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Infortuni sul lavoro: responsabile il committente che non verifica l'idoneità tecnica dell'appaltatore

Analisi di una recente sentenza della Cassazione, tornata sul tema di responsabilità del committente per l’infortunio occorso all’appaltatore nell’esecuzione dell’appalto.

Con la recente sentenza n. 21553 del 3 giugno 2021 la Corte di Cassazione è tornata sul tema di responsabilità del committente per l’infortunio occorso all’appaltatore nell’esecuzione dell’appalto.

Nel caso specifico si tratta dell’infortunio di un lavoratore autonomo che, incaricato di svolgere attività in quota di pulizia del tetto di un capannone, è caduto a seguito del cedimento di una porzione del tetto, procurandosi gravi lesioni personali.


Il regime generale della sicurezza sul lavoro negli appalti e per alcuni altri contratti affini come quello di lavoro autonomo (art. 222 cod. civ.) è definito, com’è noto, sulla base dei principi fondamentali contenuti nell’art. 26 del D.Lgs. 81/2008, che trovano applicazione, sia pure con diversi adattamenti, anche in ambiti particolari come l’edilizia (titolo IV D.Lgs. 81/2008), gli appalti pubblici (D.Lgs. 50/2016) e i lavori in luoghi confinati o sospetti d’inquinamento (D.P.R. 177/2011).

La disciplina contenuta in tale norma modella per la figura del committente un ruolo centrale e strategico ai fini della prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza, ed è, quindi, chiamato ad adempiere a numerosi adempimenti in quanto il “regista” della prevenzione qualora intenda esternalizzare attività o fasi intere del suo ciclo produttivo. In particolare, tra tali adempimenti spicca quello delicatissimo e spesso troppo sottovalutato della verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici, somministranti e dei lavoratori autonomi, che deve essere adempiuto dal committente prima della sottoscrizione del contratto e si ritiene debba essere periodicamente ripetuto in costanza di rapporto.

Ancora oggi, però, si è ancora in attesa del decreto che dovrà regolamentare definitamente tale materia (art. 27 D.Lgs. 81/2008) con il risultato che, ancora oggi, trova applicazione il regime provvisorio dell’art. 26, in base al quale il committente deve chiedere alle imprese e ai lavoratori autonomi il certificato d’iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e l’autocertificazione ex art. 47 D.P.R. 445/2000 del possesso dei requisiti d’idoneità tecnico – professione necessari per il compimento dell’opera o del servizio e della fornitura oggetto del contratto.

Proprio su tale regime va osservato che, recentemente, è tornata nuovamente la S.C. di Cassazione, Sez. IV pen., sent. 3 giugno 2021, n. 21553, che ha puntualizzato ulteriormente alcuni profili circa il contenuto di tale verifica da parte del committente e gli elementi che fanno ritenere la stessa come insufficiente.


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Il caso

La vicenda affrontata dai Giudici di legittimità riguarda un infortunio occorso nel 2013 a F.F., lavoratore autonomo; durante le operazioni di manutenzione della copertura non calpestabile in cemento amianto di una ditta, si verificava lo sfondamento del tetto con la conseguente caduta di F.F. che precipitava a terra riportando lesioni personali gravi.

Di tale incidente erano ritenuti responsabili A.P. e la ditta A.P. S.r.l. in ordine, rispettivamente, al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen. e all'illecito di cui agli artt. 5 e 25-septies del D.Lgs. 231/2001, per avere, in qualità di committente e con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, disposto che il lavoratore autonomo F.F. procedesse alle predette operazioni di manutenzione della copertura non calpestabile, senza aver previamente fornito allo stesso precise indicazioni sull'ambiente di lavoro (art. 26, comma 1, D.Lgs. 81/2008).

Inoltre, è stata contestata anche sia l'omessa predisposizione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze (cd. DUVRI, art. 26, comma 3, D.Lgs. 81/2008) che l'insufficiente verifica della capacità tecnico-professionale del lavoratore ad operare in quota (artt. 77, comma 5, e 90, D.Lgs. 81/2008).

L’imputato A.P. e il responsabile civile di P. R. Edilizia S.r.l. proponevano ricorso per cassazione, censurando l’operato della Corte di Appello di Firenze sotto vari profili, che, tuttavia, sono stati ritenuti inammissibili dalla S.C. di Cassazione.

 

Omessa redazione del DUVRI

Concentrando l’attenzione sui passaggi più significativi di tale sentenza i Giudici di legittimità hanno richiamato, in primo luogo, un principio fondamentale: in materia di sicurezza sul lavoro “……emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria”.

