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Il rischio sismico in ambito industriale: tra ingegneria e sicurezza sul lavoro

In questo articolo un approfondimento dedicato al tema della sicurezza strutturale in ambito industriale

Il tema trattato in questo contributo riguarda il tema sicurezza strutturale in ambito industriale che si è evoluto anche nell’approccio negli ultimi anni, più precisamente dal 2012, quando il mondo industriale si è sensibilizzato sull’argomento dopo i terremoti che hanno colpito l’Emilia-Romagna.

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La modalità stessa con cui i movimenti tellurici si presentarono comportò una – definiamola -  colpevolizzazione dei datori di lavoro. Ad un primo grave evento ne seguì un secondo a distanza di giorni altrettanto drammatico: vi furono processi pesanti a carico di tutte le figure tecniche e imprenditoriali che avevano consentito la prosecuzione delle attività lavorative con uno sciame sismico in atto in edifici che avevano denunciato il proprio profilo di rischio sismico intrinseco.

Vi fu quindi una prima ondata di richieste di valutazioni di vulnerabilità sismica e, più in generale, di sicurezza strutturale.

In tempi successivi, in un percorso di maturazione nell’approccio al problema, il tema è stato più chiaramente profilato come valutazione del rischio sismico, inteso come elemento emergente dal confronto dei tre parametri che lo determinano: pericolosità, vulnerabilità, esposizione. Il rischio sismico è quindi entrato al pari degli altri indici di rischio, come elemento di valutazione nel DVR aziendale.

I riferimenti normativi in materia di sicurezza degli edifici 

Per quanto riguarda la sicurezza degli edifici la normativa vigente è oggi il Decreto ministeriale delle infrastrutture 17/01/2018 “Nuove Norme tecniche per le costruzioni” che insieme a tutte le disposizioni che l’hanno preceduto fanno riferimento a due leggi Quadro, tuttora vigenti: Legge n. 1086/1971 relativa alla disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica e la Legge n. 64/1974 che detta le prescrizioni per le costruzioni nelle zone sismiche.

La classificazione sismica ha avuto nell’ultimo secolo un’evoluzione a macchia di leopardo, in quanto per molti decenni le zone sismiche erano abbastanza circostanziate e gran parte dell’Italia non era presa in considerazione.

Nel 2003 con l’Ordinanza 3274 c’è stata la svolta con la divisione dell’Italia in quattro zone sismiche. Nel 2006 con l’Ordinanza n. 3519 a ciascuna località è stata assegnata una “accelerazione di sito” con parametri ben più precisi. Attualmente la ripartizione dell’Italia in zone sismiche ha un carattere puramente amministrativo, in quanto l’appartenenza ad una zona piuttosto che ad un’altra determina obblighi di presentazione di pratiche amministrative differenti. Su tutto il territorio nazionale vige comunque l’obbligo di progettazione antisismica.

Per quanto riguarda il miglioramento e l’adeguamento sismico degli edifici industriali esistenti, il riferimento delle NTC 2018, è nel capitolo 8 nelle regole dedicate al tema, disciplinando le tipologie di interventi e le modalità di calcolo. Il capitolo 8 prevede oggi, che la “Valutazione della sicurezza” dell’edificio si debba fare in determinati casi specifici: quando vi sono stati degli errori di progettazione o costruzione, quando accade un evento che ne modifica l’assetto, in caso di cambio di destinazione d’uso che ne modifica i carichi e ogni qual volta vi sono degli interventi strutturali significativi. In quest’ultimo caso, il progettista dovrà esplicitare in un’apposita relazione, i livelli di sicurezza precedenti all’interventi e quelli successivi. Ovviamente vale il principio, che ogni qual volta vengono eseguiti interventi su un edificio esistente, questi devono avere un carattere di “miglioramento della sicurezza”.

Gli interventi vengono classificati in: “Interventi di riparazione locali” che interessano singoli elementi strutturali; “interventi di miglioramento” atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente senza necessariamente raggiungere i livelli di sicurezza richiesti per un edificio di nuova realizzazione e “interventi di adeguamento” che sono finalizzati a portare la sicurezza dell’edificio ai parametri richiesti per un nuovo edificio. Vi sono dei casi in cui gli “interventi di adeguamento” della costruzione sono obbligatori: ciò avviene tutte le volte in cui si voglia sopraelevare la costruzione, ampliarla mediante opere ad essa connessa tale da alterarne la risposta, apportare variazioni di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali verticali, interventi strutturali volti a trasformare la costruzione con un insieme di opere che porteranno ad un organismo edilizio diverso, apportare modifiche di classe d’uso che conducono a costruzioni di classe III ad uso scolastico o di classe IV.

