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Fiscalizzazione degli abusi edilizi e accertamento di conformità: non sempre si può pagare! Sanatoria off limits

Consiglio di Stato: l'annullamento, in via di autotutela o giurisdizionale, del titolo edilizio, sfocia nella sanatoria di cui all’art. 38 dpr 380/2001 solo ove non sia stato possibile convalidarlo e non si possa effettuare la demolizione dell’opera

E' davvero molto interessante e "istruttiva", la sentenza n.8032/2020 dello scorso 15 dicembre del Consiglio di Stato che affronta il tema dell'applicabilità dell’istituto della “fiscalizzazione” degli abusi edilizi di cui all’art.38 del TU Edilizia alla DIA o SCIA, risolvendola in senso positivo.

Il caso

Un comune impugna la sentenza del TAR Reggio Calabria con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla proprietaria di un immobile vicino a quello in controversia, e conseguentemente annullato il provvedimento a firma del responsabile dell’ufficio tecnico di irrogazione della sola sanzione pecuniaria per un intervento abusivo oggetto di una DIA annullata all’esito di autonomo contenzioso.

Il giudice ha motivato la propria decisione con riferimento alla rilevata carenza di «ogni tipo di accertamento circa la possibilità di assentire i lavori in difformità rispetto al permesso a costruire (ossia l’accertamento della conformità del manufatto così come realizzato allo strumento urbanistico ed alla disciplina tecnica delle costruzioni)», nonché di «ogni qualsivoglia accertamento dell’impossibilità di demolire le parti in difformità senza pregiudizio delle parti conformi».

L’Amministrazione contesta la sentenza affermando che sarebbe errata la ricostruzione del quadro giuridico riveniente dal combinato disposto degli artt. 34 e 38 del dpr 380/2001. Nel caso di specie, infatti, si tratterebbe semplicemente della sanzione sostitutiva della demolizione cui l’Amministrazione può fare ricorso laddove non sia possibile intervenire senza pregiudizio per la parte conforme del manufatto, applicabile anche in caso di sanatoria di cui all’art.38 del dpr 380/2001. Ciò a fronte non di una “nuova costruzione”, ma di un intervento in variante rispetto a quello originario, regolarmente assentito con concessione edilizia, evidentemente previa valutazione tecnica di conformità allo strumento urbanistico.

Annullamento, illiceità, demolizione, sanzione

L'appello è infondato e va respinto.

L’ordinanza con la quale il Comune ha irrogato la sanzione pecuniaria sostitutiva consegue, dunque, all’avvenuto annullamento, con sentenza del medesimo TAR Calabria, della DIA, in variante dalla concessione edilizia, finalizzata alla realizzazione di un fabbricato a tre piani, di cui uno interrato. Secondo la difesa civica, proprio la sua natura esclusivamente sanzionatoria renderebbe inconferente la ricostruzione effettuata dal giudice di prime cure ai fini della riconosciuta tempestività del ricorso di primo grado, non essendo affatto necessaria la comunicazione individualizzata di un atto sottoposto a regime di pubblicità legale, la percezione della cui lesività non poteva essere procrastinata alla visualizzazione dello stato di avanzamento dei lavori, siccome invece accade con riferimento ad un titolo edilizio. Questo assunto non è condivisibile.

La differenza tra fiscalizzazione dell'abuso e accertamento di conformità

Palazzo Spada ricorda come i due istituti, meglio conosciuti come “fiscalizzazione dell’abuso”, il primo (art. 38), e “accertamento di conformità”, l’altro (art. 36), si diversificano completamente nei presupposti e nella finalità, potendo coincidere per gli effetti nel solo caso in cui l’Amministrazione non convalidi il titolo edilizio viziato e non sia possibile addivenire alla demolizione dell’opera.

