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Superbonus: se i lavori non vengono terminati, l'impresa cosa deve risarcire?

Se l'impresa edile non termina i lavori di un cantiere Superbonus, deve restituire le somme percepite per la commessa ma non necessariamente risarcire il committente della mancata agevolazione: questo tipo di rimborso dipende dalla dimostrazione del nesso causale tra l'inadempimento dell'impresa e l'impossibilità di affidare ad un altra i lavori agevolabili con Superbonus.

Il tema è piuttosto scottante: l'impresa edile che non riesce a finire i lavori di un cantiere Superbonus in tempo, deve risarcire al committente le somme percepite per i lavori e anche pagare un risarcimento per la mancata agevolazione? Come si sbroglia la matassa?

Una recente sentenza del Tribunale di Padova 2266/2023 segue quella del Tribunale di Frosinone, approfondita su Ingenio, nella quale i giudici avevano stabilito che se si commissionano dei lavori edilizi 'passibili' di Superbonus ma l'impresa edile, a causa di ritardi sul piano, fa perdere l'accesso all'incentivo, il privato committente ha diritto ad un rimborso.

Come vedremo, i casi sono diversi e i giudici, infatti, sono arrivati a conclusioni diverse, portandoci a sostenere che bisogna sempre valutare caso per caso i dettagli dell'accaduto (e del contenzioso).

 

Lavori edilizi in cantiere Superbonus non conclusi: cosa succede

Nel caso più recente, l'impresa edile aveva stipulato con il committente un contratto per eseguire dei lavori edilizi agevolabili col Superbonus, ma non è riuscita a concludere gli stessi nei tempi previsti.

C'è quindi stata una denuncia, da parte del committente, per 'grave inadempimento' da parte dell'impresa, che, a detta del committente stesso, avrebbe avuto come conseguenza la perdita della maxi agevolazione.

E' stato quindi chiesto:

  • la risoluzione del contratto;
  • la restituzione delle somme versate oper l'esecuzione dei lavori non conclusi;
  • il risarcimento per la perdita dell'agevolazione Superbonus.

 

Lavori Superbonus incompleti: ok alla restituzione delle somme, ma no al risarcimento per mancata fruizione del bonus. Perchè?

Il Tribunale di Padova ha dato ragione al committente per quanto riguarda la restituzione dei corrispettivi, stante le opere mai eseguite, ma non in merito al risarcimento per Superbonus non goduto.

Secondo i giudici patavini, infatti, il committente avrebbe avuto il tempo per rivolgersi a un'altra impresa edile per realizzare i lavori e beneficiare del Superbonus, viste anche le molteplici proroghe succedutesi nel tempo.

Quindi il fulcro della questione sta nella dimostrazione di un nesso causale - da parte del committente - tra l'inadempimento della prima impresa edile e il non riuscire a 'ingaggiare' un'altra impresa per la realizzazione dei lavori.

Solo con questo collegamento, la prima impresa sarebbe stata considerata colpevole per la mancata fruizione del Superbonus da parte del committente, che però non ha provato il nesso.

 

Perdita del Superbonus e risarcimento dell'impresa: il caso di Frosinone. E' sempre il committente a dover dimostrare

Nel caso precedente i fatti erano leggermente diversi: il contratto d'appalto tra committente e impresa prevedeva una data di consegna dei lavori non solo non rispettata, ma neppure 'iniziata', visto che il canrtiere non si era mai attivato.

Nello specifico, ha osservato il Tribunale, "occorre evidenziare che, se è vero che la condotta della resistente ha cagionato la decadenza dall'agevolazione prevista dalla legge per i lavori appaltati, considerato il mancato rispetto della scadenza del 30.9.2022 per l'ultimazione del 30% dei lavori, è altresì vero che il ricorrente non perdeva ogni possibilità di presentare una nuova pratica edilizia usufruendo di correlativi benefici fiscali".

E' vero che il Superbonus 90% nel 2023 non è per tutti (servono precisi criteri reddituali, in primis un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro annui, ma anche che l'immobile sia destinato ad abitazione principale - DL 176/2022), ma "il ricorrente non ha fornito elementi, in particolare sulla propria situazione reddituale, che consentano di escludere la possibilità di accesso a siffatta ridotta agevolazione per un'eventuale nuova pratica di intervento".

In rigoroso ossequio ai principi riguardanti l'onere della prova nei giudizi di risarcimento del danno, quindi, il danno è da liquidare nella misura del 10% dell'importo dei lavori appaltati, quale percentuale "minima" del beneficio fiscale andata perduta a causa del verificarsi dell'inadempienza.

Quindi è sempre il ricorrente che deve 'provare' il nesso causale tra l'inadempimento dell'impresa e l'impossibilità di poter fruire del beneficio, anche se il rischio, per l'impresa, soprattutto per lavori eseguiti - e non ultimati - in corrispondenza di scadenze definitive, è di dover risarcire anche il mancato Superbonus.


AL MOMENTO IL TESTO DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PADOVA NON E' DISPONIBILE. NON APPENA SARA' PUBBLICATA LA CONDIVIDEREMO SU INGENIO.

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