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Biodeterioramento e corrosione: dalla Liguria una soluzione per le superfici a contatto con l’acqua

dal CNR una soluzione per le superfici a contatto con l’acqua

 La corrosione delle superfici che si trovano costantemente a contatto con l'acqua - salata o dolce - rappresenta un problema dai notevoli costi di gestione: si stima che ogni anno, nei Paesi industrializzati, l'1,5% del Pil venga impiegato per attuare le diverse strategie necessarie a contrastare i danni derivanti dalla corrosione e il biodeterioramento. 

Il problema, che ha anche un enorme impatto ambientale per l'elevata tossicità delle sostanze utilizzate per i trattamenti chimici (biocidi), ha origine da sottilissimi strati di batteri, film di micro-organismi che proliferano su tutte le superfici a contatto con l'acqua e che si rivelano particolarmente aggressivi in caso di contatto con superfici metalliche, in quanto ne aumentano la velocità di corrosione. Il fenomeno è da anni oggetto di studio dell'Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr di Genova, che è riuscito a mettere a punto una biotecnologia innovativa in grado di monitorare e contrastare la crescita di tali batteri, responsabili della biocorrosione.
 
“A contatto con superfici metalliche il biofilm di batteri presenta un interessante processo biolettrochimico: si verifica, infatti, un aumento del trasferimento degli elettroni dal metallo all'acqua mediato dai batteri e quindi un aumento della velocità del deterioramento delle superfici”, spiega Marco Faimali dell'Ismar-Cnr.
“Questo fenomeno è stato osservato per la prima volta oltre 40 anni fa da Alfonso e Vittoria Mollica, una coppia di ricercatori dell'allora Istituto per la corrosione marina dei metalli del Cnr; come Ismar abbiamo raccolto l'eredità e proseguito attraverso vari progetti gli studi sulla biocorrosione, fino ad arrivare alla messa a punto di un biosensore in grado di misurare in tempo reale l'attività del biofilm, stimare la quantità di batteri presente e ottimizzare i trattamenti di pulizia”.
 
Lo studio è anche un importante esempio di trasferimento tecnologico: la realizzazione del prototipo di biosensore è stato curato da una start-up genovese, che ha ottenuto un finanziamento nell'ambito di un progetto Por-Fesr della Regione Liguria.
“La nascita di Alvim, start-up che richiama nel nome le iniziali dei due pionieri Alfonso e Vittoria Mollica, rappresenta il passo finale di anni di studio”, prosegue il ricercatorei. “Oggi questo team di giovani è riuscito a mettere in commercio un apparecchio innovativo già utilizzato da aziende agroalimentari per prevenire la corrosione degli impianti, ad esempio imprese che operano nella filiera di lavorazione del latte o dell'acqua. Ma c'e ancora un enorme potenziale di mercato da esplorare, pensiamo ad esempio alle necessità di impianti di raffreddamento, navi e piattaforme petrolifere: l'uso del biosensore potrebbe, infatti, ridurre fino al 70% il consumo dei biocidi necessari per mantenere queste tecnologie marine in attività aumentandone in proporzione l'ecocompatibilità". 
 
Questo successo è il risultato di una ricerca di base di eccellenza in grado di stimolare e trasferire un prodotto di innovazione tecnologica direttamente al mercato di riferimento. “È proprio questa triangolazione tra ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico uno dei cardini sui quali il Cnr può puntare per dare un contributo importante al territorio”, conclude Faimali. 

Fonte: Marco Faimali, Istituto di scienze marine, Genova , email marco.faimali@ismar.cnr.it -
Per saperne di più: - www.alvimcleantech.com/cms/it/