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Digitalizzazione, Sostenibilità, Politica Industriale ed Emergenza Abitativa

Una riflessione di Angelo Ciribini

La sensazione che si avverte spesso è che, analogamente a quanto accaduto nel lontano passato, la nuova industrializzazione edilizia, ispirata, questa volta, a digitalizzazione e a sostenibilità, circoscriva alla prefabbricazione, vale a dire alla manifestazione più letterale della manifattura, il proprio ambito di applicazione.

In ogni caso, qualunque sia la cultura industriale che la ispira, la prefabbricazione trova attualmente a livello internazionale applicazione nell’edilizia militare, ospedaliera, penitenziaria, ricettiva, scolastica, e così via.

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Prefabbricazione edilizia: quali ambiti di applicazione in Italia?

Il campo di adozione più significativo concerne, tuttavia, l’edilizia residenziale e, sebbene, in molti Paesi Europei, non manchino soluzioni inerenti all’alta gamma, l’affordable e il social housing e co-housing sembrano essere i contesti preferenziali.

Naturalmente, in Italia, la presenza di un vasto patrimonio costruito da riqualificare e da rigenerare, oltreché, almeno in parte, da conservare, unitamente alla necessità di ridurre drasticamente il consumo di suolo (ma con poca predisposizione verso la cosiddetta edilizia di sostituzione) rende particolarmente difficoltosa la prospettiva di promuovere un vasto programma di nuova edificazione basata sulla produzione manifatturiera e sull’assemblaggio per supportare l’«emergenza abitativa».

Se, tuttavia, si riuscisse a rintracciare le opportune soluzioni tecnologiche per affrontare sia il riuso sia la sostituzione, si dovrebbero affrontare due questioni assai delicate che riguardano direttamente le rappresentanze professionali e imprenditoriali:

  1. l’attitudine dei progettisti a integrarsi nella filiera produttiva e a recepire le ragioni degli esecutori e dei manutentori;
  2. la predisposizione dei costruttori a privilegiare la fase dell’assemblaggio, dell’Off Site in luogo dell’On Site.

Tutto ciò si dovrebbe accompagnare a un sistema di piattaforme tecnologiche produttive dedicate e alla evoluzione helpful e cognitive della smart home.

Bisogna, dunque, chiedersi se queste condizioni siano oggi ben chiare agli operatori, nell’eventualità che un governo decida, infine, di deliberare e di finanziare, come sta accadendo altrove nel Continente Europeo, una politica industriale per l’edilizia residenziale basata su un importante programma di investimenti fondato sull’industrializzazione edilizia.

È palese, in effetti, che una simile eventualità tenderebbe a modificare strutturalmente gli assetti di un comparto incentrato tradizionalmente sulla separazione tra ideatori, realizzatori e gestori, oltre che sulla frammentazione di tessuti committenti, professionali e imprenditoriali che, in questo caso, tenderebbero, al contrario, ad aggregarsi nonché certo a integrarsi.

È evidente, infatti, che questo scenario vedrebbe un quadro contrattuale totalmente differente, dipendente da accordi collaborativi, legati a programmi multi-commessa, anziché su singole aggiudicazioni, vertenti su piattaforme digitali tecnologiche finalizzate a creare sistemi aperti di componenti edilizi e impiantistici, sorte di «telai» da cui originare combinatorie singolari di opzioni progettuali.

Esse, tuttavia, discenderebbero da elementi normalizzati tesi ad abbattere i costi unitari di produzione, logistica e assemblaggio, preventivamente validati, grazie ad appositi dispositivi di intelligenza artificiale, dal punto di vista della conformità regolamentare per ridurre i tempi di attraversamento amministrativo e l’incertezza autorizzativa.

Il che faciliterebbe, in termini progettuali, meccanismi di semi-automazione delle scelte progettuali e costruttive.

La dimensione helpful e cognitive della smart home indurrebbe, inoltre, non solo a dotare i componenti di una «intelligenza interconnessa», ma, soprattutto, a definire modelli comportamentali da introdurre nelle logiche combinatoriali quali profilazioni di stili di vita.

Tutto ciò, perciò, implicherebbe che, al più presto, si apra un dibattito condiviso nel settore per comprendere in che misura la filiera sia disponibile a una tale riconfigurazione e in che modo il versante dell’Offerta possa interloquire preventivamente con quello della Domanda, proponendo una propria strategia industriale, in grado di gestire una transizione complessa del comparto.

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