Smart City: un sogno (non per tutti)
Le Smart City promettono sostenibilità e innovazione, ma sono davvero per tutti? Un’analisi tra efficienza, equità e consumo energetico.
Nel dibattito sull’evoluzione delle città, il concetto di “smart city” si è imposto come una delle visioni dominanti per affrontare le sfide dell’urbanizzazione globale.
La promessa è ambiziosa: ridurre l’impatto ambientale, ottimizzare i servizi, migliorare la qualità della vita.
Ma in un mondo in cui il 56% della popolazione vive già in aree urbane (secondo dati ONU 2024) e dove questa percentuale è in crescita, la questione centrale è se queste città “intelligenti” siano anche eque e accessibili, o se stiano diventando enclave high-tech per pochi privilegiati.
La fonte: il dibattito al summit di Abu Dhabi
Secondo l’articolo “Where Do Sustainability And Affordability Sit In The Pursuit Of Smart Cities?” di Gaurav Sharma, pubblicato su Forbes dopo l’Abu Dhabi Infrastructure Summit del 17-18 giugno 2025, l’equazione tra smart city e vivibilità non è affatto risolta. L’autore scrive che «smart cities don’t come before cities», citando Daniel Liu (MORROW Intelligence), che sottolinea come ogni realtà urbana abbia «individual socioeconomic and investment parameters» che non si possono ignorare.
Nel summit sono emerse esperienze virtuose come Singapore, con il suo equilibrio tra crescita e inclusione, Copenhagen, con il quartiere Nordhavn basato sul concetto di “5-minute city”, e Masdar City, l’ambizioso progetto sostenibile degli Emirati. Ma tutte condividono un elemento: un alto livello di benessere economico preesistente.
Sostenibilità e accessibilità: la frattura da colmare
Il punto critico è chi paga la trasformazione.
Come nota Sharma, «all that kit and its deployment can’t be cheap», e spesso il costo ricade sul contribuente. Emre Arolat, noto architetto turco, ha ricordato che la vera intelligenza sta «not just [in] smart technology, but smart decisions», soprattutto in materia di housing accessibile. Le città migliori, sostiene, sono quelle dove “good access to housing” e prossimità ai servizi si coniugano.
La dirigente di Aldar Projects, Asma Aljassmi, ha confermato che anche nei contesti più ricchi si parla ormai apertamente di accessibilità abitativa integrata nei masterplan. Un segnale importante, ma ancora limitato.
Il paradosso energetico delle città iperconnesse
Uno dei nodi più delicati è il consumo energetico delle smart city. Maggiore digitalizzazione significa più carico sulla rete elettrica. Come osserva Sharma, c’è un parallelismo inquietante con i data center alimentati da gas naturale nonostante le loro funzioni “digital green”.
Poche eccezioni, come Masdar City o alcune città scandinave, riescono ad alimentarsi con fonti rinnovabili.
Il rischio è che l’efficienza energetica promessa venga vanificata da un sistema di alimentazione ancora fossile, aggravando le emissioni invece di ridurle. E considerando che le città oggi rappresentano quasi l’80% dei consumi globali e delle emissioni di CO₂, il nodo è cruciale.
Conclusione: smart sì, ma anche giuste
L’utopia della città intelligente rischia di diventare una distopia tecnologica se non si integra l’inclusione sociale come parametro progettuale primario.
La tecnologia può essere potente alleata, ma solo se guidata da politiche lungimiranti e inclusive.
Perché – come ha ricordato Daniel Liu – l’eccellenza urbana non può esistere “in a vacuum”, ma deve poggiare su basi economiche e sociali solide. La vera sfida, nei prossimi decenni, sarà conciliare efficienza, accessibilità e sostenibilità in un disegno urbano non solo “smart”, ma anche umano.
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Con il Topic “Smart City” abbiamo quindi voluto raccogliere le news e gli approfondimenti che riguardano la trattazione di questo tema, sia da un punto di vista tecnologico che urbanistico.
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