Con domanda di condono inevasa la demolizione è illegittima
Consiglio di Stato sulla demolizione con domanda di condono inevasa: l'ordinanza non può essere adottata prima che l'amministrazione si pronunci sulla sanatoria perché si vanificherebbe a priori l'interesse al rilascio del titolo concessorio
Se la domanda di condono edilizio è rimasta inevasa, l'ordinanza di demolizione avanzata dal comune è un atto illegittimo. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, che nella sentenza 5028/2016 del 29 novembre scorso ha motivato il principio partendo dal presupposto che la domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria presentata al comune (ex art. 38, legge 47/1985) determina la sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori.
Pertanto, un'eventuale demolizione senza pronuncia sulla sanatoria vanificherebbe a priori l'interesse al rilascio del titolo concessorio: da qui l'illegittimità di tale ordinanza. L'art.38 della sopracitata legge 47/1985 prevede chiaramente, all'atto di presentazione della domanda con attestazione del versamento della somma versata a titolo di oblazione, la sospensione "del procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative", che comprendono le "pene pecuniarie e le sovrattasse previste per le violazioni delle disposizioni in materia di imposte sui redditi relativamente ai fabbricati abusivamente eseguiti". La disposizione è stata estesa al condono edilizio 2003 dal comma 28, art.32, del DL 269/2003.
Pertanto, in linea generale, il comune deve procedere prioritariamente all'esame della domanda di condono, con nuova valutazione e determinazione sugli illeciti edilizi ed superamento degli originari provvedimenti repressivi. Poi, in caso di accoglimento, l'abuso edilizio verrà sanato, mentre in caso di diniego l'amministrazione deve comunque reiterare l'ingiunzione di demolizione fissando un nuovo termine per l'ottemperanza da parte dell'interessato.