Appalti Pubblici
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Sistema degli appalti pubblici: tra “modello Genova” e Paese reale

Le riflessioni di Giovanni Cardinale sul codice dei contratti e sul modello Genova

Il tema della cosiddetta “fase2”, legata all’attuale emergenza sanitaria, è popolato da varie suggestioni tra cui moltissime dedicate al futuro del Codice Appalti e del nuovo Regolamento in via di emanazione. Ovviamente non è una narrazione fine a sé stessa ma, al contrario, ogni autorevole interlocutore, tra cui i recenti interventi su questa testata, ha esaminato la questione nell’ottica di un contributo alla ripresa economica e sociale che guarda oltre quella fase e che non potrà avvenire senza una ripresa dell’intervento pubblico in tema di infrastrutture ed opere pubbliche in generale.

 

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Codice degli Appalti: Puntare su norme "sartoriali"

Un brevissimo richiamo ad una storia recente mi è utile a svolgere le riflessioni che seguono.

Nel 2014 la Direttiva Comunitaria disegna le regole europee per gli appalti di opere, forniture e servizi; il Governo Italiano recepisce la direttiva in una legge delega che, se pure più corposa di quella di altri stati membri, introduce indirizzi significativi ed anche molto condivisibili (condivisi anche dal CNI).

Si fa strada anche l’idea di un corpo normativo chiaro e non interpretabile nella sua cogenza, snello nel suo articolato, che demandi gli aspetti di dettaglio ad una soft law più aderente, per la sua intrinseca natura, alla numerosa casistica del tema; infiniti dibattiti e discussioni su “ regolamento si, regolamento no, se si, come, se no, cos’altro…”; sulla eccessiva lunghezza del regolamento vigente, sui futuri meccanismi sostitutivi ecc..

Ricordo di aver detto in una sede autorevole che per parte mia, in questo caso, come in altri casi (es. la circolare esplicativa delle NTC) il dibattito sulla lunghezza non era stimolante, mentre lo era molto di più che fosse chiara la natura ed il limite di cogenza della soft law (Regolamento, Linee Guida o altro) che, sempre a mio giudizio, dovevano essere esclusivamente confinati negli obblighi del contratto se ed in quanto richiamati; benvenuta quindi una soft law pure lunghissima, un manuale delle buone pratiche, pieno di esempi e casi di studio, utile alla PA, soprattutto, per cucire il vestito contrattuale su misura dell’opera da costruire.

Ecco un primo concetto che, se utilizzato anche nel nuovo Regolamento, potrebbe avere contenuti di semplificazione rilevanti: un atteggiamento “sartoriale”, calato nella realtà di quell’opera in quel contesto; è il RUP che decide i contenuti minimi del progetto, i livelli di approfondimento, altro che elaborati imposti per legge a tutti nello stesso modo per qualsiasi opera, senza fattori di scala!

Anche il Codice, infatti, non sfugge alla abitudine della gran parte delle nostre leggi che trattano materie comunque tecniche di normare con una sola voce l’infinita casistica degli appalti, dettando regole stringenti con una matrice comune tanto per la scuola materna di due sezioni che per il palazzo della Regione.

 

Il Modello Genova nasce dalla deroga del Codice degli Appalti ?

Purtroppo il finale della storia non è stato quello sperato.

La realtà attuale ha dunque un peccato originale che oggi risalta ancora di più agli occhi di tutti nel momento in cui l’Italia celebra, anche giustamente, il suo capolavoro gestionale, l’eccellenza degli attori del processo costruttivo , ed esalta quel “modello Genova” che nasce sul presupposto di aver potuto derogare al Codice degli Appalti.

Fatto salvo che poi il cuore del “modello Genova” non viene sempre adeguatamente sottolineato né nelle analisi di chi lo sostiene con forza, né in quelle di chi lo contesta, né, infine, in quelle di chi, come il Ministro De Michelis , lo esalta ma dice che non è replicabile per la specificità dell’opera e quindi non è utile a disegnare le misure necessarie all’accelerazione dei processi ed alla ripresa economica e sociale del settore delle costruzioni. Cosa che invece, secondo Lei, si otterrà con l’ennesima modifica a macchia di leopardo di qualche articolo.

