preciso aspetto dei prelievi in situ ristretti ai laboratori; ciò ovviamente contro il principio di pluralità, rotazione, libera concorrenza delle norme vigenti e più in generale di antitrust.

2) CAPITOLO 11, § 11.2.2, pag. 286, titolato “Controlli di qualità del calcestruzzo”

Al § 11.1, e sulla scia di quanto già disposto dalle NTC 2008, le NTC 2018 affermano che i materiali da costruzione devono essere: identificati a cura del fabbricante, qualificati sotto la responsabilità del fabbricante e accettati dal direttore dei lavori. In particolare, e per quanto attiene alla sola identificazione e qualificazione dei materiali, si precisa che “il loro impiego nelle opere è possibile soltanto se corredati della Dichiarazione di prestazione e della Marcatura CE, prevista al Capo II del Regolamento UE 305/2011”. Con il riferimento al Regolamento UE 305/2011, le NTC 2018 sembrano aprirsi alla disciplina europea dei laboratori accreditati secondo la EN ISO 17025, che rappresenta lo standard comprensivo dei requisiti gestionali e tecnici, impiegato in Europa (e nel Mondo) per conseguire l’accreditamento di laboratori di prove e taratura.

Tale apertura indurrebbe a pensare che finalmente i soggetti italiani accreditati EN ISO 17025 possano mettersi in pari con i colleghi europei ed operare sul libero mercato ed invece nel prosieguo della revisione del testo si ribadisce con forza che i controlli di qualità, compresi i carotaggi, devono essere eseguiti dai laboratori ex art. 59 DPR 380/2001.

Anche nel cap. XI della Norma si compie infatti, lo stesso corto circuito già introdotto nel cap. 8, cioè l’inserimento di una frase posticcia con la quale si demanda solo ai Laboratori di Prove ex art. 59 DPR 380/2001 la possibilità di operare di controlli sulle costruzioni. La disamina del testo del § 11.2.2, relativamente alle “Prove complementari” (ultimo comma), aggiunge, alla fine del periodo, l’inciso riportato in neretto): “Le prove di accettazione e le eventuali prove complementari, compresi i carotaggi di cui al punto 11.2.6, devono essere eseguite e certificate dai laboratori di cui all’art. 59 del DPR n. 380/2001”.

Anche in tale ipotesi, così come già evidenziato in precedenza, in sede di “commento” del § 8.5.3., si sente il bisogno di precisare, con “forza”, che i carotaggi, equiparati ai controlli in accettazione attraverso la definizione dei controlli complementari, “devono” essere eseguiti dai laboratori. Valgono, quindi, le medesime considerazioni ivi svolte, con l’ulteriore “aggravante” che viene sottratta ai soggetti “certificati”, che non siano dipendenti di un Laboratorio Prove e Materiali la possibilità di spendere la qualifica ottenuta (peraltro con accollo dei relativi oneri per la formazione e per la certificazione, ivi inclusi quelli connessi al rinnovo della stessa) ovvero l’esecuzione di una tra le parti più rilevanti della diagnostica, propedeutica alla successiva analisi ed interpretazione in sede di effettiva certificazione.

L'introduzione dell'obbligo di prelievo del calcestruzzo in situ solo a cura dei laboratori non trova nessuna corrispondenza con altri materiali e tipologie costruttive: paradossalmente tale imposizione appare anche contraddittoria verso il corretto approccio alla "conoscenza" dell'esistente nel suo insieme. Infatti se per il calcestruzzo il legislatore ritiene necessario far operare i soli laboratori, perchè la stessa cosa non avviene sulla muratura (martinetti) o sulle barre di acciaio (prelievi dei campioni)? Si accetta quindi un diverso modus operandi pur dovendo salvaguardare lo stesso livello di conoscenza e di sicurezza per tutte le tipologie costruttive: ciò dimostra invece come l'approccio proposto dalla norma 2018 sia completamente errato e non miri a fornire alcuna garanzia riguardo alla corretta conoscenza delle strutture anzi potendo comportare per la pubblica amministrazione maggiori costi e minori certezza di indagini qualificate.

In sintesi, appare evidente come le NTC 2018, per quanto riguarda l’ambito dei controlli sul costruito e sui materiali, comporta:

• una limitazione della presenza sul mercato delle figure dei professionisti specializzati in diagnostica strutturale, con conseguente violazione del basilare principio - di matrice comunitaria prima ancora che di legislazione “nazionale” - della libera concorrenza. La diagnosi sugli edifici diverrebbe ad esclusivo appannaggio di un ristretto numero di soggetti (circa 100), che non sarebbero più posti in una condizione di concorrenza tra loro;

• un arretramento della ricerca scientifica nel settore della Diagnostica strutturale, proprio in virtù della mancanza della concorrenza tra aziende. Non ci sarà più l’interesse economico ad importare, così come si è fatto negli ultimi 15 anni, le tecnologie sviluppare in ambito biomedicale su scala della diagnosi delle strutture;

• difatti, si creerà una vera e propria “privativa” in capo ai Lavoratori ed al personale degli stessi, che renderebbe impossibile l’affidamento di incarichi di diagnostica strutturale ad altri soggetti privati. Inoltre con la contemporanea dichiarazione contenuta nella recente revisione del Testo appalti (art. 111 del dlgs 50/2016), che ha sancito che il costo delle indagini è assimilabile a tutti gli altri costi della Sicurezza sui cantieri, ci troveremmo con il paradosso che i 100 Laboratori non solo saranno esclusivisti ma non saranno chiamati nemmeno ad effettuare ribassi nelle gare pubbliche per la caratterizzazione degli edifici esistenti.

