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Condono edilizio, la storia infinita: tra costruzione del rustico e frazionamento illegale dell'abuso

La Cassazione ci ricorda che l'articolo 31 della legge 47/1985 (Primo condono edilizio) stabilisce che si considerano ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, o meglio dove c'è stato il completamento tutte le strutture essenziali, tra le quali vanno annoverate le tamponature esterne, che determinano l'isolamento dell'immobile dalle intemperie e configurano l'opera nella sua fondamentale volumetria. Inoltre, il frazionamento artificioso dell'abuso edilizio è illegale e preclude ogni possibilità di sanatoria.

Ci sono delle volte - molte - nelle quali il condono (o la sanatoria ex articolo 36 del Testo Unico Edilizia) non s'hanno da fare, per dirla con Manzoni.

Una di queste ce la racconta la Corte di Cassazione nella sentenza 32267/2022, caso particolare ma allo stesso tempo foriero di indicazioni importanti in materia di sanatorie e condoni, perché va a toccare anche i primi due condoni edilizi, quello del 1985 - che dettò tra l'altro le 'linee guida' in materia e quello del 1994.

Le opere abusive da demolire

Tutto nasce da un'ingiunzione a demolire di un comune per alcune opere abusive, per la quale la Terza Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza del maggio 2018, ha annullato l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli, in particolar modo rilevando che il giudice dell'esecuzione aveva omesso di considerare che:

  • l'immobile abusivo era stato acquisito al patrimonio comunale, ex art. 31, comma 3, Testo Unico Edilizia, in data antecedente rispetto alla sanatoria del 2017 e alla presentazione dell'istanza di condono;
  • le opere abusive non erano state ultimate alla data del 31 dicembre 1993;
  • il volume complessivo delle opere superava il limite stabilito per legge.

All'esito del successivo giudizio di rinvio, è stato, quindi, pronunciato il rigetto dell'istanza di revoca dell'ingiunzione a demolire, sulla scorta di valutazioni sostanzialmente coincidenti con quelle rese dalla Terza Sezione della Cassazione. Contro questa ultima pronuncia hanno proposto quindi ricorso in Cassazione i proprietari delle opere, lamentando fra l'altro non che sussisterebbe un divieto, normativamente previsto, di frazionamento o di accorpamento di unità immobiliari e che quindi il condono risulterebbe perfettamente concedibile.

A rinforzo, i ricorrenti affermano che l'Ufficio condono edilizio del Comune di aveva già dato atto della sanabilità delle opere abusive oggetto di richiesta di condono edilizio, evidenziando come ogni singola domanda presentata riguardasse beni di cubatura inferiore ai 750 mc.

L'acquisizione dell'immobile al patrimonio immobiliare

La Corte suprema parte dal primo motivo di ricorso, evidenziando il principio per il quale l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione dell'opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, entro 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire emessa dall'autorità amministrativa, determina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e dell'area pertinente, anche nel caso in cui il manufatto sia gravato da sequestro e, pertanto, l'ordine di demolizione si debba ritenere sospeso nella sua efficacia.

Di conseguenza, al momento della presentazione dell'istanza dì condono, e, comunque, alla data della sanatoria del 2017, l'immobile abusivo era già stato acquisito al patrimonio comunale, ai sensi dell'art. 31, comma 3, Testo Unico Edilizia.

Quindi non conta che il condono non sia precluso dal provvedimento di acquisizione dell'immobile abusivo al patrimonio comunale, visto che l'istanza di permesso in sanatoria era stata richiesta da parte di soggetti non più proprietari dell'immobile abusivo.

Ultimazione delle opere: per il secondo condono edilizio la data conta 

Ma c'è di più. Siccome - segnalano gli ermellini -, come provato dalla documentazione fotografica, le stesse opere abusive risultano non ultimate alla data del 31.12.1993, va esclusa la possibilità di ottenere la concessione in sanatoria, in ossequio a quanto disposto dall'art. 39, comma 1, legge 724/1994 (cd. Secondo condono edilizio).

Condono edilizio: cos'è l'esecuzione del rustico?

Tra l'altro, ai fini dell'applicazione del cd. condono edilizio, l'art. 31 della legge 47/1985 (Primo condono edilizio) stabilisce che si considerano ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici stenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente.

L'esecuzione del cd. rustico, poi, è riferita al completamento di tutte le strutture essenziali, tra le quali vanno annoverate le tamponature esterne, che determinano l'isolamento dell'immobile dalle intemperie e configurano l'opera nella sua fondamentale volumetria.

Il frazionamento degli abusi è illegale

In ultimo, la Cassazione ricorda che il già citato art. 39, comma 1 della legge 724/1994 prevede la possibilità di ottenere la concessione edilizia in sanatoria cd. speciale per le opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi, nonché per le opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia.

Ciò significa che ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario che fa capo ad un unico soggetto legittimato e le istanze eventualmente presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono esser riferite ad un'unica concessione in sanatoria, che riguardi quest'ultimo nella sua totalità, in quanto la ratio della norma è di non consentire l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera per la concedibilità della sanatoria attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso edificatorio.

Il riferimento oggettivo all'unicità della nuova costruzione interamente abusiva impedisce, cioè, che il limite di 750 metri cubi possa essere aggirato mediante il frazionamento delle sue singole parti, altrimenti eludendosi la finalità della legge, volta a sanare solo abusi di modesta entità.

Tradotto diversamente: niente condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica.

Quattro istanze di condono per un solo edificio: è frazionamento artificioso della domanda 

Con specifico riferimento ad una fattispecie in cui i richiedenti avevano presentato diverse istanze di condono riferite ad altrettanti piani di un immobile abusivo, la Cassazione ricorda poi che, in tema di condono edilizio, nel caso di bene immobile in comproprietà, per il quale non sia stata operata alcuna divisione né costituito un distinto diritto di proprietà su una porzione dello stesso, la presentazione di distinte istanze di sanatoria da parte di diversi soggetti legittimati in forza degli artt. 6 e 38, comma 5, della legge 47/1985, richiamati dall'art. 39, comma 6, della legge 724/1994, costituisce un frazionamento artificioso della domanda, e in quanto tale illegale.

Ed è proprio questo il 'nostro' caso, visto che è stata illecitamente effettuata la presentazione, da parte dei quattro eredi, di altrettante istanze di condono, in quanto proposte «ciascuna per la quota di 1/4 delle opere abusivamente realizzate (1/4 porticato, 1/4 androne p.t., 1/4 appartamento al primo ed al secondo piano), ciascuna per un volume pari a 305 mc», a fronte di un volume complessivo dell'intera opera pari a 1.220 metri cubi.

Frazionamento artificioso dell'abuso edilizio che, come conseguenza, si vede negare il condono edilizio.


LA SENTENZA 32267/2022 DELLA CASSAZIONE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

Allegati

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