Oblazione doppia per ristrutturazioni con significative variazioni di forma o volume
L'analisi degli interventi ammessi nella ristrutturazione edilizia evidenzia come la normativa vigente, in particolare l'art. 3 del DPR n. 380/2001, definisca i limiti e le condizioni per poter qualificare un intervento come ristrutturazione edilizia. Con la sentenza del TAR Marche, si sottolinea come le variazioni significative di sagoma e volumetria non possano essere considerate ristrutturazioni edilizie, ma nuove edificazioni. Questa distinzione è fondamentale per l’applicazione corretta delle normative urbanistiche e fiscali, garantendo un’interpretazione coerente e uniforme degli interventi edilizi.
Interventi ammessi nella ristrutturazione edilizia
Quando si parla di ristrutturazione edilizia si intende una serie di interventi che comportano modifiche e miglioramenti dell’edificio. Tali interventi possono includere lavori di manutenzione straordinaria, ampliamento, modifica della distribuzione interna o adeguamento alle normative vigenti.
A questo punto diventa fondamentale l’art. 3 DPR n. 380/2001, in quanto chiarisce quali siano gli interventi edilizi possibili:
- manutenzione ordinaria;
- manutenzione straordinaria;
- restauro e risanamento conservativo;
- ristrutturazione edilizia;
- nuova costruzione;
- ristrutturazione urbanistica
Particolarmente rilevante è il comma 1, lettera d), dell’art. 3, come modificato dal DL n. 69/2013, il quale sottolinea che “(…) Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico.
L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza (…)”.
Tale articolo chiarisce in che cosa consista la ristrutturazione edilizia, in particolare, vengono specificate le lavorazioni ammesse, tra le quali compaiono anche le demolizioni e le ricostruzioni, anche con differente sagoma, prospetti e sedime, se funzionali all’adeguamento normativo (antisismico, accessibilità, impianti, efficientamento energetico).
Così come possono essere ammessi anche incrementi volumetrici, ma solo se previsti dalla legge o dagli strumenti urbanistici comunali, in un'ottica di rigenerazione urbana.
Inoltre viene considerata ristrutturazione anche la ricostruzione di edifici crollati o demoliti, ma solo se è dimostrabile la consistenza preesistente. Quest’ultimo punto diventa essenziale per gli edifici già crollati o demoliti prima dell’entrata in vigore della norma.
Con la sentenza del TAR Marche n. 809/2024 viene affrontato un caso in cui è in discussione la corretta qualificazione di un intervento edilizio, alla luce della disciplina dettata dall’art. 3, comma 1, del DPR 380/2001, distinguendo la ristrutturazione edilizia dalla nuova costruzione, sulla base di criteri strutturali e di indicatori dimensionali, come sagoma, volume e superfici.
Il limite tra ristrutturazione e nuova costruzione
Nel 2006 il Comune di Pesaro aveva acconsentito a un intervento di ristrutturazione edilizia, comprensivo di cambio di destinazione d’uso, relativo a due fabbricati privati (“A” e “B”) già destinati a uso scolastico. Però, durante l’esecuzione dei lavori, nel 2007, gli agenti della polizia municipale riscontrarono delle difformità ossia “difformità rispetto al permesso di costruire relativa “alla quasi integrale demolizione del fabbricato B”.
Anche se vi era la conservazione di porzioni murarie, queste erano state giudicate dal Comune come non significative anche se incorporate nella successiva ricostruzione, comportando un’ordinanza di sospensione dei lavori.
Successivamente, il ricorrente ha presentato una istanza di variante e, infine, un progetto di sanatoria, che è stato accolto con il rilascio di un nuovo permesso di costruire. Nell’ambito di tale procedimento, l’amministrazione comunale ha disposto il pagamento dell’oblazione in misura doppia, come previsto per gli interventi non riconducibili alla categoria della ristrutturazione edilizia legittimamente assentita.
Il ricorrente ha contestato la pretesa oblativa, perché ritenuta illegittima per tale intervento. A suo avviso, la tipologia di intervento sarebbe dovuto essere stato qualificato come ristrutturazione edilizia e non come nuova costruzione. Il privato cittadino lamentava, quindi, la violazione dell’art. 3, lett. d), del DPR 380/2001, che definisce la ristrutturazione edilizia come quell’intervento volto a trasformare un organismo edilizio esistente mediante un insieme sistematico di opere, anche con demolizione e ricostruzione, purché siano rispettati i volumi e la sagoma dell’edificio preesistente.
