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QUESTA EUROPA NON È A MISURA DEI PROFESSIONISTI ITALIANI

“Da Maastricht e Lisbona: com’è cambiata la vita dell’architetto?”: il libro di Matteo Capuani fonte del dibattito
 
È giusto pensare che l’Italia non sia in grado di recepire appieno le direttive e i finanziamenti europei? Il mercato comunitario ha davvero consentito ai professionisti del nostro Paese di adeguarsi agiatamente? Il cambiamento epocale che sta investendo la società può essere orientato o è incontrollabile?

Sono questi alcuni interrogativi che possono dare risposta alle problematiche che in questi anni sta attraversando una categoria indispensabile per il tessuto produttivo dell'Italia, i professionisti: architetti, ingegneri, geometri, commercialisti, agronomi. Anche a Catania si è aperto un dibattito su questi temi, promosso dall’Ordine etneo degli Architetti che ha invitato altre classi professionali della città ad una «conversazione a più voci» ha affermato il suo presidente Giuseppe Scannella.

«Il confronto – ha spiegato – prende spunto dal libro appena edito di Matteo Capuani, già componente del nostro Consiglio nazionale. Il suo scritto ripercorre il processo politico, storico ed economico che dal 1992 al 2007 ha portato l'Europa alla firma dei Trattati di Maastricht e Lisbona, che rappresentano il passaggio dalla Comunità economica europea all'Unione come soggetto politico. Il libro – ha continuato Scannella – è l'analisi profonda di un architetto che cerca di comprendere le cause del cambiamento della professione e prova a cercare prospettive future, nelle quali tutti confidiamo per i cambiamenti radicali prospettati negli ultimi anni».

Ed è lo stesso autore, presente all'incontro che si è svolto ieri (18 marzo) nella sede degli Architetti, a dare una “scossa” al dibattito: «Bisogna sfatare la concezione che l'Italia non sia in grado di sfruttare le opportunità economiche dell'Europa - ha affermato Capuani - il sistema italiano è complesso e l'Europa deve comprendere le sue dinamiche. Nel caso dei lavori pubblici, ad esempio, il modello nord-europeo che si sta affermando, a mio parere non soltanto porta al ribasso, ma predilige che gli appalti siano affidati alle grandi aggregazioni di professionisti. In Italia invece prevale nettamente la presenza di professionisti singoli o di studi con pochi soci. Come è possibile quindi competere? Questo modello d'Europa non è a misura degli architetti italiani, né dei processi sui cui abbiamo costruito la nostra professione». Per Capuani dunque è necessario partecipare alla formazione delle direttive europee, anche perché le nostre generazioni hanno dalla loro parte le tecnologie digitali: «A differenza della rivoluzione industriale – ha continuato l’autore – che portava i lavoratori nelle fabbriche, oggi sono i servizi a raggiungere direttamente le persone. Con Internet è possibile paradossalmente vivere in un eremo ma lavorare contemporaneamente per la collettività globale».

In questo scenario qual è quindi il futuro degli architetti e degli altri professionisti della penisola? «Oggi non siamo più solo progettisti di oggetti e case ma siamo chiamati a ridisegnare le interfacce, le città virtuali, i processi sui quali le società si stanno riconfigurando» ha concluso Capuani.

Al dibattito, moderato dall'arch. Filippo Nasca, hanno partecipato anche i presidenti degli Ordini catanesi degli Agronomi e dei Commercialisti, rispettivamente Corrado Vigo e Sebastiano Truglio – il quale ha affermato che «l’attuale evoluzione dello scenario europeo porta le professioni intellettuali ad affrontare problematiche comuni ma allo stesso tempo delinea anche nuove opportunità per tutti» - e il consigliere degli Ingegneri Giuseppe Marano.


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