PUC: attività consentite in una zona omogenea E
Contrariamente alla comune percezione nelle zone agricole non è sempre vietato lo svolgimento di attività lavorative, in particolare con la sentenza del TAR della Sardegna (n. 284/2025) viene annullato un provvedimento comunale contro un'attività artigianale di lavorazione del legno, stabilendo che un'area agricola può ospitare tali attività, a condizione che non ne alterino permanentemente il suolo. La sentenza sottolinea che le amministrazioni locali non possono vietare automaticamente attività compatibili senza una valutazione adeguata dell'impatto sul territorio.
Attività compatibili in zone agricole
Quando si parla di zona agricola all’interno del territorio comunale si indica quell’area perimetrata dallo strumento urbanistico vigente identificata con la lettera E.
Spesso si pensa che in zona agricola non si possa assolutamente costruire, ma ciò non è del tutto veritiero in quanto gli imprenditori agricoli, i coltivatori diretti, i fattori possono costruire sui terreni agricoli per consentire la realizzazione di abitazioni residenziali funzionali all’attività agricola.
Tali strutture inoltre possono essere utilizzate anche per ospitare lavoratori agricoli.
Le attività consentite in zona agricola sono regolate principalmente dagli strumenti urbanistici (Piani Urbanistici Comunali, PUC, o Piani di Governo del Territorio, PGT) del Comune di riferimento, dalla pianificazioni sovracomunali, dalla normativa urbanistica comunale regionale, ma soprattutto dal decreto interministeriale 1444 del 2 aprile 1968.
Quest’ultimo ha infatti introdotto le zone territoriali omogenee e stabilito gli standard urbanistici a cui un amministrazione comunale deve attenersi per la zonazione del proprio territorio.
Più in generale, i vincoli introdotti sull’utilizzo delle aree agricole hanno lo scopo di tutelare il territorio, ma tuttavia restano ammesse alcune attività ritenute compatibili o non impattanti con la destinazione prevalentemente agricola del suolo.
Nel caso di specie, un’attività artigianale è compatibile con la destinazione a zona agricola di un’area?
Con la sentenza del Tar, per la regione Sardegna, n. 284/2025 viene evidenziato che il posizionamento in area agricola non è vincolante per lo svolgimento di un’attività artigianale compatibile, di conseguenza l’amministrazione comunale non può vietarne lo svolgimento.
Attività artigianale e terreno agricolo: i confini della compatibilità
Il TAR della Sardegna con la sentenza n. 284/2025 ha annullato due provvedimenti emessi dal Comune di Santa Teresa Gallura, con i quali veniva imposto la cessazione dell’attività artigianale di lavorazione del legno in un’area classificata come agricola. Il ricorrente aveva acquistato nel 2022 un terreno trasferendovi la propria attività artigianale che si basava sulla realizzazione di opere in legno su commissione.
Nel 2024, il Comune ha effettuato in sopraluogo rilevando delle anomalie tra cui il deposito di legname e l’avvio di un’attività di vendita, quest’ultima in particolare ritenuta incompatibile con la destinazione agricola del terreno. Per tali motivi, l’ente aveva intimato la rimozione del deposito, definendo il processo di vendita (e le opere connesse) "strumentale ad un’attività artigianale, non compatibile tra gli usi e funzioni previste nelle zone con destinazione agricola del PUC”.
Il TAR ha sottolineato che “Non può, dunque, ritenersi incompatibile con la destinazione agricola di un terreno il suo uso per lo svolgimento di attività di lavorazione del legno e senza l’impiego di attrezzature idonee a pregiudicare definitivamente la destinazione naturale del fondo o che comportino la deruralizzazione del territorio.
Nel caso di specie, non risulta controverso che per lo svolgimento dell’attività artigianale di realizzazione di opere in legno, il ricorrente non abbia installato né utilizzi attrezzature idonee a determinare una trasformazione permanente del territorio o a determinarne la deruralizzazione.”
Quindi la destinazione agricola non implica necessariamente il divieto di attività compatibili, come la lavorazione del legno, purché non alterino permanentemente il suolo. Inoltre dalla sentenza si evince come le stesse Norme Tecniche Attuative (NTA) del Comune includano tra le attività consentite in zona agricola anche la trasformazione industriale del legno. Infatti, citando la sentenza, non è possibile ritenere «che l’attività svolta si ponga in contrasto con le previsioni urbanistiche che disciplinano l’area, dal momento che questa è classificata dallo strumento urbanistico comunale come zona agricola, “zona E5.1” e che l’art. 197 delle N.T.A. definisce espressamente come “… zona agricola l’insieme del territorio non urbanizzato destinato all’agricoltura, alla pastorizia, zootecnia, alla itticoltura, alle attività di conservazione e trasformazione dei prodotti aziendali, all’agriturismo, al turismo rurale, alla silvicoltura e trasformazione industriale del legno”».
Al TAR risulta errata l’interpretazione dell’Amministrazione comunale, secondo la quale era possibile equiparare il deposito di legname a una nuova costruzione (art. 3 D.P.R. 380/2001), in quanto secondo il tribunale tale osservazione non ha luogo d’essere in quanto le opere in oggetto non risultano essere di natura permanente, essendo il materiale semplicemente posato al suolo, ossia privo di ogni stabile struttura di fondazione che le vincolasse al suolo.
In conclusione un’area classificata come agricola può ospitare anche attività produttive compatibili come nel caso della lavorazione del legno, purché non l’uso del suolo e le opere non alterino in modo permanente il carattere rurale. Ciò comporta che un’amministrazione non può vietare tout court un’attività artigianale legata alla filiera agro-forestale senza valutarne l’impatto concreto della stessa sul territorio. In modo più proficuo, occorrerebbe invece che l’ente preposto verifichi opportunamente se ci siano opere che vadano davvero a modificare in modo irreversibile l’assetto territoriale dell’area agricola.
LA SENTENZA DEL TAR SARDEGNA È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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