In tale ambito, proseguono ancora i Giudici, la disciplina contenuta nel D.Lgs. 81/2008, consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia dei vari soggetti, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale; orbene, nel caso di specie ad avviso della S.C. di Cassazione i Giudici di merito hanno congruamente e non illogicamente motivato in ordine ai profili di colpa specifica addebitati all'imputato, quale soggetto committente tenuto ad adempiere agli obblighi specifici imposti dagli artt. 26 e 90 del D.Lgs. 81/2008.

Infatti, è stato accertato che per eseguire il lavoro oggetto del contratto era stata programmata una durata di circa una settimana; ciò sulla base di quanto direttamente affermato dallo stesso lavoratore autonomo e confermato dalla circostanza che la prestazione avrebbe dovuto essere compiuta soltanto dallo stesso, senza l'ausilio di collaboratori. 

Ne deriva, quindi, che trascendono nel merito le considerazioni avanzate dai ricorrenti, secondo cui si sarebbe trattato di un lavoro da svolgere in soli due giorni, trattandosi della pulizia di una piccola porzione del tetto in cemento amianto; conseguentemente, sono prive di pregio le doglianze con le quali i ricorrenti lamentano che non fosse necessaria la predisposizione del DUVRI.

Sotto tale profilo i Giudici di merito hanno logicamente affermato come la mancata predisposizione del DUVRI da parte del committente “……ha certamente inciso sul verificarsi dell'evento lesivo, poiché esso avrebbe consentito di prendere in esame le caratteristiche proprie del tetto del capannone, la sua vetustà, la capacità di tenuta in caso di intervento del lavoratore e le modalità di installazione delle linee vita. L'assenza del DUVRI - continua la Corte di merito - ha fatto venire meno una serie di indicazioni sulla pericolosità dell'intervento commissionato al F.F., il quale - si può aggiungere - se reso edotto in maniera più dettagliata dei rischi conseguenti al suo accesso al tetto, si sarebbe potuto comportare in maniera diversa, astenendosi dalla pericolosa (ma non abnorme) manovra che lo ha condotto su quel tetto senza essersi previamente assicurato dal rischio di caduta”.


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Verifica dell’idoneità tecnico–professionale solo formale

La responsabilità del committente, inoltre, è stata fondata anche su un altro elemento; infatti, secondo i giudici è stato accertato che l'imputato non ha adeguatamente valutato le capacità tecnico-professionali del lavoratore autonomo, con particolare riguardo allo specifico addestramento richiesto per i lavori in quota, risultando “…..insufficiente la verifica formale in ordine alla titolarità da parte del F. di una ditta iscritta alla Camera di commercio, secondo una valutazione in linea con l'insegnamento della Corte di legittimità secondo cui, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l'idoneità tecnico professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008, non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (Sez. IV, sent. n. 28728 del 22 settembre 2020, Rv. 280049 - 01)”.

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Di conseguenza, la S.C. di Cassazione ha ribadito ancora una volta che la verifica dell’idoneità tecnico – professionale costituisce un obbligo specifico dell’art. 26 del D.Lgs. 81/2008, che non può essere adempiuto dal committente solo sul piano meramente formale acquisendo, quindi, il solo certificato della CCIAA e, si badi bene, ciò vale anche per quanto riguarda l’autocertificazione rilasciata dell’impresa appaltatrice, o subappaltatrice o dal lavoratore autonomo; tale verifica, insomma, deve spingersi oltre. 

Per avere un quadro più preciso in merito va ricordato che già in passato la stessa S.C. di Cassazione ha affermato che non basta solo verificare che i citati soggetti siano muniti dei titoli di idoneità prescritti dalla legge (formali) ma anche “……della capacità tecnica e professionale (quindi sostanziale), proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa...” (Cass. pen., Sez. IV, sent. 19 aprile 2010, n. 15081).

 

La massima

Cassazione penale, Sez. IV, sent. 3 giugno 2021, n. 21553

Infortuni sul lavoro – Appalto e lavoro autonomo – Lavori in quota – Omessa redazione del DUVRI – Verifica dell’idoneità tecnico professionale insufficiente - Responsabilità del committente – Valutazione – Sussiste

È inadeguata la valutazione, da parte del committente, delle capacità tecnico-professionali del lavoratore autonomo, con particolare riguardo allo specifico addestramento richiesto per i lavori in quota, risultando insufficiente la verifica formale in ordine all’iscrizione alla Camera di commercio, in quanto l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo.


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Per approfondire:

Nella piattaforma Smart 24 Tecnici l’articolo di approfondimento su: “La disciplina dell’appalto nel settore edile nella Guida “Rapporto di lavoro in edilizia”.

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A cura di Mario Gallo

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