Il TAR ha chiarito che “Quanto riscontrato dagli agenti non è contestato efficacemente nel ricorso, considerato anche che l’odierno ricorso verte solo sulla successiva richiesta di oblazione pari al doppio del costo di costruzione. (…) Nel caso in esame, in data 20 febbraio 2006, è stato rilasciato alla ricorrente il permesso di costruire per "ristrutturazione di due fabbricati (…). In sede di sopralluogo veniva accertato che l'immobile era stato quasi completamente demolito (…). L’ordinanza di sospensione lavori (…) riporta chiaramente (…) che le difformità rilevate attengono alla quasi integrale demolizione del fabbricato “B” (…) contravvenendo alla prescrizione contenuta nel titolo rilasciato che ne prevedeva la conservazione al fine di ricondurre l’intervento proposto nell’ambito della ristrutturazione edilizia (…). (…) La ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente (…) Nel caso in esame non è stata fornita alcuna prova in tal senso.”
Il TAR quindi esclude che potessero riconoscersi i presupposti di cui all’art. 3 del Testo Unico dell’Edilizia, ritenendo che l’intervento, come accertato dalla polizia municipale e non efficacemente contestato in sede di ricorso, abbia determinato la quasi totale demolizione del fabbricato originario e la realizzazione di un edificio non coincidente con quello preesistente, né per sagoma, né per superfici, né per volumi. Ne consegue che l’intervento, pur definito ristrutturazione nei titoli edilizi rilasciati, non risulta riconducibile al paradigma normativo dell’art. 3, comma 1, lett. d), bensì si configura una nuova costruzione, per la quale è legittimamente richiesto il pagamento dell’oblazione secondo quanto previsto dall’art. 13 della legge 47/1985.
Inoltre, il TAR ha sottolineato che “Per costante giurisprudenza, il criterio discretivo tra l'intervento di demolizione e ricostruzione e la nuova costruzione è costituito, nel primo caso, dall'assenza di variazioni del volume, dell'altezza o della sagoma dell'edificio, per cui, in assenza di tali indefettibili e precise condizioni si deve parlare di intervento equiparabile a nuova costruzione, da assoggettarsi alle regole proprie della corrispondente attività edilizia. Tali criteri hanno un ancora maggiore pregio interpretativo a seguito dell'ampliamento della categoria della demolizione e ricostruzione operata dal d.lgs. n. 301 del 2002 in quanto proprio perché non vi è più il limite della 'fedele ricostruzione' si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti gli elementi fondamentali, (…) e la successiva ricostruzione dell'edificio deve riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi (…).
Ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), del DPR n. 380 del 2001 per qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all'organismo preesistente (Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 2016, n. 328).”
Quindi se non si conservano gli elementi fondamentali del preesistente organismo edilizio tra cui sagoma, volumi e superfici, l’intervento non può qualificarsi come ristrutturazione edilizia, bensì come nuova costruzione. In tal caso la demolizione del fabbricato “B” aveva determinato la perdita di continuità tra il vecchio e il nuovo edificio, non consentendo una qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia.
In conclusione, la sentenza del TAR Marche ribadisce con fermezza che l’intervento edilizio volto a variazioni sostanziali di sagoma e volume non può essere ricondotto ad una ristrutturazione edilizia, così come definita dall’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. 380/2001. Infatti l’art. 3 richiede che, anche in caso di demolizione e ricostruzione, siano rispettate le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente, con particolare riferimento a sagoma, volumetria e superficie. Ciò non si è verificato nel caso di specie, in quanto è stata accertata la quasi totale demolizione del fabbricato “B” senza conservazione delle linee caratteristiche, quindi l’Amministrazione ha qualificato correttamente l’intervento come nuova costruzione e ha, di conseguenza, potuto richiedere senza pregiudizio l’oblazione in misura doppia.
LA SENTENZA DEL TAR MARCHE È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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Il D.P.R. 380/2001 (più conosciuto come Testo unico per l'edilizia) definisce le regole fondamentali da seguire in ambito edilizio.
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