Le differenze ontologiche tra i due istituti sono ravvisabili perfino nella diversità delle relative conseguenze economiche, stante che:

  • nel primo caso (accertamento di conformità) è previsto il pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella predeterminata dalla medesima normativa;
  • nel secondo, invece, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale (che è quanto accaduto nel caso di specie).

I presupposti della fiscalizzazione dell'abuso (art.38)

L’annullamento del titolo edilizio va a finire nella sanatoria ex art.38 TUE solo ove non sia stato possibile convalidarlo e non si possa effettuare la demolizione dell’opera. L’illiceità, pertanto, sopravviene non tanto all’avvenuta realizzazione dell’intervento, come nell’abuso edilizio “tradizionale”, ma alla caducazione del titolo che lo ha consentito.

L'istituto in questione non può trovare tuttavia applicazione in caso di utilizzo improprio della DIA (oggi SCIA) in luogo del permesso di costruire, laddove la tipologia dell’intervento imponeva l’ottenimento di un provvedimento espresso; diversamente opinando ne verrebbe indebitamente ampliato l’ambito di operatività circoscritto la rilevanza ai soli casi di vizi procedurali; la sanatoria, cioè, conseguirebbe non alla valutata impossibilità della convalida del titolo viziato, ma alla “conversione” di quello originariamente utilizzato nell’altro effettivamente necessario, sostituendosi l’Amministrazione al privato nella ricostruzione della sussistenza dei requisiti di assentibilità dell’opera.

Il normale accertamento di conformità

La vera e propria “sanatoria” scatta, quindi, solo quando e solo perché non si è potuto rimuovere il vizio che affliggeva il titolo edilizio, la cui caducazione ha reso illecito ciò che originariamente non era tale e che tuttavia si decida di mantenere in piedi.

La decisione dell’Amministrazione di non demolire il manufatto rimasto abusivo perché non è stata possibile la convalida del titolo edilizio preesistente, deve essere supportata in ogni passaggio logico da “motivata valutazione”, non essendo sufficiente fare riferimento alla impossibilità di provvedere senza pregiudizio per la parte conforme della stessa; convalida, demolizione o “fiscalizzazione” costituiscono infatti i tre possibili sbocchi del climax ascendente valutativo rimesso all’Amministrazione procedente, purché a monte il titolo edilizio annullato o annullabile sia affetto da un mero vizio “delle procedure amministrative”; ciò implica un’analisi comparativa degli interessi in gioco che di regola assorbe tale valutata impossibilità, ma non si esaurisce necessariamente nella stessa; essa, infatti, si pone a monte della decisione di “sanare” l’abuso, e non nella mera fase esecutiva dell’ingiunzione a demolire già disposta, siccome invece previsto dall’art. 34 del TUE per le ipotesi di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo edilizio.

La demolizione parziale non giustifica una sanatoria

Palazzo Spada, infine, argomenta della asserita erroneità nella valutazione (anche) del rapporto tra artt. 34 e 38 del dpr 380/2001, avendo il Tribunale ritenuto insufficiente il richiamo alla impossibilità di demolire solo una parte del manufatto, senza pregiudicare la stabilità dell’intero, contenuto nell’ordinanza impugnata.

Il Collegio ritiene che sia estranea al perimetro di operatività dell’istituto di cui all’art. 38 TUE la possibilità di “convertire” un titolo edilizio “minore”, quale la DIA/SCIA, in un provvedimento espresso, quale il permesso di costruire, laddove sia stata accertata la assentibilità dell’intervento solo con quest’ultimo.

La “motivazione adeguata” che deve sorreggere la scelta di sanatoria, una volta esclusa la convalida, è nozione più ampia rispetto alla rilevata impossibilità di demolizione solo di una parte del manufatto, che consegue ad una comparazione complessiva degli interessi in gioco.

Per contro, la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica, esula dal perimetro della norma, per l’evidente ragione che, presupponendo essa un vizio solo formale del titolo edilizio originario, l’avvenuta verifica ne costituisce un postulato di operatività, piuttosto che una conseguenza.

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF

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