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L'ascensore esterno in condominio richiede una semplice SCIA

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L'ascensore esterno che il proprietario del singolo appartamento vuole realizzare nell'edificio condominiale non necessita di permesso di costruire. E' piuttosto rilevante, il disposto della sentenza 388/2021 dello scorso 11 febbraio del Tar Lombardia, dove si evidenzia che per l'installazione basta una semplice SCIA, visto che l'impianto costituisce un mero volume tecnico che non crea un autonomo carico urbanistico.

Il comune non può bloccare i lavori perché non si tratta di una nuova costruzione e opere necessarie a rimuovere le barriere architettoniche ben possono essere realizzate in deroga alle distanze tra fabbricati previsti dai regolamenti edilizi.

 

Il caso

I proprietari di un’abitazione al terzo piano fuori terra (corrispondente a un sottotetto abitabile) di una palazzina residenziale hanno impugnato l'ordinanza con la quale il comune aveva ingiunto la sospensione dei lavori (con SCIA) volti alla l’installazione di un elevatore esterno in superamento delle barriere architettoniche presenti all’interno dell’edificio di proprietà.

La palazzina in questione è priva di impianto ascensore, che non può essere realizzato all’interno del corpo di fabbrica esistente e immutato da oltre venti anni. Nel luglio 2019, era stata presentata una prima Scia per l’installazione di un ascensore esterno per il superamento delle barriere architettoniche e per la realizzazione di alcune opere volte alla “ridistribuzione interna” dei vani del sottotetto di proprietà. Poi, a fine dicembre 2019, erav stata presentata una Scia in variante al progetto precedente, comprendente, tra l’altro, la sopraelevazione dell’ascensore esterno così da consentire l’accesso sino al terzo piano.

I ricorrenti deducono l’illegittimità dell’ordine di inibizione comunale, nel quale si ritiene applicabile alla fattispecie l’art. 5 del Piano delle Regole (PdR) del Piano di Governo del Territorio (PGT).

 

Ascensore esterno ok con SCIA: ecco perché

Per il Tar, il ricorso va accolto. L’articolo in questione detta la distanza minima dei fabbricati dai confini di proprietà e di zona, disponendo che “in tutte le zone, per gli interventi di nuova costruzione, ampliamento o demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, la distanza minima dai confini di proprietà e di zona deve essere pari alla metà dell’altezza massima dell’edificio (H) e comunque non inferiore a m 5”. Con il motivo, si assume quindi l'illegittimità del provvedimento, poiché l’intervento non consisterebbe in una nuova costruzione, in grado di generare nuova superficie coperta e i proprietari non sarebbero quindi tenuti al rispetto delle distanze da altri fabbricati previste dal PdR.

Secondo il più recente indirizzo giurisprudenziale, che il Collegio condivide, l'installazione di un ascensore all'esterno di un condominio non richiede il permesso di costruire, trattandosi della realizzazione di un volume tecnico, necessaria per apportare un'innovazione allo stabile, e non di una costruzione strettamente intesa (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 31 marzo 2020, n. 580; id., 13 settembre 2018, n. 2065; id., Sez. I, 27 marzo 2018, n. 809; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 9 aprile 2018, n. 134; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 30 giugno 2017, n. 1479; T.A.R. Liguria, I, 29 gennaio 2016, n. 97).

Ne discende che “la realizzazione di un ascensore non concorre alla creazione di volume o di superficie aventi rilievo in ambito edilizio, non generando tale opera un autonomo carico urbanistico” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, n. 580/2020 cit.).

Quindi la previsione contenuta nell'art. 5, comma 4, del Piano delle Regole – che stabilisce le distanze dal confine delle nuove costruzioni – non può essere applicata ai vani ascensori, non essendo questi assimilabili alle nuove costruzioni, tenuto anche conto che “ai sensi del combinato disposto degli articoli 78 e 79 del D.P.R. n. 380/2001, le opere dirette all'abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile. Non risulta, dunque, applicabile in tali casi la previsione di cui all'articolo 9 del D.M. 1444/1968” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 luglio 2019, n. 1659). 

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