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Cambiamento climatico e medie delle temperature registrate in Italia

Nel mese di marzo ISTAT ha pubblicato un rapporto relativo alle misurazioni statistiche delle temperature nei capoluoghi di regione italiani. Oltre a questo dato sono stati affrontati anche altri indicatori come precipitazioni, tasso di inquinamento, forestazione. Ecco i valori riscontrati.

Le misure statistiche dei cambiamenti climatici in Italia

Pubblicato nel mese di marzo 2022 l'interessante rapporto ISTAT «I CAMBIAMENTI CLIMATICI: MISURE STATISTICHE | ANNO 2020» e i dati sono purtroppo allarmanti.

Nel 2020 nei capoluoghi di regione la temperatura media annua registrata evidenzia un’anomalia di +1,2°C sul valore climatico 1971-2000. In crescita anche alcuni estremi di caldo: +15 giorni estivi e +18 notti tropicali. 

A fronte di questo aumento si registra invece un calo delle precipitazioni meteorologiche. La precipitazione totale scende in media di 132 mm sul corrispondente valore del periodo 2006-2015. 

Sempre più diffusi gli interventi di forestazione urbana, che dovrebbero essere utili in chiave futura per la mitigazione del cambiamento climatico, presenti in 47 capoluoghi (31 nel 2011), per una superficie complessiva di 11,6 milioni di m2

Nelle tre maggiori città l’inquinamento atmosferico è in lieve miglioramento, ma Milano è penalizzata dalla scarsa presenza di aree verdi, Roma ha il tasso di motorizzazione più elevato e Napoli il parco circolante più obsoleto.

 

Dati globali cambiamento climatico

FONTE: ISTAT

L'AGENDA 2030
I Cambiamenti Climatici (CC) rappresentano una delle più grandi sfide per l’umanità e sono strettamente interconnessi alla sostenibilità dello sviluppo e al degrado ambientale. Nell’ultima Conferenza della Nazioni Unite sul Clima COP26 (novembre 2021), 197 Paesi hanno adottato il Glasgow Climate Pact, indicando in +1,5°C l’obiettivo per contenere la temperatura media sotto la soglia critica. Nel pacchetto clima ed energia Fit for 55 di luglio 2021 l’Unione europea ha adottato strategie di policy per raggiungere entro il 2030, nell’ambito del Green Deal, la riduzione delle emissioni di gas serra del 55%, e fronteggiare i cambiamenti climatici. 
Leggi l'approfondimento di INGENIO sull'Agenda 2030.

 

Il quadro degli aumenti di temperatura delle città italiane

Secondo le rilevazioni ISTAT nel 2020 la temperatura media è stata pari a +16,3°C (calcolata come media dei valori di stazioni termopluviometriche dei 24 capoluoghi di regione e città metropolitane), in aumento di 0,3°C sul corrispondente valore medio del decennio 2006-2015.

Un dato che peggiora considerando solo i capoluoghi di regione, per i quali sono disponibili serie ampie e complete di dati, e la cuitemperatura media, pari a +15,8°C, mostra un’anomalia di +1,2°C rispetto al valore climatico 1971- 2000 (periodo di riferimento per il calcolo di medie climatiche, denominato Normale Climatologica CLINO, cfr. Glossario), dato che è peggiore nelle due città più importanti. Infatti, anche se in tutte le città le anomalie di temperatura media sono positive: le più alte si rilevano a Perugia (+2,1°C), Roma (+2°C), Milano (+1,9°C), Bologna (+1,8°C) e Torino (+1,7°C). (Figura 1).

Dal 1971 la temperatura media annua mostra un trend crescente per i capoluoghi di regione, con i valori più alti nel decennio 2011-2020. In particolare dal 2014, la temperatura media ha raggiunto i +16°C, segnale di un riscaldamento in atto nei sistemi urbani.

 

Numeri chiave cambiamento climatico

 

Il 2020 si presenta anche come l’anno meno piovoso degli ultimi dieci, insieme al 2011, con una precipitazione totale annua di 661mm (media delle stazioni osservate). 

Nelle principali città, sovrapposta alla tendenza ad aumento generalizzato della temperatura media, la diminuzione della precipitazione è pari a -132 mm sul corrispondente valore medio del periodo 2006-2015. 

Le anomalie negative di precipitazione interessano 22 città, con punte a Napoli (-423,5 mm), Catanzaro (-416) e Catania (-359,7). 

Nei capoluoghi di regione l’anomalia si attesta in media a -91 mm rispetto al valore climatico 1971-2000 e riguarda 15 città: in testa Napoli (-439,6 mm) seguono Genova (-276,9 mm), Catanzaro (-262,1 mm), Firenze (-221,6 mm), Bologna (-211,9 mm) e Milano (-196).

 

Anomalie di temperatura media e di precipitazione totali annue del valore climatico

FONTE: ISTAT

 

Gli indici rappresentativi degli estremi di precipitazione mostrano una significativa variabilità a livello territoriale, legata a meccanismi dinamici e alla localizzazione geografica delle città. 

