Urbanistica
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Urbanistica: passare dalla logica della conformità al concetto di compatibilità, ecco il futuro

In un confronto telefonico con l’editore di Ingenio Andrea Dari, il presidente del CNAPPC riflette sul futuro dell'urbanistica italiana.

Arriveremo mai a una riforma urbanistica? Se ne parla già da diversi anni nel nostro Paese ma ancora nulla di fatto.

Nel 2005 la Camera approvò un progetto di legge (cd. Ddl Lupi) che doveva stabilire nuovi “Principi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana”; un timido tentativo legislativo che avrebbe potuto aprire la strada a una vera e propria riforma urbanistica e riuscire ad andare oltre l’ormai superata Legge 1150/42. Nessuna legge quadro venne mai approvata, seguirono solo norme di procedura in materia. Risultato: continuiamo a parlare di qualcosa che è assolutamente necessario...

Cos’è oggi l’urbanistica? Abbiamo gli strumenti necessari per progettare il futuro delle nostre città e dei nostri territori? I tecnici italiani (architetti, ingegneri, urbanisti e pianificatori) sono pronti per affrontare un vero e proprio cambiamento in materia?

Lo abbiamo chiesto a Francesco Miceli - presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori – nel corso di un terzo incontro telefonico con l’editore di INGENIO, Andrea Dari. Nei precedenti appuntamenti Miceli e Dari hanno parlato di contratti pubblici e dell’auspicata Legge per l’Architettura.


 

Come dovrebbe essere l’urbanistica oggi

Andrea Dari

L’urbanistica oggi è sempre più considerata un insieme di norme anziché una vera e propria disciplina. Alla luce di un necessario e profondo cambiamento in materia e dinnanzi a nuovi concetti come digitalizzazione, biodiversità, sostenibilità e tanti altri che permeano il settore dell’ambiente costruito, possiamo dare una definizione di come dovrebbe essere oggi l’urbanistica?

 

Francesco Miceli

Prima di dare una definizione, bisogna secondo me partire da un dato acclarato: oggi, il nostro Paese necessita di una vera e profonda riforma urbanistica per riuscire a portare avanti i piani e le strategie che il Governo sta mettendo in atto. La riforma urbanistica è un tema urgente e assolutamente necessario, questo per due ragioni. La prima ragione è data dal fatto che le programmazioni in atto previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) finanziate dai fondi stanziati dall’UE e gli stessi programmi operativi (POR), hanno come scenario la città e il territorio.

In secondo, affrontare la trasformazione della città e del territorio con una normativa urbanistica superata nei fatti e dalla cultura, mi sembra assolutamente qualcosa di sbagliato. La normativa nazionale, tanto quanto le riforme portate avanti dalle singole Regioni grazie ai poteri ottenuti con il Decentramento amministrativo, nascono da una visione dell’urbanistica oggi superata, non più compatibile con la nostra realtà.

Bisogna innovare e innovare moltissimo.

L’urbanistica deve lavorare per progetti e non essere un concentrato di sole norme. È necessario arrivare a un cambiamento epocale, bisogna passare dalla logica della conformità del progetto urbanistico al concetto di compatibilità. Significa lavorare per programmi e sul progetto della città e del territorio puntando a raggiungere l’unità tra urbanistica e architettura, come già era stato proposto qualche decennio fa da diversi architetti e urbanisti.

 

Francesco Miceli, presidente del CNAPPC - Urbanistica

 Francesco Miceli, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori

 

Recuperare il valore semantico dell’urbanistica

Andrea Dari

La moltitudine di norme elaborate ha portato l’urbanistica ad avere uno sviluppo sempre più pragmatico e sintattico, perdendo di fatto il valore semantico, cioè il significato, che c’è dietro al progetto della città. Oggi, il professionista tecnico ha la capacità di riconquistare questo valore?

 

Francesco Miceli

Da tempo esiste un dibattito tra gli addetti ai lavori in merito a questo aspetto. Dibattito che deve assolutamente essere esteso all’intera società e non solo a gruppi ristretti di professionisti. In primo luogo è necessario creare le giuste condizioni affinché la struttura tecnico-professionale nel nostro Paese acquisisca nuovi concetti e nuove visioni per poter riconquistare quel valore semantico dell'urbanistica a cui tu facevi riferimento. A mio avviso, bisogna operare su due ambiti e coinvolgendo soggetti diversi. Da una parte la Governace, che dove raggiungere il livello di innovazione auspicato, dall’altra il mondo professionale, che deve stare al passo con il cambiamento e ricevere un’adeguata formazione per aver la capacità di elaborare progetti di qualità e pianificare una corretta programmazione degli interventi.

 

Confine tra architettura e urbanistica

Andrea Dari

Ha ancora senso distinguere la figura dell’architetto da quella del pianificatore? C’è un confine vero che può essere tracciato tra architettura e urbanistica?

