Storia del laterizio: tegole e tubuli per pareti areate
Impiego innovativo dei laterizi cotti ne fanno ben presto i romani per creare pareti cave areate sia ai fini di eliminare l’umidità da pavimenti e pareti, sia per realizzare sistemi di riscaldamento delle abitazioni signorili e, soprattutto, degli edifici termali.
Le soluzioni tecniche per le costruzioni delle terme romane
Impiego innovativo dei laterizi cotti ne fanno ben presto i romani per creare pareti cave areate sia ai fini di eliminare l’umidità da pavimenti e pareti, sia per realizzare sistemi di riscaldamento delle abitazioni signorili e, soprattutto, degli edifici termali.
Per queste applicazioni particolari le fornaci laterizie romane di fine repubblica e, poi, d’età imperiale mettono a disposizione dei costruttori manufatti speciali quali possono essere considerati le tegulae mammatae o i cosiddetti tubuli fittili cavi.
Al fine di eliminare l’umidità dalle pareti soggette ad infiltrazioni d’acqua (che avrebbe pregiudicato sia la fruibilità degli spazi sia la conservazione delle finiture decorative) sin dalla tarda repubblica si impiegano elementi lastriformi dotati di sporgenze (in forma di protuberanze simili a delle mammelle, da cui deriva il nome di mammatae) in corrispondenza o in prossimità degli angoli; tali elementi, collocati verticalmente di costa l’uno sull’altro in posizione avanzata rispetto alle pareti murarie da bonificare, consentono di creare una intercapedine cava (in genere di 4-5 cm) fra il muro portante e le superfici di intradosso delle tegulae mammatae.
Bocche d’aria, adeguatamente predisposte in basso e nella parte alta della parete cava, assicurano l’attivazione di movimenti d’aria e, conseguentemente, l’eliminazione (o quantomeno la riduzione) dell’umidità delle pareti esposte a settentrione o di quelle contro terra. La particolare soluzione costruttiva a camera d’aria impedendo, in ogni caso, all’umidità di raggiungere la parete più interna formata dalle tegole mammatae consente a quest’ultima di ricevere intonaci e decorazioni senza pericolo di un loro deterioramento.
Vitruvio, nel capitolo del De Architectura dedicato all’isolamento dei rivestimenti parietali in ambienti umidi, svolge un’accurata e precisa trattazione del procedimento costruttivo:
«Sin autem locus non patietur structuram fieri, canales fiant et nares exeant ad locum patentem. Deinde tegulae bipedales exuna parte supra marginem canalis inponantur, ex altera parte bessalibus laterculi pilae substruantur, in quibus duarum tegurlarum anguli sedere possint, et ita a pariete eae distent ut ne plus pateant palmum. Deinde insuper erectae hamatae tegulae ab imo ad summum ad parietem figantur, quarum interiores partes curiosius picentur ab se respuant liquorem. Item in imo et in summo supra cameram habeant spiramenta.»
Tipi di tegulae mammatae per la formazione di pareti areate.
«Ma se lo spazio non consentirà la realizzazione di un secondo muro, si costruiranno canali con gli sbocchi all’aria aperta. Quindi da un lato verranno collocate sull’orlo del canale tegole di due piedi, dall’altro lato verrà costruita una base di pilastri fatti con mattoni di otto pollici, sui quali possano poggiare gli angoli di due tegole, e queste siano ad una distanza di non più di un palmo dal muro. Poi al di sopra verranno poste verticalmente tegole uncinate fissate al muro dal fondo alla cima, le cui parti interne saranno spalmate di pece con molta cura, in modo da respingere l’umidità. Dovranno inoltre essere dotate di aperture in basso e in alto al di sopra della volta.»
Ambienti con pareti ad intercapedine che impiegano tegulae mammatae a fini di difesa nei confronti dell’umidità, sono attestati nella casa del Fauno a Pompei (dove una stanza fra l’atrio e il peristilio è tutta ”placcata” con tegole marginate – utilizzando il risvolto laterale delle stesse per effettuare il distacco), nella Casa di Livia e nella Domus di Tiberio sul Palatino, in varie case di Ostia.
Terme Stabiane a Pompei.
A Sirmione nelle Grotte di Catullo sono, invece, stati rinvenuti mattoni di grandi dimensioni – nella tradizione della regione Cisalpina – ridotti nel loro spessore preoccupandosi di lasciare delle sporgenze in prossimità degli angoli e nel mezzo, adeguate ad effettuare il distacco rispetto alle pareti umide da bonificare.
L’evoluzione del sistema di riscaldamento degli ambienti nell’architettura romana produce – a partire dal I sec. a. C. – una specializzazione morfologica degli elementi in laterizio finalizzati alla realizzazione di pareti cave per il passaggio di aria calda.
Se lungo tutta la fase arcaica e repubblicana le abitazioni romane sono solo parzialmente riscaldate nei periodi invernali attraverso focolari e bracieri trasportabili alla bisogna nei vari ambienti, a partire dalla tarda fase repubblicana si registra l’innovazione del riscaldamento alimentato da grandi focolari predisposti allo scopo.
Articolo tratto dal libro STILE LATERIZIO II - I laterizi cotti fra Cisalpina e Roma - Capitolo 5