• l'approccio introdotto dalle NTC2018 apre la strada a delicati contenziosi tra enti pubblici e professionisti, laddove questi si trovassero a non poter più operare sulla diagnostica delle strutture esistenti pur avendo già un contratto in corso affidato secondo le previgenti norme 2008: la recente nota del C.S.LL.PP (n.3187 del 21.03.2018) specifica che, se i campioni non sono prelevati dai laboratori: «non potranno essere accettati ai fini dell’attività di certificazione ufficiale del Laboratorio»; ci si troverà quindi nella situazione paradossale di non poter più operare sulle strutture oggetto di appalto, non si potrà però neanche subappaltare a posteriori le attività ai laboratori per far loro effettuare i carotaggi, nè tantomeno questi potranno in ogni caso rilasciare certificati di prova per campioni non direttamente da loro prelevati, con conseguente blocco dell'intero settore...

Tale scenario, in forza delle palesi “distorsioni” e “lacune” sopra evidenziate, è talmente oggettivo da ingenerare il dubbio che esso possa costituire un vero e proprio “obiettivo” della revisione delle NTC, ovvero i frutto di una ben precisa volontà del Legislatore tecnico, piuttosto che di una sottovalutazione della portata delle novità in discussione.

Non si spiega, diversamente, il perché si senta l’esigenza di precisare che una comune azione di campionamento di materiale debba essere eseguita da un laboratorio (che invece dovrebbero eseguire secondo la norma prove in laboratorio e non in situ) mentre operazioni ben più complesse, quali le tecniche di indagine non distruttive, non vengano regolate. In tal modo un qualunque operatore, purché dipendente di un laboratorio, può campionare in situ un elemento strutturale, ma la stessa operazione sarebbe preclusa ad un esperto di diagnostica strutturale.

Inoltre appaiono davvero ridicoli i chiarimenti alle NTC recentemente rilasciati dal CSLP ove, si sottolinea:

1) che le prove non distruttive restano fuori dalla potestà dei Laboratori;

2) che si auspica una autorizzazione ad hoc per il prelievo dei campioni.

Nascono spontanee delle domande: il CSLP pensa davvero che sottraendo ai diagnosti la possibilità di prendere dei campioni dalle strutture, questi ultimi avranno ancora un mercato? In altri termini hanno idea del fatto che seppur le prove non distruttive sono ancora “liberalizzate” nessuno mai sul libero mercato si rivolgerà a due diverse società per compiere un unico lavoro?

Inoltre, in merito all’autorizzazione specifica per il prelievo dei campioni non poteva, il CSLP, pensarci prima, invece che ingenerare il caos? Quanto pensano possano aspettare/sopravvivere le imprese esistenti nel settore senza poter di fatto più operare?

Appare stridente, a tale riguardo, cosa accade, sempre nell’ambito dei controlli sulle strutture civili, quando ci si riferisce ai controlli in situ sull’acciaio. In tale ipotesi, la norma, anche nelle NTC 2018, indica che i controlli non distruttivi sulle saldature devono esse eseguiti da personale certificato ai sensi della UNI EN ISO 9712, limitandosi ad aggiornare il riferimento alla norma di certificazione del personale alla UNI EN ISO 9712 (cfr., § 11.3.4.5). Non si coglie la ratio della differenza di disciplina imposta a seconda dei materiali, ovvero il motivo per il quale l’acciaio da carpenteria debba restare soggetto (giustamente) ai controlli non distruttivi delle saldature con l’utilizzo di personale certificato mentre ciò - come visto – non viene confermato anche per i controlli non distruttivi sul calcestruzzo e sulla muratura.

Oltre alla discrasia, anche la “beffa”: come visto, infatti, le NTC 2018, non recependo il principio dell'estensione della qualifica del personale per i controlli non distruttivi sul calcestruzzo (e sull'edilizia storica), impedisce agli esperti di diagnostica (la stragrande maggioranza dei quali certificati secondo i livelli di qualifica previsti dalla UNI EN ISO 9712), di lavorare nel campo dei controlli non distruttivi sul calcestruzzo, in quanto attribuisce tale facoltà solo ai soggetti, non qualificati per i controlli di processi in situ, bensì autorizzati (in quanto costituenti “personale”) per i controlli di laboratorio, come esecutori finanche delle operazioni di campionamento del materiale.

Valga fare rilevare, infine, come tale “impostazione” sia contraddittoria anche con riguardo alle effettive esigenze di monitoraggio strutturale, specie degli stessi Enti Pubblici, i quali come noto, debbono procedere alla verifica, specie in termini di sicurezza, del cospicuo patrimonio immobiliare, con riguardo primariamente ai c.d. edifici “strategici” che servono la collettività in determinati settori “sensibili” (scuole, caserme, ospedali, sedi di uffici, ecc.).

Non a caso, lo stesso MIUR, nell’ambito della Legge sulla Buona Scuola, ha emanato bandi sulla sicurezza delle scuole, ed ha indirizzato gli enti locali verso la diagnostica non distruttiva dei solai, per individuare in via predittiva problemi di sfondellamento dei solai, indicando proprio numerose tecniche di controllo non distruttivo.

Ciò conferma come non solo il “mercato”, non solo la “comune sensibilità”, ma la stessa Pubblica Amministrazione, hanno già aperto le porte alla diagnostica del costruito, riconoscendole una funzione fondamentale ai fini del raggiungimento delle finalità pubbliche espresse, in primis, dal D.P.R. n. 380/2001 e pure dalle stesse NTC.