Opere edilizie ante 1967, tra privato e comune: quando gli indizi valgono lo stato legittimo
L'onere della prova dell'epoca di realizzazione incombe sul privato ma è ammesso un temperamento nel caso in cui il privato, da un lato, alleghi, a sostegno della tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967, elementi indiziari dotati di un alto grado di plausibilità e, dall'altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto.
Ci sono dei casi nei quali si riesce a provare la realizzazione ante 1967 di un immobile e, senza necessaria contro-istruttoria del comune, l'edifico risulta legittimo in quanto costruito prima della 'data limite' fuori dal centro urbano.
Il caso della sentenza 1115/2025 dell'11 febbraio del Consiglio di Stato è particolare ma interessante, perché va a chiarire cosa succede se il privato fornisce indizi attendibili e il comune non 'controbatte' a sufficienza, cioè non presenta eventuali elementi a suffragio della sua tesi.
La massima: anche degli indizi concreti valgono lo stato legittimo
L'obbligo di dimostrare quando un'opera è stata realizzata ricade sul soggetto privato, ribadisce Palazzo Spada.
Ma questo principio può essere attenuato qualora il cittadino presenti indizi concreti e verosimili a supporto della tesi secondo cui l'intervento risalga a un periodo precedente al 1967, e allo stesso tempo l'amministrazione comunale non riesca a fornire elementi certi o sufficientemente chiari per stabilire una diversa data di esecuzione del manufatto.
Vediamo bene cosa è successo.
Il caso: permesso di costruire negato
Si dibatte sul diniego di permesso di costruire per un intervento di demo-ricostruzione di due corpi di fabbrica preesistenti, motivato dal fatto che il compendio immobiliare interessato dall'intervento non risultava assistito da titolo edilizio, comunque necessario, ai sensi dell'art. 31 della legge n. 1150/1942, trattandosi di immobile già collocato nel centro abitato al momento della perimetrazione del medesimo.
Secondo il TAR competente, la ricorrente non aveva fornito la prova della collocazione dei manufatti all'esterno del centro abitato al momento della loro realizzazione, essendosi limitata a contestare ellitticamente la circostanza che la perimetrazione del centro abitato risalirebbe a una delibera del consiglio comunale del 1971, e, quindi, ad epoca successiva alla loro realizzazione, senza, però, circostanziare come, prima della perimetrazione anzidetta, gli stessi esulassero dal centro abitato né, tanto meno, a documentare la loro esatta datazione storica.
Interventi assentibili senza permesso prima del 1° settembre 1967
La legge Ponte (765 del 6 agosto 1967), con l'articolo 10 ha modificato l'articolo 31 della legge 1150/1942, estendendo l'obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.
Prima del 1° settembre 1967, quindi, ovviamente con svariate eccezioni figlie di appositi regolamenti comunali che potevano disporre già la necessità del previo ottenimento del permesso di costruire anche in zone fuori dal centro urbano, l'obbligo di licenza edilizia era limitato a zone urbanizzate e centri abitati (nelle aree non regolamentate).
Il ricorso: tutti gli indizi probanti
Secondo i ricorrenti, il TAR ha errato non ritenendo provato lo stato legittimo del compendio immobiliare, nonostante la ricorrente avesse prodotto in giudizio plurimi documenti da cui tale stato legittimo emergeva chiaramente (in particolare, un permesso di costruire del 2011, il rinnovo di tale permesso nel 2014, l’atto di rettifica ed integrazione in cui il venditore dichiarava che la costruzione delle opere era iniziata prima dell'anno 1967 e che per le opere realizzate era stata rilasciata regolare concessione edilizia nel febbraio del 1983).
Inoltre, la sentenza sarebbe:
- viziata da errata valutazione delle prove e da errato riparto dell’onere probatorio poiché, a fronte delle prove prodotte dalla ricorrente, l'unico elemento addotto dal Comune era che il compendio immobiliare si trovava nel centro abitato al momento della variazione urbanistica adottata nel 1971 e, quindi, in un’epoca successiva al 1967;
- inficiata da illogicità e contraddittorietà della motivazione per travisamento dei fatti e delle prove poiché non è mai stato posto in dubbio che l'edificazione del compendio immobiliare sia stata posta in essere prima del 1967, mentre la variazione urbanistica di perimetrazione del centro urbano è successiva a tale data;
- viziata da omessa pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato per aver omesso di pronunciarsi sull'illegittimità delle integrazioni documentali richieste dal Comune e sull’eccepito difetto di motivazione.
Edifici ante 1967: a volte anche degli indizi bastano a provare lo stato legittimo
Arriviamo quindi alla decisione del Consiglio di Stato, che è favorevole al privato.
Infatti - spiega Palazzo Spada - in riferimento a manufatti risalenti a prima del 1967, "la giurisprudenza, pur ribadendo che incombe sul privato l'onere della prova dell'epoca di realizzazione, ammette - alla luce dei principi di ragionevolezza e proporzionalità - un temperamento nel caso in cui il privato, da un lato, alleghi, a sostegno della tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967, elementi indiziari dotati di un alto grado di plausibilità e, dall'altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto (cfr. sez. VI n. 5547 del 2024 e n. 9612 del 2023 e la giurisprudenza ivi richiamata), evidenziando, così, un difetto di istruttoria del procedimento".
Vengono quindi ritenuti altamente plausibili questi documenti prodotti dal ricorrente:
- l'atto di compravendita del 2010 e l'atto di rettifica del 2014 recanti la dichiarazione del dante causa, ai sensi dell'artt. 3 e 76 d.P.R. 445/2000, in ordine alla realizzazione delle opere ante 1967 e al rilascio, per parte di esse, della concessione edilizia del febbraio 1983;
- il permesso di costruire del giugno 2011 (con rinnovo del dicembre 2014) rilasciato dal Comune per un intervento identico a quello oggetto del diniego impugnato, sebbene decaduto per scadenza dei termini per l'avvio e la conclusione dei lavori;
- la dichiarazione del tecnico incaricato, datata novembre 2019, con cui il professionista attesta l'avvenuto accatastamento della proprietà in data 15 febbraio 1942, ossia prima dell'entrata in vigore della legge urbanistica del 7 agosto 1942.
Se il comune non valuta gli indizi e non fornisce prove contrarie, l'immobile è legittimo
Bene: secondo Palazzo Spada il comune non ha adeguatamente valutato questi 'elementi indiziari', limitandosi solo ad osservare che il permesso di costruire del 2011 e il suo rinnovo erano decaduti per decorrenza dei termini.
Il diniego, quindi, è fondato esclusivamente sul fatto che l'immobile era inserito nel centro abitato al momento della sua perimetrazione, avvenuta con delibera del 1971, successiva sia alla legge del 1967, sia alla legge 1150/1942.
Ne deriva il difetto di istruttoria e di motivazione del diniego, "non essendo intellegibili le ragioni per cui l'immobile doveva considerarsi collocato nel centro abitato già prima della sua delimitazione, avvenuta solo nel 1971, e comunque nel periodo dal 1942 (data di entrata in vigore della legge urbanistica) al 1967 (data di entrata in vigore della l. 765/1967)".
LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

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