In particolare, i giorni senza pioggia nel 2020 sono stati in media 293 nelle aree urbane esaminate, in aumento di 11 giorni sul valore medio 2006-2015. 

Per i capoluoghi di regione l’anomalia media è di +10 giorni sul CLINO e riguarda quasi tutte le città. È più alta a Napoli (+35 giorni), Trento (+33) e L’Aquila (+20). 

In controtendenza Trieste, con -14 giorni, seguita da Genova e Firenze (-8). 

Esaminando gli anni 2006-2020, nei capoluoghi di regione gli scostamenti per l'’indice giorni senza pioggia mostra anomalie di segno diverso, con oscillazioni significative rispetto al CLINO nel periodo, che vanno da un minimo di -21 giorni nel 2010 a un massimo di +16 (2011 e 2017).

 

Siamo in una fase di tropicalizzazione?

L'Expert Team on Climate Change Detection and Indices (ETCCDI) della World Meteorological Organization delle Nazioni Unite ha definito una metodologia per la misurazione di eventi estremi meteo-climatici e un core set di 27 Indici di estremi di temperatura e precipitazione. Questi indici forniscono informazioni statistiche su frequenza, intensità e durata di eventi meteorologici, rafforzando la comparabilità dei dati tra Paesi. 

In un contesto di crescenti fabbisogni informativi, l’Istat produce su base annua 21 Indici di estremi climatici per ciascuna città capoluogo di provincia, calcolati in termini assoluti (valori annuali) e relativi, quali scostamenti rispetto ai valori climatici 1971-2000 (anomalie annuali). 

Nel 2020, gli indici rappresentativi degli estremi di temperatura mostrano un aumento dei valori degli estremi di caldo e una diminuzione di quelli di freddo

In particolare, fra le 24 città osservate i giorni estivi (con temperatura massima maggiore di 25°C) in media sono 112 mentre salgono a 56 le notti tropicali (con temperatura che non scende sotto i 20°C). 

Considerando i soli capoluoghi di regione, i due indici segnano un’anomalia media sul CLINO rispettivamente di +15 giorni e +18 notti. In tutte queste città (ad eccezione di Palermo) si hanno anomalie positive di giorni estivi, più alte per Aosta (+41 giorni), Perugia (+35), Roma (+27) e Trieste (+26). Le notti tropicali raggiungono quota +53 a Napoli, seguono Milano (+34 notti), Catanzaro (+33) e Palermo (+27).

 

Anomalie medie stagionali

 

Cresce il verde e si riduce l'inquinamento atmosferico 

La qualità dell’aria nelle città dipende dalla concentrazione di diversi inquinanti, tra i quali il particolato (PM10 e PM2,5), il biossido d’azoto (NO2) e l’ozono (O3) sono quelli generalmente riconosciuti come più dannosi per la salute.

Per l’insieme dei capoluoghi i superamenti dei limiti di legge e dei valori di riferimento stabiliti dall’Oms, rilevati dalle centraline di monitoraggio, sono leggermente diminuiti tra il 2013 e il 2020, salvo alcuni peggioramenti nel 2015 e nel 2017, raggiungendo il valore più basso nel 2019, mantenuto anche nel primo anno di pandemia. 

Milano la città più inquinata (dove la copertura totale delle aree verdi è pari al 13,8% della superficie comunale): la frequenza dei superamenti è stata circa il doppio della media dei capoluoghi, anche se negli ultimi anni la dinamica dell’inquinamento segue quella dell’insieme dei capoluoghi. 

Prevalgono i superamenti da particolato (PM10 e PM2,5) mentre diminuiscono quelli da biossido d’azoto (NO2). Dal 2015 una quota stabile e significativa di centraline registra il mancato rispetto dell’obiettivo per l’ozono (non superare 0,120 mg/m3 per più di 25 giorni l’anno), in chiara connessione con il trend delle variabili meteoclimatiche. 

Anche a Roma (che ha una copertura verde molto elevata  pari al 35,8% del territorio comunale, composta solo per il 3,6% da aree verdi urbane, con oltre 46 milioni di m2, e per il 32,2% da aree naturali protette, circa 415 milioni di m2) e Napoli (che ha una copertura verde pari al 31,5% della superficie comunale, con oltre 37 milioni di m2 ) prevalgono i superamenti da particolato, anche se negli ultimi due anni le frequenze si sono allineate alla media dei capoluoghi. Napoli presentava frequenze più elevate prima del 2019, benché nettamente inferiori a quelle di Milano, mentre nel biennio 2019-2020 non ha registrato per l’ozono superamenti della soglia di 0,120 mg/m3 per più di 25 giorni/anno.

 

Auto in aumento, al Sud un problema di obsolescenza 

Il traffico veicolare è ovviamente una delle cause dell’inquinamento urbano. Al momento circa il 75% del parco circolante è rappresentato autovetture. L’Italia ha il tasso di motorizzazione più elevato nell’Ue dopo il Lussemburgo: 668 auto per mille abitanti nel 2020 (+0,9% sull’anno precedente e +7,7% rispetto al 2015). Un fenomeno più legato alle province che ai capoluoghi dove il tasso è inferiore (627 per mille) e la sua crescita più lenta (+0,3% sull’anno precedente e +4,7% rispetto al 2015). 