 

Francesco Miceli

No, non si può tracciare un confine netto tra architettura e urbanistica. Dobbiamo rilanciare con forza il concetto (o idea) di un’unità tra architettura e urbanistica. Ciò significa sostanzialmente apportare anche importanti modifiche all’interno dell’ordinamento professionale, alla struttura delle competenze nonché alle classi di laurea. A mio avviso il D.P.R n.328/2001 non trova alcuna rispondenza nella realtà, si basa su una logica puramente accademica. A riguardo, il CNAPPC ha dato un importante contributo al disegno di legge già approvato dalla Camera, e ora in Senato, relativo alle lauree abilitanti. Tra le premesse programmatiche di questo Ddl, vi è il bisogno di riformare le classi di laurea.

Sarà quindi necessario stabilire competenze, percorsi didattico-formativi universitari per recuperare i “guasti” che ha creato il D.P.R n. 328/2001.

Dobbiamo riformare il percorso didattico e formativo della laurea magistrale, stabilire le specializzazioni e le diverse competenze all’interno di un alveo comune per poter rispondere alle reali necessità di trasformazione del Paese.

 

Progettare la città e il territorio: come e con quali strumenti?

Andrea Dari

Un progetto urbanistico deve nascere da una visione collettiva oppure deve essere realizzato da professionisti che solo successivamente lo presentato alla cittadinanza?
Qual è il meccanismo corretto da utilizzare?

 

Francesco Miceli

Nessun dubbio, il progetto urbanistico deve nascere dal basso, dalle istanze espresse dai cittadini. É fondamentale adottare lo strumento della partecipazione quando si tratta di trasformare la città e il territorio perché permette di dare voce alla collettività. Le scelte che riguardano il futuro della città non possono essere il frutto di un pensiero forte di un gruppo ristretto di progettisti.

 

Andrea Dari

La sensazione è quella che se prima avevamo le archistar per gli edifici, oggi abbiamo le archistar per i quartieri. Vengono promossi concorsi internazionali di riqualificazione e di rigenerazione urbana, concorsi ai quali partecipano i grandi studi professionali che elaborano sì progetti bellissimi e di qualità, ma che poi poco si legano alle esigenze di chi dovrà abitare quei luoghi. Dunque, quando si tratta di trasformazione della città o del territorio qual è il ruolo dell'architetto e quali sono gli strumenti a sua disposizione per il progetto?

 

Francesco Miceli

Caro Andrea, la storia dell’Urbanistica e costellata di vicende legate alla questione che tu ora poni. Abbiamo avuto progetti che dal punto di vista della qualità erano straordinari ma che poi non sono stati in grado di rispondere alle esigenze della popolazione.  Lo strumento della partecipazione è fondamentale. I progetti di trasformazione della città e del territorio devono avvenire attraverso un’ampia partecipazione dei cittadini.

L’urbanistica è una disciplina che richiede molte competenze, se limitata ai soli aspetti antropologici, sociologici e economici non si potrà mai pensare di progettare una città o di governare un territorio. Questo non significa che i processi economici, antropologici e sociologici non siano importanti ai fini della progettazione, anzi. Prima di procedere al progetto della città è necessario disporre di approfonditi studi e analisi che permettono di delineare un quadro dello stato di fatto dei luoghi su cui si andrà ad intervenire e della comunità che lo andrà ad abitare.

È necessario rivedere l’approccio, i contenuti della disciplina e introdurre gli elementi innovativi oggi a nostra disposizione, tra questi lo strumento della partecipazione.

Il ruolo dell’architetto urbanista sarà quello di raccogliere e interpretare le istanze dei cittadini e trasferirle nel progetto della città.

 

Zen di Palermo: un’opportunità o un problema per la città?

Andrea Dari

Sulla base di quanto ci siamo appena detti, il quartiere Zen di Palermo è un’opportunità o un problema per la città?

 

Francesco Miceli

È un problema per tante ragioni. Lo Zen nasce da un progetto di Vittorio Gregotti e da un importante gruppo di progettisti. Un progetto mai pienamente realizzato nella sua idea iniziale. Nonostante qualcuno ne abbia promosso la demolizione e la ricostruzione, io credo che lo Zen, solo grazie a un processo partecipato possa trasformarsi davvero in un’opportunità.

Ripensare lo Zen, significa rimodellare le sue strutture, creare le condizioni per migliorare la qualità della vita all’interno del quartiere.

Lo scorso anno, quando ero ancora presidente dell’Ordine di Palermo, sono stato invitato a partecipare alla presentazione finale di un laboratorio organizzato da un gruppo di architetti che aveva proposto e avviato un percorso partecipato per ripensare lo Zen. Sono stati gli stessi cittadini ad individuare una serie di carenze e ad aver proposto delle soluzioni.

Il coinvolgimento dei cittadini nel progetto della città rappresenta un passaggio culturale importante e straordinario per il futuro. Non possiamo pensare di realizzare nuove città o trasformare e rigenerare la città esistente con un’operazione calata dall’alto. La partecipazione è assolutamente indispensabile. Non puoi con un colpo di matita cambiare il mondo, il mondo lo cambi se quel colpo di matita è frutto di un processo che coinvolge la realtà su cui vai a operare.

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