Decreto Salva Casa e gazebi: nessuna retroattività per gli abusi edilizi
Il Decreto Salva Casa (legge 105/2024) introduce una serie di novità in materia di edilizia libera, dando la possibilità di realizzare strutture leggere come tende, pergole e coperture, purché non comportino la creazione di spazi chiusi o variazioni volumetriche significative. La sentenza del TAR Lazio n. 869/2025, sottolinea che le opere di notevole dimensione, come strutture autonome e chiuse, non possono beneficiare delle semplificazioni del decreto, sottolineando che il decreto non costituisce una sanatoria retroattiva valida per tutti gli abusi edilizi passati.
Opere di protezione e di edilizia libera: cosa cambia con il decreto Salva Casa
Un gazebo è una struttura leggera, utilizzata per creare una zona ombreggiata o protetta in spazi aperti come giardini, terrazze o aree pubbliche. Può essere realizzato in diversi materiali e avere coperture in tela, PVC, vetroresina o altri materiali resistenti agli agenti atmosferici.
Quando l’opera non dovesse però risultare precaria, né tantomeno temporanea (essendo eventualmente ancorata al suolo), ovvero presenti delle dimensioni rilevanti, la sua realizzazione necessitava di un opportuno titolo edilizio, come ad esempio il permesso di costruire.
Con l’introduzione del decreto Salva Casa, convertito con legge 105/2024, sono state elencate le opere rientranti in edilizia libera, includendo alcune strutture leggere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, come tende (a pergola o bioclimatiche).
Tuttavia, vengono espressamente escluse, le opere che creano spazi stabilmente chiusi, comportando una variazione di superfici o volumi urbanistici.
Quando tali disposizioni non vengono rispettate si sfocia nell’abusivismo.
Il decreto è stato quindi uno degli strumenti legislativi che ha introdotto una serie di semplificazioni per favorire:
- la regolarizzazione di difformità edilizie lievi;
- la sanatoria edilizia per molti interventi interni, eseguiti senza titolo.
Tra le principali novità del decreto sicuramente vi sono:
- l’abolizione della doppia conformità per determinate irregolarità minori;
- la semplificazione delle procedure per il cambio di destinazione d’uso degli immobili;
- la possibilità di sanare abusi edilizi commessi prima del 1977.
Tuttavia, è necessaria una precisazione, il Decreto Salva Casa non può essere applicato in modo retroattivo. Ciò significa che le disposizioni introdotte dal decreto, non possono riguardare automaticamente tutti gli abusi edilizi commessi in passato. Questi infatti devono essere valutati e analizzati secondo le norme vigenti al momento in cui sono stati realizzati.
Il pensiero di una possibile retroattività del Decreto Salva ha suscitato aspettative tra cittadini e imprenditori, tuttavia, con la sentenza del TAR Lazio n. 869/2025, viene messo in evidenza che queste aspettative devono fare i conti con regole precise e non sempre permissive.
Decreto Salva Casa: limiti e applicazioni
Il cuore della sentenza del TAR Lazio verte sul decreto Salva Casa, la vicenda nasce a causa di un ricorso presentato da un ricorrente contro Roma Capitale e un Condominio. Lo scopo riguardava l’annullamento di una determinazione con la quale il Comune intimava al pagamento di una sanzione amministrativa.
Tale disposizione del Comune nasceva dalla realizzazione di una struttura abusiva, che riguardava una tettoia in metallo con copertura in plexiglass e vetro plastificato, tamponata lateralmente con teli in PVC, pavimentata, dotata di impianto elettrico. Un manufatto, quindi, strutturalmente definito e funzionalmente autonomo. Tale opera era collocata all’interno di un complesso condominiale, di cui il ricorrente era l’affittuario.
Secondo il ricorrente si sarebbe trattato di un gazebo temporaneo e pertinenziale, destinato ad offrire riparo e privo di rilevanza edilizia. Egli aveva cercato di sfruttare il decreto Salva Casa, ritenendo che le nuove regole fossero in realtà retroattive.
