Processo geodinamico della crosta terrestre: il fenomeno dimostrato da uno studio di ricercatori italiani
La ricerca internazionale guidata da ricercatori italiani ha dimostrato l'esistenza del processo geodinamico dovuto a eventi come lo sprofondamento delle placche continentali.
Le fusioni felsiche e dacite-riolite
Si pensa che le fusioni felsiche, eruttate come riolite contenente quarzo in ambiente vulcanico o che ristagnano all'interno della crosta per generare rocce granitiche, abbiano origine all'interno della crosta continentale superficiale, sia attraverso la fusione parziale delle croste continentali, sia attraverso un'ampia differenziazione delle fusioni basaltiche, a temperature inferiori a 800 °C.
La parola felsico unisce due termini che sono feldspato e silice e indica quei minerali che sono ricchi di elementi leggeri come il silicio, l'ossigeno, l'alluminio, il sodio e il potassio. Tra i minerali felsici è presente il quarzo, mentre tra le rocce felsiche sono presenti il granito, la riolite e la dacite.
Numerosi studi sperimentali hanno dimostrato che, ai margini delle placche convergenti, le fusioni dacite-riolite possono essere generate anche a temperatura (>1000 °C) e pressione (>2 GPa) più elevate per fusione parziale delle litologie crostali continentali durante la subduzione dei sedimenti o attraverso riesumazione della crosta continentale subdotta.
La presenza di riolite sciolta nel mantello è stata prevista da esperimenti ad alta pressione e alta temperatura, ma mai osservata in natura.
Processo geodinamico dimostrato da uno studio
Lo studio è stato coordinato da Luigi Dallai dell’Università Sapienza di Roma e da Sandro Conticelli dell’Università di Firenze e direttore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igag) ed è riuscito ad avvalorare la teoria del processo geodinamico, ossia della trasformazione della superficie terrestre dovuta da azioni di importanti forze endogene.
La scoperta è di tale importanza da essere stata pubblicata anche su Nature Communications dove hanno collaborato anche ricercatori dell’Università di Ferrara, dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, del Consiglio Nazionale delle Ricerche francese e del Centro di ricerca Certema di Grosseto.
La riolitica contenente quarzo si scioglie nel mantello terrestre
Sono state rinvenute vene contenenti quarzo racchiuse in frammenti di mantello terrestre portati in superficie da un magma eruttato dal vulcano spagnolo Cabezo Negro, circa 2 milioni di anni fa.
Dopo aver fatto un’analisi isotopica dell’ossigeno del quarzo, i ricercatori sono riusciti a spiegare l'origine del materiale, che costituisce la crosta continentale, ma che finora non era mai stato trovato nel materiale del sottostante mantello terrestre.
“La crosta continentale è stata trascinata dalla superficie all’interno del mantello terrestre. A una profondità che stimiamo essere attorno ai 30 km e a una temperatura di circa 1000°C, la crosta continentale subdotta subisce processi di fusione e va a formare delle vene contenenti quarzo nel mantello. Pezzi di questo mantello sono infine strappati e trasportati nuovamente sulla superficie terrestre da magmi di origine profonda”, ha spiegato Luigi Dallai. “L’intero ciclo potrebbe essersi completato in un lasso di tempo che va da 10 a 2 milioni di anni fa”.
Questa studio permette di ottenere informazioni su come siano composte le profondità della terra, aiutando anche a capire da cosa sono costituiti i magmi di altri vulcani come quello dell'Himalaya, delle Ande e dell'Italia centro-meridionale.
“Attraverso il processo documentato, molti altri elementi chimici sono trasportati dalla superficie in profondità, così da essere arricchiti prima di essere riportati in superficie” ha sottolineato Sandro Conticelli che ha poi aggiunto “tra questi il carbonio, di grande interesse per la comprensione dei cambiamenti climatici, e altri elementi critici, come il litio e le terre rare, la cui reperibilità assume una rilevanza economica e tecnologica”.
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