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Dal formalismo alla realtà: ecco perché occorre cambiare paradigma nella sicurezza sul lavoro

Il tema della sicurezza sul lavoro è spesso raccontato con toni retorici o normativi, scollegati dalla realtà quotidiana. L’articolo propone un cambio di paradigma: meno dati decontestualizzati e più attenzione ai meccanismi reali, anche giuridici, che influenzano prevenzione, formazione e consapevolezza.

Se la divulgazione in fatto di sicurezza è spesso astratta, fiacca, appesantita da cliché datati, la giurisprudenza procede in modo assi diretto e talvolta incalzante. Nel mezzo, restano i lavoratori, ai quali serve un cambio di paradigma comunicativo (e pratico) per superare questo palese scollamento fra teoria e realtà quotidiana.

  

Tante, troppe statistiche

Incidenti sul lavoro 2025: dati INAIL e settori più colpiti

Stando alle cifre periodicamente riportate da stampa e pubblicazioni di settore, il primo trimestre del 2025 avrebbe registrato duecentodieci decessi sul lavoro, con un aumento del 9.9% rispetto al medesimo periodo del 2024.

Di questi, centocinquanta sarebbero avvenuti "in occasione di lavoro" (ossia, durante l’attività presso una sede lavorativa) e sessanta "in itinere" (cioè, durante il tragitto casa-lavoro, o viceversa).

Le denunce totali di infortunio sul lavoro (mortali e non) nel periodo in analisi, sarebbero state 142'843, in lieve calo rispetto all'anno passato (-1.6%).

Desiderando, tuttavia, approfondire la questione e risalire alle fonti − anche solo per poter finalmente passare dal condizionale al passato prossimo − ecco che il consistente patrimonio di dati fornito da INAIL ci viene in soccorso, attualizzando il quadro complessivo all'aprile 2025 con 286 denunce di infortunio mortale (di cui 79 in itinere) e 157'699 denunce di infortunio con esito non mortale, nel complesso.

I settori più colpiti? Logistica e trasporti, attività manifatturiere in genere e sanità.

Con ciò, in genere, la fame di informazioni del pubblico si placa, l'opinione comune filtra in silenzio questa mole di dati etichettandola come "importante" (benché priva di qualsivoglia contesto), mentre alcuni (troppi) addetti ai lavori si affrettano a trarne monconi sparsi da usare come gancio d'esordio per post emozionali, infografiche colorate, brevi articoli (come questo) e − Dio non voglia − interi seminari mono-grafici cui far seguire altri post compiaciuti su LinkedIn.

Nell'insieme, possiamo dirci così testimoni di un caso emblematico in cui, ad un massivo trasferimento di informazioni (inopinatamente esatte, per giunta, oltre che di potenziale utilità pubblica), fanno seguito sia un interesse a dir poco esiguo che un impatto emotivo inferiore a quello suscitato dalla lettura dell'oroscopo quotidiano. Perché? Per un motivo banale: sia le statistiche di INAIL che l'astrologia ricorrono ad un linguaggio "arcano", ma l'oroscopo del giorno, se non altro, parla di noi fornendoci una prospettiva più accattivante.

  

Sicurezza sul lavoro: molte parole, poco significato

Ben lungi dal suggerire la trasposizione coatta d'un certo tipo di comunicazione istituzionale sulle pagine dei rotocalchi settimanali (o delle loro versioni digitali), resta la consapevolezza che la divulgazione legata alla sicurezza sul lavoro ha segnato ormai il passo e che, gravata com'è d'innumerevoli pastoie di stampo giuridico e burocratico, si va tramutando in un mantra privo d'impatto sociale, abbinato ad un'oleografia fatta di "estintori rossi, caschetti gialli e sorrisi smaglianti ".

Si potrebbe dire, in certa misura, che il tema in sé ha raggiunto il proprio canone liturgico, imponendo l'uso d'immancabili parole-feticcio (utili non solo perché fanno bene alla SEO, ma anche per confermare una riprova sociale fondata sulla reiterazione, se non proprio sulla competenza effettiva) che muove da pochi, immarcescibili fondamentali utilizzati alla stregua di grimaldelli per irrompere in qualsivoglia dibattito: "In Italia manca la cultura della sicurezza", "Le leggi ci sarebbero, ma servono i controlli", "La sicurezza è vista come un costo, non come un'opportunità".