La mia personale visione della parte positiva del “modello Genova”, astraendomi per un attimo dalle infinite polemiche che lo hanno accompagnato dalla paternità del progetto, alle scelte architettoniche, alla gara d’appalto, dalla possibilità di deroga ad una serie di norme, di disposizioni o anche solo di indirizzi (come quelli dati dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici), sta nelle parole del Sindaco Bucci, Commissario dell’opera, che in una intervista di qualche tempo fa al quotidiano Il Sole 24 ore esprimeva con chiarezza questi semplici concetti :

  • Avere un obiettivo puntuale e condiviso
  • Avere un allineamento di tutte le amministrazioni coinvolte sull’obiettivo (inteso soprattutto come costi e tempi)
  • Lavorare in parallelo : non saltare i passaggi mandare avanti insieme più attività
  • Tempi contingentati per le commissioni di gara e per ogni atto autorizzativo - “best option” – “best planning” : durante il processo il punto di riferimento è sempre la “best option” rispetto all’obiettivo di partenza; ogni volta che la realtà introduce una novità si aggiorna il “planning” scegliendo sempre tra le soluzioni possibili quella più vicina all’obiettivo
  • Importanza della gestione commissariale e della sua squadra operativa
  • Gestione manageriale con “spacchettamento” delle forniture e dei servizi e forte regia centrale
  • Assunzione di responsabilità ed eliminazione dei vincoli
  • “Non serve scudo penale ma deroga alla burocrazia” (Commissario Bucci)

Ecco dunque che su questo argomento dissento dal parere del Ministro perché tutto questo non solo è replicabile ma, aggiungo, dovrebbe essere replicato, dovrebbe essere il protocollo operativo imposto per legge ad ogni opera pubblica, piccola o grande che sia.

Senza questo quadro di riferimento ogni ulteriore modifica ad un codice già modificato senza un quadro organico molte, troppe volte, non sono affatto fiducioso che possa esserci né accelerazione, né semplificazione.

Del resto il prof. Cancrini, nell’intervista pubblicata da questa testata, molto opportunamente dice : “… La sensazione è che nel nostro Paese si dia molto peso alla fase della gara e il Codice stesso in qualche misura ne è responsabile. È diffusa l’idea che tutti i problemi si risolvano scegliendo l’impresa o l’affidatario dell’incarico di progettazione, in realtà quella è una faccia della medaglia, ma è evidente che il tema più rilevante è la realizzazione l’opera

Già, perché è importante la centralità del progetto, che la legge delega evocava molto opportunamente, ma solo sé è centro ideale dell’intero processo e della consapevolezza che l’opera è il solo scopo del processo stesso.

Allo stato delle cose, invece, c’è solo una “virtuale” centralità del progetto, che sembra più un contentino alle organizzazioni professionali, declinata com’è, nei fatti, più come indirizzo dell’unico colpevole che come esaltazione dell’importanza del momento concettuale.

Quando il Presidente Zambrano dice “ogni opera un commissario”, non lo fa per una replica sic et simpliciter del modello Genova, ma solo per richiamare l’attenzione della politica su quali siano i veri ostacoli alla realizzazione dell’opera.

 

Il futuro codice dei contratti: riformarlo o abbandonarlo ?

E’ molto interessante l’attuale dibattito intorno al futuro del codice : riformarlo o abbandonarlo, come fatto a Genova, dove il riferimento è l’art. 32 (procedura negoziata senza pubblicazione) della Direttiva comunitaria.

L’idea di abbandonarlo e di riscrivere tutto completamente è forte ed anche, per certi versi, certamente opportuna e forse necessaria; anche perchè, come ha scritto su questa testata il prof. Ermete Dalprato….quando una norma non è compresa, quando non ne è condivisa la sua utilità e finalità, quando non fa parte del bagaglio culturale degli operatori, quando è sentita come un inutile fardello, la sua applicazione è subìta e non porta esiti favorevoli….”.

Questo però non può riguardare questa fase per cui oggi, “abbandonare il Codice” è prima di tutto l’espressione più forte del disagio per una normativa incompleta, confusa e diabolica, per certi versi, che mescola norme cogenti, decreti ministeriali in attuazione delle stesse e “Linee Guida” che, per la specificità del soggetto che le ha emanate (un’Autorità contro la corruzione!) nella prassi operativa delle infinite piccole e gran di stazioni appaltanti hanno finito per avere una cogenza superiore al loro intento ed allo stesso codice.

Il rinvio alla Direttiva, magari proiettato in un arco di tempo limitato in cui il codice è “sospeso”, potrebbe davvero essere una ipotesi stimolante ma certo non risolutiva; il tema del “sotto soglia” non è infatti normato dalla direttiva e, quindi, è comunque necessaria una normativa nazionale che copra questo spazio che, ricordiamolo bene, è lo spazio frequentato dalla stragrande maggioranza dei contratti pubblici di lavori e servizi.

Su questo il CNI e la RPT hanno già fatto molte proposte su cui quindi non torno e ben vengano gli aiuti ed i chiarimenti del nuovo Regolamento che avrà comunque il positivo effetto di togliere di mezzo l’incompiuto processo di decreti e linee guida.

Pongo solo il problema che nella prassi dell’affidamento dei lavori e servizi con affidamento diretto (40 k€ per i servizi) possono leggersi tutti gli aspetti di maggiore negatività del processo:

  • Timore dei RUP a procedere all’affidamento diretto pur in presenza di una chiara indicazione di ANAC
  • Scelta di una procedura comunque competitiva basata su documentazione a base di gara molto approssimativa, quando non errata, che sfugge al controllo degli Osservatori
  • Affidamento al prezzo più basso

Alzare la soglia, come da più parti autorevolmente si sostiene, senza modificare queste negatività, finirà per aggravare il problema anziché risolverlo.

