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Cambio di destinazione d’uso da agricolo a commerciale? No SCIA, SI permesso di costruire

La SCIA (Segnalazione Certificata Inizio Attività) in determinate situazioni può risultare illegittima se non rispettosa dei requisiti urbanistici, ambientali o paesaggistici, o in presenza di opere in contrasto con gli strumenti urbanistici, con conseguenti possibilità di annullamento da parte dell’amministrazione in autotutela. La sentenza del TAR della Campania, relativa a un complesso edilizio in zona agricola, sottolinea che la SCIA non può sostituire il permesso di costruire per mutamenti di destinazione d’uso rilevanti, confermando che interventi di questo tipo devono sempre rispettare le norme urbanistiche e i titoli abilitativi previsti.

Quando la SCIA è legittima o illegittima

La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) rappresenta uno dei titoli edilizi abilitativi nati per snellire i procedimenti amministrativi e favorire la realizzazione tempestiva di interventi edilizi. Essa è un titolo fondamentale per quanto concerne gli interventi riguardanti le parti strutturali.

Le norme che disciplinano la SCIA sono:

  • il DPR 380/01, testo unico edilizia, che definisce le regole da seguire per le attività in ambito edile;
  • la legge 241/1990, in particolare l’art. 19 introduce e regolamenta la SCIA come titolo abilitativo;
  • il DLGS 222/2016, noto anche come Decreto SCIA 2, che introduce importanti semplificazioni in materia edilizia;
  • Il decreto Salva casa.

La SCIA non ha però carattere universale ma può risultare illegittima quando non rispetta i requisiti previsti dalla norma urbanistica ed edilizia vigente.

L’illegittimità può derivare da diversi fattori generalmente:

● incompletezza della documentazione allegata;
● la violazione di norme di tutela paesaggistica, ambientale o di vincoli culturali;
● la realizzazione di opere in contrasto con gli strumenti urbanistici.

L’Amministrazione, quando sancisce che una SCIA è illegittima, può ordinarne l’annullamento e implementare le relative sanzioni.

Infatti l’art.37 del DPR 380/01 al comma 1 prevede il regime sanzionatorio specificando che “La realizzazione di interventi edilizi di cui all'articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al triplo dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a l.032 euro.
Ma per il cambio di destinazione d’uso è sempre sufficiente una SCIA? O ci vorrebbe il permesso di costruire?

Il mutamento della destinazione d’uso di un immobile è un intervento edilizio che può avere un impatto rilevante sotto il profilo urbanistico e funzionale di un area urbana.

Non tutti i cambi di destinazione d’uso sono uguali:

● alcuni possono essere realizzati mediante SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività);
● mentre altri richiedono necessariamente il permesso di costruire.

In particolare se il mutamento della destinazione d’uso comporta il passaggio da una categoria funzionale all’altra (residenziale, commerciale, produttiva, direzionale, turistico-ricettiva, rurale), l’intervento è considerato urbanisticamente rilevante e richiede il permesso di costruire, anche in assenza di opere edilizie.

Inoltre secondo il comma 1 dell’art. 21-nonies della Legge 7 agosto 1990, n. 241 “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21 octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo (…)”.

Tale articolo disciplina invece l’annullamento d’ufficio degli atti amministrativi in autotutela, nel caso specifico della SCIA, la giurisprudenza e la normativa riconoscono che l'amministrazione può annullare in autotutela gli effetti prodotti dalla SCIA se sussistono i presupposti nell’articolo.

Ulteriori chiarimenti arrivano dal TAR della Campania, con la sentenza n. 2413/2025, il quale ha sottolineato quali siano i presupposti che legittimano o meno l’efficacia di una SCIA, precisando come non sia possibile eludere le normative urbanistiche attraverso l'utilizzo improprio di strumenti semplificati quando invece sarebbe necessario il permesso di costruire.

  

La necessità del permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso

Un complesso edilizio, sito in zona agricola, è il fulcro della sentenza del TAR della Campania, ha chiarito come il cambio di destinazione d'uso tra categorie funzionali diverse richieda sempre il permesso di costruire, anche in assenza di opere edilizie e quindi non esso non può in alcun modo essere legittimato attraverso una semplice SCIA.