L’indice del potenziale inquinante del parco autoveicoli migliora costantemente dal 2015 al 2020, scendendo da 170 a 130,7 sull’intero territorio nazionale e da 162,3 a 127 nei comuni capoluogo. Occorre sottolineare che valori superiori a 100 indicano comunque che le auto più obsolete e inquinanti (da Euro 0 a Euro 3) restano più numerose di quelle a basse emissioni (elettriche, ibride e alimentate a gas o bi-fuel), sopratutto al sud (a Napoli il valore è molto superiore (188,4) e dovuto essenzialmente all’elevatissima percentuale di auto da Euro 0 a Euro 3 ancora in circolazione: il 51,5% del totale nel 2020, contro il 25,8% di Milano e il 27,2% di Roma).

 

Consumi energetici in calo: dipende dal COVID?

I dati registrano una diminuzione del consumo totale di energia nei comuni capoluogo ma il risultato può essere fortemente influenzato anche dalla pandemia che ha creato una temporanea migrazione verso la provincia e la chiusura, per un lungo periodo di esercizi commerciali e di servizio. 

La pressione sull’ambiente generata dal consumo di energia può essere rappresentata da un indicatore che esprime i consumi finali complessivi di gas naturale ed energia elettrica in tonnellate di petrolio equivalenti (tep) per 100 abitanti. 

Nei comuni capoluogo il consumo totale di energia è stato pari a 75,2 tep per 100 abitanti nel 2020, in diminuzione del 4,5% rispetto all’anno precedente (79,5) e del 17,4% nel confronto con il 2010 (91,1). 

I livelli di consumo, che risentono delle differenti condizioni climatiche dei territori, sono invece fortemente diversificati per ripartizione geografica. Nel 2020, il consumo totale di energia di Milano è stato pari a 96,5 tep per 100 abitanti, ben superiore alla media nazionale dei capoluoghi ma leggermente inferiore a quella delle altre  città del Nord (99,5). Come per il dato nazionale anche per milano si è riscontrato un calo del 3,4% rispetto all’anno precedente ed è il più basso dal 2010 (-22,9%). 

A Roma (61,1 tep per 100 abitanti) e nei capoluoghi del Centro (68,4) il livello dei consumi di energia è inferiore alla media dei capoluoghi. Come a Milano, anche nella Capitale il consumo 2020 segna una consistente riduzione rispetto all’anno precedente (-6,7%) ed è il più basso dal 2010 (-20,8%).

 


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Crescono le aree di forestazione urbana in tutti i capoluoghi, nel sud continua ad essere bassa

Nei comuni capoluogo, dove vive circa il 30% della popolazione italiana (17,7 milioni di abitanti), l’estensione delle aree verdi urbane è di oltre 550 km2 , pari al 2,8% del territorio comunale, corrispondente a una disponibilità di 31 m2 per abitante. 

Considerando anche le aree naturali protette, l’incidenza raggiunge il 19,3% del territorio (3.775 km2). La superficie complessiva delle aree verdi urbane è in continuo aumento: in media +0,4% all’anno dal 2011 (+0,6% nei capoluoghi metropolitani) e la disponibilità è massima nei capoluoghi del Nord-est (62,2 m2 per abitante, contro i 27,2 del Centro e il 25,1 del Nord-ovest), minima in quelli del Mezzogiorno (20,8 m2 per abitante al Sud e 19,5 nelle Isole). 

Negli ultimi 10 anni la superficie dedicata alla forestazione urbana è progressivamente aumentata (+14,9%). Nel 2020 sono stati realizzati interventi di forestazione urbana in 47 capoluoghi (erano 31 nel 2011). La superficie dedicata alla forestazione urbana ammonta a oltre 11,6 milioni di m2, ossia in media 30 m2 per ettaro di superficie urbanizzata. La distribuzione è tutt’altro che uniforme, infatti meno della metà dei capoluoghi si colloca sopra la media, con il Nord che presenta valori molto superiori a quelli delle altre ripartizioni: 71,2 m2 per ettaro nel Nord-est e 40,4 nel Nord-ovest, 13,1 nel Centro, 6,8 al Sud e 5,2 nelle Isole. 

Gli incrementi più marcati si sono registrati nei capoluoghi delle Isole (+31,0 %), seguiti da quelli del Nord (16,3%). Decisamente meno significativi gli aumenti al Centro (+6,0%) e al Sud (+2,5%). A fronte di un aumento medio del 15% dal 2011, gli incrementi risultano più alti tra i capoluoghi delle città metropolitane (+22,7%) rispetto a quelli degli altri capoluoghi di provincia (+12,6%).

 

Forestazione urbana e disponibilità di verde nei capoluoghi

FONTE: ISTAT

 

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