Inoltre, ha invocato il principio della "lex mitior", ossia la prevalenza della nuova legge qualora la stessa fosse più vantaggiosa. Secondo tale principio, il ricorrente riteneva che il Decreto Salva Casa dovesse essere applicato anche ai casi passati, persino se la sanzione fosse già stata erogata.
Il TAR ha respinto il ricorso, chiarendo che “In primo luogo, il D.L. 69/2024, in difetto di diversa previsione di diritto transitorio, soggiace agli ordinari principi di diritto intertemporale, sub-specie del principio tempus regit actum. Consegue che esso trova applicazione a tutti quei procedimenti ancora pendenti, ossia non esitati con il provvedimento finale, alla data di entrata in vigore del menzionato D.L. 69/2024 (ossia in data 28.7.2024).
Né, a conclusioni opposte, può addivenirsi sulla base dell’argomento difensivo del ricorrente di cui si è detto, a nulla invero rilevando la circostanza che il D.L. 69/2024 abbia codificato, in parte qua, principi giurisprudenziali: la legge primaria, infatti, salvo che sia diversamente disposto e che essa abbia natura di norma di interpretazione autentica a efficacia retroattiva, non può che disporre per il futuro.”
Da ciò si comprende che il D.L. 69/2024 non contiene alcuna norma di diritto transitorio e quindi non ha nessun valore retroattivo e in assenza di norme di interpretazione autentica, si applica solo per il futuro. Ne consegue che il Salva Casa si applica solo ai procedimenti non ancora conclusi al momento della sua entrata in vigore, ovvero al 28 luglio 2024.
Quanto al principio della lex mitior, il Tribunale ha ribadito che “(…) anche ove essa contenesse, per mera ipotesi, ma così non è (come tra poco si vedrà), in riferimento al caso di specie, una disciplina più favorevole – tale per cui l’attività per cui è causa sarebbe oggi divenuta lecita – non potrebbe in ogni caso essere invocato il principio della lex mitior. Tale principio trova, infatti, applicazione solo con riferimento alle sanzioni formalmente amministrative, ma sostanzialmente penalistiche e non invece, come accaduto nel caso di specie, con riferimento a sanzioni amministrative tout court.”
In conclusione il citato principio l'ex mitior, può essere applicato solo per le sanzioni che in realtà hanno natura penale, anche se sembrano amministrative, a differenza del caso della sentenza, che tratta di una vera e propria sanzione amministrativa semplice e non penale.
Inoltre la sentenza chiarisce che le innovazioni di cui al D.L. 69/2024 (art. 6, comma 1, b-ter), DPR 380/2001) hanno ricondotto all’edilizia libera per “le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all'estensione dell’opera” e non, come accaduto nel caso di specie, per opere che possano determinare “la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici”, dovendo esse invece “avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche”.
Pertanto, (...) "non avrebbe in ogni caso potuto trovare applicazione al caso di specie, data la rilevanza della struttura attinta dal provvedimento in questa sede gravato.”
Il Decreto Salva Casa ha quindi semplificato la realizzazione di alcune opere, eliminando l'obbligo di richiedere titoli abilitativi, come ad esempio tende, pergole leggere e simili, ma limitatamente ai casi in cui:
- non si creino nuovi spazi chiusi;
- non si incrementino i volumi all’edificio;
- non abbiano un impatto visivo rilevante e si integrino bene con l’aspetto dell’edificio esistente.
Nel caso della sentenza ciò non era verificato, in quanto la struttura costruita è troppo grande, chiusa ai lati, pavimentata, con impianti e usata per attività come la somministrazione di cibo o bevande. Quindi non è una semplice copertura leggera, ma un vero e proprio locale con destinazione precisa ed autonoma.
La sentenza rimarca come il Decreto Salva Casa, pur semplificando o eliminando alcune procedure burocratiche per piccole opere, non possa essere usato per regolarizzare qualsiasi abuso edilizio passato.
La legge 105/2024 non deve essere vista come una sanatoria o un nuovo condono!
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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