Tale immobile è stato oggetto di vari cambiamenti nel tempo, in particolare:

  • nel 2017 era stato rilasciato il permesso di costruire per la realizzazione di tale edificio, articolato in un piano terra con due locali destinati rispettivamente allo stoccaggio e alla lavorazione di prodotti agricoli e un primo piano adibito a residenza e a essiccazione dei prodotti;
  • nel 2018, l’edificio era stato oggetto di un cambio di destinazione d’uso, per trasformare il piano terra in locale per la vendita di prodotti aziendali e il primo piano in spazi per degustazione e ospitalità;
  • nel 2023 è stata inoltre presentata una SCIA in variante al permesso di costruire originario, con la quale il piano terra è stato nuovamente suddiviso in due locali a uso commerciale e il primo piano riconvertito in tre unità residenziali;;
  • nell’aprile dello stesso anno, era stata comunicata un’ulteriore modifica con il frazionamento del piano terra in tre locali, sempre destinati ad attività commerciali;
  • infine nel 2023, la società ricorrente, ha trasmesso una nuova SCIA ai sensi dell’art. 37 del DPR 380/2001 per una diversa distribuzione degli ambienti interni, mirata a unire due unità immobiliari preesistenti.

A questo punto, il Comune ha riconosciuto l’illegittimità del mutamento di destinazione d’uso e la mancanza di idonei titoli edilizi. Quindi ha avviato un procedimento che formalizzava l’annullamento definitivo della SCIA e della certificazione di agibilità precedentemente trasmesse.

La società ricorrente contestava i provvedimenti adottati dall’Amministrazione comunale, sostenendo che l’annullamento fosse stato disposto in assenza dei presupposti richiesti dall’art. 21-nonies della legge 241/1990. Inoltre a suo dire veniva sostenuto che il mutamento di destinazione d’uso contestato fosse avvenuto con una SCIA risalente al 2023, rispetto alla quale sarebbe ormai decorso il termine massimo per l’esercizio dell’autotutela, e non con quella presentata lo stesso anno, oggetto del provvedimento di annullamento.

Il TAR ha respinto il ricorso sottolineando che “Come già sommariamente osservato con l’ordinanza che ha definito la fase cautelare, in base a pacifica giurisprudenza non è necessario il ricorso a un intervento in autotutela per la rimozione della SCIA la quale non sia, neppure astrattamente, idonea a legittimare le opere alle quali essa è riferita. In termini: “L'Amministrazione non deve fare ricorso al potere di autotutela per sancire l'inefficacia della s.c.i.a. che non ha prodotto, né poteva produrre, effetti, in quanto erroneamente proposta in relazione a interventi che avrebbero richiesto il rilascio del permesso di costruire” (cfr. T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 21/02/2022, n.2025).

A fronte di una s.c.i.a. presentata per interventi da legittimarsi a mezzo di rilascio di diverso titolo abilitativo, non può, infatti, ritenersi prodotto alcun effetto abilitativo, sicché la P.A. non ha alcun onere di dar corso a un intervento di ritiro dell’atto del privato, ma può limitarsi a ritenere la segnalazione inidonea a legittimare l’intervento posto in essere, adottando i provvedimenti conseguenti a prescindere dall’esercizio dell’autotutela (…)

L’Amministrazione comunale abbi giustamente valutato che, gli interventi edilizi descritti nella SCIA del 2023, non fossero riconducibili alla SCIA, bensì richiedessero il permesso di costruire. L’amministrazione non è tenuta ad attivare un formale procedimento di autotutela per dichiarare inefficace la SCIA, che non ha mai prodotto effetti abilitativi.
La Pubblica Amministrazione può ritenere inefficace una SCIA che, per il suo contenuto, non era idonea a legittimare determinarti interventi edilizi.

Inoltre, viene ribadito che “(…) i ricorrenti lamentano che l’Amministrazione procedente contesterebbe, in sostanza, una illegittimità del cambio di destinazione d’uso dei locali al piano terra che sarebbe, tuttavia, stato operato in forza non già della SCIA in sanatoria depositata in data *** ***, oggetto di autotutela, ma con la precedente SCIA prot. n. *** del *** ***, rispetto alla quale sarebbero scaduti i termini imposti dalla legge per il ritiro d’ufficio, giusto il disposto dell’art. 21 nonies L.241/90. Il Collegio osserva che questa argomentazione non coglie nel segno.”

La SCIA non costituiva una semplice sanatoria formale o una redistribuzione interna, ma interveniva su un immobile per il quale era avvenuto un radicale mutamento di destinazione. Infatti, la trasformazione da uso agricolo a commerciale era avvenuta senza l’idoneo titolo edilizio e in violazione della destinazione urbanistica dell’area. Per questo motivo, non si può pretendere che l’intervento sia considerato legittimo perché mancavano le condizioni per farlo.

La sentenza offre un’ulteriore conferma secondo cui la SCIA è inidonea a sanare interventi per i quali la normativa urbanistica impone il rilascio di un permesso di costruire, specialmente in zone vincolate ovvero ove siano previsti variazioni di destinazione d’uso tra categorie funzionali differenti.

 

LA SENTENZA DEL TAR CAMPANIA È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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