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Una vera pergotenda non può fungere da copertura mobile di una piscina

Tar Lazio: la copertura della piscina di quasi 700mq, ancorché mobile e ripiegabile su sé stessa, è funzionalmente e stabilmente preordinata all’utilizzo di un impianto deputato ad un uso sportivo, assicurandone la fruibilità continuativa in ogni periodo dell’anno

La copertura mobile di una piscina di un centro sportivo - di quasi 700 metri quadri - va valutata ai fini dell’utilizzo della cubatura concessa sul lotto, poiché è un intervento di “nuova costruzione” e non può assolutamente essere considerata alla stregua di una pergotenda, come attività edilizia libera.

Lo ha precisato il Tar Lazio nella sentenza 9572/2020 dello scorso 14 settembre, che si aggiunge alla vasta giurisprudenza amministrativa in materia di pergotende o presunte tali.

La copertura della piscina è una nuova costruzione

Stavolta l'oggetto del contendere nasce dalla richiesta di un permesso di costruire per la “realizzazione di un edificio adibito a spogliatoio e club house” all’interno del complesso sportivo suddetto, negato dal comune in quanto, dalla verifica della volumetria esistente, la possibilità volumetrica risulta esaurita e, dalla verifica del rapporto di copertura, risulta esaurita la possibilità di realizzare ulteriore superficie coperta.

Il comune, infatti, ai fini del calcolo per le possibilità volumetriche e di superficie coperta residue del lotto, ha considerato la piscina interrata, i campi sportivi realizzati che non concorrono alla determinazione della cubatura urbanistica né della superficie coperta e la copertura della piscina, oltre ai due spogliatoi (uno per il calcetto) e la centrale termica.

Più speficatamente, l'amministrazione ha dichiaratamente considerato la copertura della piscina come elemento da far rientrare «negli interventi di “nuova costruzione” di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), del DPR 380/2001 e s.m.i. e che la volumetria della stessa deve considerarsi a tutti gli effetti cubatura urbanistica da considerare all’interno degli indici di zona in quanto, benché amovibile, trattasi di manufatto con struttura propria e non è mai stata rimossa ma fin dalla sua realizzazione è stata utilizzata in maniera permanente, con la sola variabile dell’apertura per i mesi estivi, consentendo l’utilizzo della piscina tutto l’anno».

Copertura mobile: pergotenda o no?

Secondo il ricorrente, invece, la copertura mobile della piscina del centro sportivo non potrebbe essere valutabile ai fini dell’utilizzo della cubatura concessa sul lotto, non potendo essere qualificato quale intervento di “nuova costruzione”. Infatti, tenuto conto delle reali caratteristiche della copertura della piscina, si tratterebbe di un mero “tendone autoportante a carattere mobile, oltre che ripiegabile su sé stesso”, “avente chiara (e unica) destinazione accessoria rispetto alla funzione e alla funzionalità della sottostante piscina, in assenza della quale perderebbe ogni ragion d’essere, non essendo suscettibile di alcuna autonoma valutazione e/o utilizzo”.

A conforto di questa tesi, si evidenzia la gratuità della concessione edilizia rilasciata per la realizzazione della copertura in questione, costituendo la riprova della carenza di alcun impatto urbanistico, in quanto oggettivamente insuscettibile di aumentare il carico urbanistico della zona di interesse e, quindi, di concorrere al calcolo della relativa volumetria. La copertura a tendone in esame sarebbe quindi assoggettabile allo stesso regime della c.d. “pergotenda”, non necessitando quindi di alcun titolo abilitativo.

Peraltro la copertura della piscina, oltre a non generare alcun volume utile, non svilupperebbe nemmeno alcuna superficie coperta ai sensi degli artt. 5 e seguenti delle stesse NTA del vigente PRG del Comune, come invece erroneamente considerato con il provvedimento impugnato.

Pergotenda dal 676 metri quadri? Anche no...

Il Tar smonta tutte queste tesi, una per una, sottolineando che:

  • quanto alla copertura della piscina in questione, deve rilevarsi che, come affermato dalla giurisprudenza della Cassazione penale, la pretesa precarietà della stessa non può essere desunta dal suo carattere stagionale, ma deve ricollegarsi alla circostanza che l’opera sia intrinsecamente destinata a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e possa essere immediatamente rimossa al venir meno di tale funzione (Corte di Cassazione, sez. III penale, sent. 342 del 07/01/2019, conforme Corte di Cassazione penale 03/07/2012, n. 25669; Corte di Cassazione penale 01/10/2008, n. 37257).
  • la tenda e/o copertura realizzabile in regime di edilizia libera (in quanto tale estranea alla nozione di “costruzione”) è solo quella che assolve ad una funzione accessoria senza determinare alcun aumento del carico urbanistico, precisando che tali condizioni sono predicabili esclusivamente con riguardo a manufatti di modeste dimensioni e consistenza, aventi funzioni di mero riparo dagli agenti atmosferici. Al contrario, un siffatto regime va escluso per i manufatti che, per le apprezzabili dimensioni strutturali, per l’impatto visivo, per la loro conformazione e destinazione all’attività imprenditoriale, e per la rilevante alterazione della sagoma esterna dell’immobile, implicano una incidenza significativa sull’assetto urbanistico ed una consistente trasformazione del tessuto edilizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4472/2019).

Dalla documentazione fotografica in atti, risulta evidente che la copertura della piscina, ancorché mobile e ripiegabile su sé stessa, è funzionalmente e stabilmente preordinata all’utilizzo di un impianto deputato ad un uso sportivo, assicurandone la fruibilità continuativa in ogni periodo dell’anno.

Deve quindi escludersi che la struttura in questione abbia i caratteri della temporaneità e/o della precarietà. Le dimensioni strutturali peraltro sono rilevanti, estendendosi per una superficie pari a mq 676,57, e sviluppando una volumetria e un impatto visivo assai considerevoli, del tutto estranei alle caratteristiche tipicamente di arredo delle c.d. pergotende.

Pertanto, del tutto correttamente, tale copertura è stata considerata nel calcolo della superficie coperta così come della volumetria espressa sul lotto in cui la ricorrente ha chiesto di realizzare un ulteriore intervento edilizio.

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