Rischio sismico nei luoghi di lavoro

Il rischio sismico rientra tra i rischi da monitorare per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e la sua valutazione è da ritenersi obbligatoria con il D.Lgs. n. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza sul lavoro), il quale ha imposto di integrare il piano di sicurezza aziendale al possibile scenario sismico che può interessare il luogo di lavoro.

Si definisce rischio sismico la misura dei danni attesi in un intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e quantità dei beni esposti). Il rischio sismico è funzione di tre fattori: pericolosità P, vulnerabilità V ed esposizione E:

R = f (P, V, E)

La pericolosità sismica o sismicità del luogo “P” rappresenta la probabilità che si verifichino terremoti di una data entità, in una data zona ed in un prefissato intervallo di tempo. Il valore da attribuire a “P” deve tenere conto delle caratteristiche sismogenetiche del territorio e delle amplificazioni locali (tipo di terreno di fondazione, categoria topografica del sito dove è ubicata la costruzione).

La vulnerabilità sismica “V” misura la propensione di una costruzione a subire danni per effetto di un sisma di prefissata entità. In altri termini misura l’incapacità, originaria e/o causata dal degrado, di resistere ad azioni sismiche. Oltre alle caratteristiche strutturali, il valore di “V” deve tener conto degli elementi non strutturali presenti nella costruzione (scaffalature, impianti, ecc.).

L’esposizione “E” rappresenta l’insieme di vite umane e beni materiali che possono andare perduti per effetto del sisma. L’esposizione “E” è il parametro che nella valutazione del rischio sismico di una struttura tiene conto della salvaguardia della vita umana: la sua definizione è pertanto molto importante e richiede di individuare il numero delle persone che usualmente frequentano il luogo di lavoro, oltre che la loro familiarità con gli spazi e la loro conoscenza del piano di emergenza aziendale.

gbc-logo-2019.jpgArticolo pubblicato grazie alla collaborazione di GBC Italia

 CONTEC INGEGNERIA è associata a GBC Italia

Valutazione del rischio sismico

Gli attuali riferimenti normativi in materia di prevenzione sismica (NTC18 e D.Lgs. 81/08) non esplicitano una procedura pratica per la valutazione del rischio sismico. Si valuta pertanto con le modalità consolidate in letteratura, che consiste nella valutazione del rischio sismico (VdR) mediante combinazione dei fattori descritti al paragrafo precedente.

L’indice di rischio sismico verrà valutato come:

Ir = Ip x Iv x Ie

in cui “Ir” è l’indice di rischio sismico, dato dal prodotto tra:

  • “Ip” indice di pericolosità sismica del luogo dove è ubicato l’edificio oggetto della valutazione
  • “Iv” indice di vulnerabilità dell’edificio che tiene conto degli elementi strutturali e non strutturali
  • “Ie” indice di esposizione

E’ chiaro che, a fronte di un basso valore di pericolosità “P”, il valore del rischio sismico può comunque raggiungere valori significativi se i valori della vulnerabilità e/o dell’esposizione sono elevati. E’ necessario effettuare una stima motivata dei tre fattori che condizionano l’indice di rischio sismico. La stima segue criteri di semplicità e comprensibilità, e si pone l’obiettivo di garantire la completezza e l’idoneità della VdR quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di programmazione delle misure opportune per garantire nel tempo il miglioramento dei livelli di sicurezza.

Per ciascun parametro si riporteranno degli indicatori parziali di rischio, con valore ad esempio da 1 a 4, individuati sulla base delle specifiche caratteristiche attribuibili al sito, all’edificio e all’utilizzo dello stesso. Ne consegue che il valore di Ir può assumere in questo caso un valore massimo pari a 64.

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L'articolo prosegue fornendo alcune indicazioni sulle possibili azioni da intraprendere per mitigare il livello di rischio sismico dei fabbricati.

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