Terremoto nel Centro Italia: appunti dai sopraluoghi di un ingegnere
Terremoto nel Centro Italia: appunti dai sopraluoghi di un ingegnere
Articolo pubblicato il 27/03/2017
Breve sintesi della esperienza di un tecnico agibilitatore nelle Marche e nel Lazio
Il sisma che pochi mesi fa ha colpito il cuore dell’Italia ha confermato ancora una volta che una progettazione fatta da tecnici competenti, la qualità dei materiali ed una posa in opera a regola d’arte sono requisiti fondamentali, dai quali una buona attività edificatoria non può e non deve prescindere.
Lo scenario di danno in Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo ha fatto registrare perdite patrimoniali storiche per il nostro paese e, molto probabilmente, quello che trapela non è ancora un quadro chiaro e ben definito dello sforzo economico necessario per riportare tutto alla normalità. Sempre che una normalità in quelle zone si possa riavere!
E’ noto ai più che l’Italia è una nazione con un patrimonio immobiliare dall’enorme valore storico-architettonico ed è anche palese che la sequenza sismica che ha interessato l’Italia centrale è stata caratterizzata da scosse tra le più potenti dell’epoca moderna.
Dai numerosi sopralluoghi che ho avuto la possibilità di eseguire, prima nel Maceratese e poi nel Reatino, è risultato evidente che il danneggiamento ha interessato prevalentemente edifici in muratura obsoleti, realizzati con tecniche ormai superate e con materiali e tessiture murarie scadenti.
Nella quasi totalità dei casi il quadro fessurativo è risultato riconducibile ad una cattiva qualità dei paramenti murari (realizzati con elementi in pietra irregolare e legante di bassa qualità), sicuramente aggravata dalla scarsa o inesistente manutenzione periodica.
Non si fa riferimento a crolli oppure a danni rilevati sulle chiese o edifici di culto in genere, i quali, come è risaputo, sono caratterizzati da luci e snellezze molto importanti e quindi da elevata flessibilità, bensì al danno registrato su edifici ad uso residenziale o rurale realizzati diversi decenni fa.
Ovviamente si parla di fabbricati vecchi, che sono stati pensati e realizzati in un’epoca diversa e con conoscenze ingegneristiche limitate. Pertanto non sarebbe corretto considerarli come edifici mal costruiti ma vanno semplicemente contestualizzati agli anni in cui sono stati fabbricati.
Spesso, secondo l’opinione pubblica, quando si manifestano eventi calamitosi, nella gerarchia delle responsabilità i primi due posti sono occupati rispettivamente dalle istituzioni e dai tecnici.
Ahimè, non posso che confermare. Infatti è molto frequente imbattersi in edifici gravemente danneggiati in cui la causa principale del dissesto sono gli sconsiderati interventi edilizi eseguiti durante la vita utile del fabbricato.
Non è affatto raro periziare edifici in cui la struttura muraria sia stata completamente “tritata” da sproporzionati cordoli di collegamento in c.a., da coperture in laterocemento imposte da questo o quel decreto post-sima poggiate su setti murari già fatiscenti o, cosa ancora più grave, da scellerate sopraelevazioni.
Ben diverso è invece il discorso per gli edifici costruiti in epoca più moderna, siano essi in muratura o intelaiati.
Si può dire che gli edifici progettati e realizzati con criteri più recenti hanno risposto in maniera egregia alla sollecitazione sismica, tanto da far registrare in alcuni casi un danneggiamento pressoché nullo, sia sugli elementi strutturali che non strutturali.
E’ evidente quindi che una progettazione ragionata e razionale ed una fabbricazione secondo le perfette regole dell’arte e nel rispetto delle norme sono sempre premianti.
Ovviamente non è possibile generalizzare e va tenuto in conto che ogni struttura è un discorso a se stante e quindi va indagata con cura e senza pregiudizi. E’ lecito però affermare che ci sono fattori intrinseci alla struttura che possono fornire un’idea preliminare delle condizioni in cui versa il fabbricato e che diventano fondamentali durante un sopralluogo basato solamente su un’ispezione visiva.
Non è possibile generalizzare, proprio per rafforzare il concetto, anche a causa degli effetti in sito e della caratterizzazione degli strati superficiali del terreno, in quanto è nota l’importanza che tali parametri rivestono nell’amplificazione dell’onda sismica.
Quanto detto finora trova un minor riscontro pratico nelle zone epicentrali; zone dove l’azione del terremoto ha evidenziato anche il minimo difetto strutturale generando effetti davvero devastanti e dove anche le attuali normative hanno mostrato enormi limiti in termini di quantificazione dell’azione sismica.
Non è mio compito e non rientra nella mie competenze sbilanciarmi sul cosa si dovrebbe o non si dovrebbe fare nel prossimo futuro per migliorare l’approccio ingegneristico, su quali siano le manovre da adottare per la gestione dell’emergenza post-sismica o su quali azioni intraprendere per evitare lo spopolamento dei centri urbani; ho voluto semplicemente raccontare tecnicamente la mia esperienza umana e professionale in quelle terre e tra quella gente che tanto mi ha insegnato; in quelle terre dove, insieme alla paura, regna sovrana la dignità e la voglia di andare avanti.