T.U. Edilizia
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D.P.R. 380/2001. Testo Unico Edilizia. Art. 23-quater (L) - Usi temporanei

(n.d.r. Tale disposizione è stata inserita dall'art. 10, comma 1. lettera m-bis) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76).

1. Allo scopo di attivare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e favorire, nel contempo, lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale, il comune può consentire l'utilizzazione temporanea di edifici ed aree per usi diversi da quelli previsti dal vigente strumento urbanistico.
2. L'uso temporaneo può riguardare immobili legittimamente esistenti ed aree sia di proprietà privata che di proprietà pubblica, purché si tratti di iniziative di rilevante interesse pubblico o generale correlate agli obiettivi urbanistici, socio-economici ed ambientali indicati al comma 1.
3. L'uso temporaneo è disciplinato da un'apposita convenzione che regola:
a) la durata dell'uso temporaneo e le eventuali modalità di proroga;
b) le modalità di utilizzo temporaneo degli immobili e delle aree;
c) le modalità, i costi, gli oneri e le tempistiche per il ripristino una volta giunti alla scadenza della convenzione;
d) le garanzie e le penali per eventuali inadempimenti agli obblighi convenzionali.
4. La stipula della convenzione costituisce titolo per l'uso temporaneo e per l'esecuzione di eventuali interventi di adeguamento che si rendano necessari per esigenze di accessibilità, di sicurezza negli ambienti di lavoro e di tutela della salute, da attuare comunque con modalità reversibili, secondo quanto stabilito dalla convenzione medesima.
5. L'uso temporaneo non comporta il mutamento della destinazione d'uso dei suoli e delle unità immobiliari interessate.
6. Laddove si tratti di immobili o aree di proprietà pubblica il soggetto gestore è individuato mediante procedure di evidenza pubblica; in tali casi la convenzione specifica le cause di decadenza dall'assegnazione per gravi motivi.
7. Il consiglio comunale individua i criteri e gli indirizzi per l'attuazione delle disposizioni del presente articolo da parte della giunta comunale. In assenza di tale atto consiliare lo schema di convenzione che regola l'uso temporaneo è approvato con deliberazione del consiglio comunale.
8. Le leggi regionali possono dettare disposizioni di maggior dettaglio, anche in ragione di specificità territoriali o di esigenze contingenti a livello locale.

Commento

L’art. 23 quater “Usi temporanei” del TU 380 del 2001 si inserisce nella tematica più complessa della rigenerazione urbana, attività volta al recupero dei tanti immobili pubblici o privati abbandonati all’interno delle aree urbane, che spesso sono “macchiati” dalla cronaca per il loro pericoloso degrado, ma anche come un’occasione per favorire il loro recupero in un contesto di città pubblica.
La norma introdotta dal Decreto Semplificazioni del 2020, costituisce un’assoluta novità nel panorama italiano, poiché dà la possibilità al Comune di autorizzare, senza previa approvazione di una variante di piano, che aree pubbliche o private ed edifici legittimamente costruiti, vengano adibite “ad usi diversi da quelli previsi dal vigente strumento urbanistico”.
Difatti, sono molti i comuni che permettono, con un proprio regolamento, la fruizione per l’uso temporaneo e straordinario da parte di terzi di beni immobili di proprietà dell’amministrazione comunale, ad esempio si pensi alla possibilità di utilizzare dei locali dismessi per attività sportive o socioculturali che vede nella destinazione d’uso dell’immobile un vincolo difficile da superare.
Secondo quanto disciplinato dal testo dell’articolo in questione, per ricorrere a tale istituto il legislatore ha previsto la sussistenza dei seguenti presupposti:
1) la duplice finalità di attivare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e di favorire lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale;
2) la circostanza che si tratti di iniziative di rilevante interesse pubblico o generale correlate agli obiettivi suddetti;
3) la temporaneità dell’uso.
Ai fini dell’attuazione dell’intervento, il quarto comma richiede la stipulazione di una convenzione urbanistica, il cui contenuto fondamentale è indicato al comma 3 dell’articolo 23 quater, con la precisazione che le eventuali opere di adeguamento dell’immobile siano reversibili (in modo da poterlo rimettere in pristino una volta terminato l’uso temporaneo).
L’ottavo comma prevede la possibilità per le Leggi regionali di adottare disposizioni di maggior dettaglio, anche in ragione di specificità territoriali o di esigenze contingenti a livello locale, ma non risulta che la Regione Puglia abbia ad oggi provveduto in tal senso.
Occorre preliminarmente evidenziare che trattandosi di una norma derogatoria agli strumenti urbanistici, essa dovrà essere interpretata restrittivamente e rigorosamente, ovvero limitandone l’applicazione solamente alla fattispecie che ne rispecchiano i requisiti sovra riportati.
Le finalità indicate al primo comma richiamerebbero in causa la discrezionalità amministrativa; tuttavia, risulterebbe alquanto rischiosa l'ipotesi di un obbligo in capo all’Amministrazione di fare ricorso all’art. 23 quater in luogo di altri strumenti previsti dall’ordinamento per attuare le valorizzazioni di aree dismesse o non utilizzate.
Oltretutto un eventuale diniego opposto dal comune al ricorso di tale strumento urbanistico, potrebbe non essere messo in discussione dal Giudice, in quanto il giudizio, fondato sulla discrezionalità amministrativa potrebbe in tal caso essere sottratto dal sindacato del Giudice amministrativo.
Tuttavia, Il 2° comma dell’articolo in commento parrebbe mettere in chiaro che l’uso temporaneo debba riguardare immobili di proprietà pubblica o privata, purché legittimamente esistenti e per ospitare “iniziative di rilevante Interesse pubblico o generale correlate agli obiettivi urbanistici, socio – economici ed ambientali”
L’espressione è molto simile a quella contenuta nell’art. 14 del T.U. dell’Edilizia in tema di permesso di costruire in deroga, con la differenza che qui è riferita ad “iniziative”, e non a singoli interventi edilizi, e che vi è l’aggiunta dell’aggettivo “rilevante”.
Peraltro, il comma 1 bis dell’articolo da ultimo menzionato, ammette il permesso in deroga anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia volti a finalità di rigenerazione urbana, di contenimento del consumo del suolo e di recupero sociale e urbano dell'insediamento.
Nondimeno, l’art.23 sembrerebbe riferirsi a interventi più strutturati e più ampi di una semplice “riconversione” di un singolo immobile da area ad interesse collettivo a locale di intrattenimento, senza contare che comunque si tratterebbe di una soluzione “a tempo determinato”.
Infine, il settimo comma prevede che l’amministrazione debba adottare un’apposita delibera per dare atto dell’esistenza di un interesse pubblico correlato al raggiungimento degli obiettivi previsti dalla norma.

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Il D.P.R. 380/2001 (più conosciuto come Testo unico per l'edilizia) definisce le regole fondamentali da seguire in ambito edilizio.

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