E poco importa se, in un occasionale momento di lucidità, ci si spinge a constatare che la compartimentazione ideale tra "qualità di vita personale" e "sicurezza sul lavoro" è, di fatto, inesistente se consideriamo che ciascun di noi trascorre, mediamente, il 58% delle proprie ore di veglia lavorando (o cercando affannosamente di farlo) .

Poco importa se le statistiche non includono, per forza di cose, i dati riferiti alla "gig economy", al caporalato o ad un florido sottobosco di precari "di professione" da inserire in quelle stesse schiere di lavoratori irregolari che − a seconda dell'orientamento politico dell'evento o della testata-ospite − si possono (o meno) prudentemente comparare ai numeri su immigrazione, disoccupazione ed analfabetismo di ritorno .

Poco importa se il concetto stesso di "lavoratore", assieme ai diritti che lo contraddistinguono, si fa improvvisamente indistinto, per non dire evanescente, nel medesimo istante in cui il malcapitato in questione apre una P.IVA, forse reputando che l'autonomia derivante da quelle undici cifre (più due lettere, stando al VIES) valga bene la perdita di qualche residuo beneficio sociale.

 

Le sentenze della Cassazione che ridefiniscono la responsabilità. Un bagno di realtà

In tutto ciò, è il diritto a fornirci il polso della situazione − in modo del tutto inatteso − e a consentirci di delineare un quadro forse parziale, ma utile, sia di come "si fa la sicurezza" in Italia (in un caleidoscopio di fraintendimenti, omissioni e trascuratezze) sia di come la Giustizia contribuisca, in ultima analisi, a plasmare la realpolitik nella sfera della sicurezza occupazionale, con buona pace della patinata comunicazione promossa da esperti, formatori e safety-star.

Sentenza di Cassazione Penale (Sezione IV) n. 10460 del 17 marzo 2025: un apprendista subisce l'amputazione di un braccio durante la pulizia di un macchinario, in assenza di cautele antinfortunistiche.

La Corte conferma che i preposti non sono esonerati dalle proprie responsabilità anche se le scelte organizzative sono state imposte dai superiori (se "te lo ha ordinato il padrone", in breve). Chiunque rivesta una posizione di garanzia, quindi, è direttamente responsabile della mancata applicazione delle misure di sicurezza e ha il dovere di non uniformarsi a prassi pericolose, bensì di denunciarle e impedirle.

Sentenza di Cassazione Penale (Sezione IV) n. 15697 del 22 aprile 2025: si verifica un infortunio durante la movimentazione manuale di carichi, imputabile al fatto che il lavoratore non ha ricevuto un'adeguata formazione né istruzioni sui rischi connessi.

Si conferma, quindi, la responsabilità del datore di lavoro per non aver adempiuto all’obbligo formativo, sottolineando che l’omessa formazione è causa dell’infortunio se esiste un nesso causale tra la mancata consapevolezza del rischio da parte del lavoratore e l’evento in oggetto. Oltretutto, si sottolinea, la formazione dev'essere specifica e "adeguata", mentre la semplice erogazione di formazione generica non è sufficiente.

Sentenza di Cassazione Penale (Sezione IV) n. 15778 del 23 aprile 2025: un lavoratore subisce un grave infortunio rimanendo con il braccio incastrato tra gli ingranaggi di una stampatrice. Mancano i cartelli di divieto, ci sono carenze nella vigilanza sull’uso delle protezioni individuali.

La Corte ribadisce che il datore di lavoro non può essere esonerato dalle proprie responsabilità, anche in presenza di comportamenti imprudenti del lavoratore. Solo un comportamento abnorme, cioè del tutto eccentrico rispetto alle mansioni e alle regole, può escludere il nesso causale tra condotta datoriale ed evento lesivo, perciò la trascuratezza del lavoratore non esonera il datore dagli obblighi di prevenzione e vigilanza.

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La "Sicurezza sul Lavoro" comprende tutte le misure, le procedure e le normative destinate a proteggere la salute e l'integrità fisica e psicologica dei lavoratori durante l'esercizio delle loro attività professionali. La sicurezza sul lavoro è regolamentata dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 noto anche come Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (TUSL).

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