 

Il cambiamento passa attraverso passaggi che sono prima di tutto culturali e politici

Riscoprire l’importanza del fine ultimo del processo : la costruzione; dare valore al tempo in cui una esigenza sociale (avere una strada, una fognatura, una scuola,…) deve essere risolta; capire che le attività complesse richiedono capacità gestionali (best option-best planning).

Questo, ritengo, è il passaggio fondamentale se si vuole davvero risolvere il problema e non fare un ulteriore intervento privo di organicità e prospettive che non andrà oltre il tempo della comunicazione virtuale, dei consensi compiacenti e degli inutili “like” che può ottenere.-

E’ un passaggio che si può fare a legislazione vigente dando al termine “gestione commissariale” non il solito significato di una deroga generalizzata, su cui poi prevale la polemica politica, strumentale e tattica, ma quello di una managerialità politica e tecnica, di un impegno programmato al rispetto di tempi e costi, nella flessibilità che si impone ad ogni processo edilizio che traguardi con forza il completamento dell’opera ed il soddisfacimento di un’esigenza sociale.

 

Codice e Regolamento degli appalti: la qualità di una norma non si misura in termini di lunghezza

Il CNI ha raccolto la sfida del nuovo Regolamento cercando di organizzare ed unire le varie voci della filiera; un compito di quelli che fanno tremare i polsi.

Il giudizio su questo lavoro non può essere misurato dalla lunghezza del testo ma solo, ovviamente a mio personale giudizio, su quanto esso sarà messo in condizione di essere veramente soft law, di non sovrapporre disposizioni a disposizioni, con l’intento di chiarire ma con il risultato di appesantire.

Il giudizio vero lo determinerà la sua capacità di essere aiuto e non ulteriore ostacolo alla PA , di disegnare buone pratiche applicabili che mettano al centro l’opera ed i tempi della sua costruzione nel rispetto della qualità voluta.

Gli spunti utili a progettare una fase 2 che abbia però chiara l’urgenza e la necessità di rimettere mano all’intero apparato non mancano e possono trovare in questa emergenza una loro sperimentazione che utilizzi tutto ciò che il quadro legislativo europeo ci offre incluso il recente documento della Commissione Europea “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi COVID – 19” (GUE - 2020/C 108 I/01).

La conferenza di servizi, per esempio, potrebbe non essere uno strumento posto al termine del processo, con il rischio concreto che le inevitabili divergenze su un progetto costringano a “stop and go” interminabili; potrebbe riunirsi anch’essa in corso d’opera con steps parziali che rendano la fase dell’approvazione finale solo una formalità già adempiuta, nel merito, nei passaggi precedenti.

Un esempio virtuoso? Al Consiglio Superiore dei Lavori, spesso, Commissione redattrice di un provvedimento e Commissione relatrice, senza sovrapposizioni di ruoli ed indebite interferenze, lavorano insieme e giungono, in tempi più brevi, ad un prodotto condiviso.

Non potrà poi esserci accelerazione senza una revisione del contenzioso; forse si potrebbe pensare all’introduzione del principio che il contenzioso non può bloccare un iter di aggiudicazione di lavori e/o servizi, quando le procedure siano state correttamente eseguite sul piano formale e che i ricorsi, in sede civile, si dovranno svolgere senza impatti sull’opera, producendo gli stessi solo eventuali forme di risarcimento economico.

Coniugare ripresa economica e lavoro è fondamentale anche per i servizi di ingegneria ed architettura e per una attenzione ai giovani, ma anche alle piccole e medie strutture professionali tipiche della realtà italiana, che sia concreta e non demagogica; ecco allora, per esempio, nei concorsi di idee, a partecipazione aperta o ristretta, il bando indica i requisiti che però non devono appartenere subito al soggetto che partecipa, ma solo al soggetto aggiudicatario che, entro un tempo prefissato dalla comunicazione di aggiudicazione provvisoria, presenta un gruppo che abbia i requisiti contenuti nel bando.

Una nuova dialettica tra attori del processo edilizio e tra le varie fasi dello stesso, si impone per un vero esercizio del principio di responsabilità.

Continuare a pensare che il progetto sia un luogo compiuto dove tutto si completa in forma chiusa e che la costruzione sia un processo separato, se non addirittura antagonista del progetto perché basato tutto sulla dialettica negativa “hai detto…hai sbagliato…non hai detto..” continuerà a facilitare il gioco “trova il colpevole” e a celebrare ogni giorni di più “Genova” come il miraggio di un’isola felice cui potremo approdare solo in occasione della prossima emergenza tragica o no che sia.

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