Distanze tra edifici: ok alla deroga per la demolizione e ricostruzione sul confine preesistente
Nell'ambito di un intervento edilizio complessivo, la ricostruzione di un edificio precedentemente demolito può avvenire mantenendo l'allineamento originario lungo il confine, a prescindere dal fatto che l'opera venga classificata come nuova costruzione o ristrutturazione.
Ogni opera di demolizione e ricostruzione, nel contesto di un intervento unitario, indipendentemente dalla qualificazione come ristrutturazione o nuova costruzione, può essere realizzato sulla linea di confine del fabbricato demolito, anche ove quest'ultimo risulti "legittimamente" posto ad una distanza da fabbricati e da confini inferiore da quelle attualmente previste (cioè 10 metri).
E' di assoluta rilevanza il principio affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 11262/2025, che ha sbrogliato la matassa relativa alla controversia tra una società immobiliare e i residenti frontistanti, i quali contestavano la legittimità di un intervento di demo-ricostruzione dell'edificio preesistente.
Demo-ricostruzione: tra ristrutturazione e nuova costruzione
Secondo i ricorrenti, l'intervento si qualificava come nuova costruzione in quanto realizzata su diverso sedime, con violazione del limite di 10 metri previsto dal DM 1444/1968 sulle distanze tra edifici.
La Corte d'appello ha ritenuto che l'intervento configurava una demo-ricostruzione con "forma ed una volumetria esterne fedeli a quelle preesistenti" sulla quale non si applicava l'art. 9 comma 2 del DM 1444/1968. Inoltre, sempre secondo la Corte, "i volumi relativi alla nuova costruzione sarebbero stati ridotti e la distanza fra i rispettivi immobili sarebbe aumentata".
Le novità del DL Semplificazioni
Per la Cassazione non è così, in quanto va applicata la norma più favorevole sopraggiunta e introdotta dal DL 76/2020, convertito in legge 120/2020 (Decreto Semplificazioni), nel caso specifico l'art.2-bis comma 1-ter del Testo Unico Edilizia, il quale prevede che "in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti".
Il principio generale sulle distanze
L'art. 9 del DM 1444/1968 impone il rispetto della distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate ed edifici antistanti, norma che prevale su eventuali disposizioni regolamentari comunali in contrasto.
Quando si può derogare alle distanze
La Corte chiarisce in primis che, secondo la disciplina vigente e il relativo orientamento giurisprudenziale, un intervento di demolizione e ricostruzione può derogare ai limiti di distanza se ricorrono determinate condizioni:
- coincidenza del sedime: l’edificio ricostruito deve insistere sulla stessa area di sedime del fabbricato demolito;
- volume conforme: deve essere mantenuto lo stesso volume del preesistente (o inferiore);
- altezza invariata: non deve superare l’altezza dell’edificio originario (a meno che la normativa lo consenta);
- distanze legittimamente preesistenti: le distanze derogatorie sono ammesse solo se erano legittime al momento della costruzione originaria.
Le modifiche normative (ius superveniens)
La Cassazione, in seguito, richiama le innovazioni normative introdotte da:
- DL 32/2019 (cd. "Sblocca Cantieri"), che ha modificato l'art. 2-bis del dpr 380/2001 (Testo Unico dell’edilizia);
- L. 120/2020 (Semplificazioni), che ha ampliato il concetto di ristrutturazione edilizia, includendo anche interventi con diversa sagoma, sedime, prospetti e caratteristiche volumetriche, purché ammessi dagli strumenti urbanistici locali.
In particolare, l'art. 2-bis, comma 1-ter del TUE prevede che la ricostruzione è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, anche se:
- vi sono aumenti di volume;
- si costruisce fuori sagoma;
- si supera l'altezza dell’edificio originario.
Tutto ciò, però, non vale nelle zone vincolate o di pregio storico, dove valgono limiti più restrittivi.
Il caso concreto
Nel caso esaminato:
- la ricostruzione è avvenuta con modifica di sagoma e leggero spostamento del sedime;
- i ricorrenti lamentavano violazione delle distanze legali;
- la Corte ha ritenuto necessaria una nuova valutazione in sede di rinvio, per accertare se l'intervento rientri nella definizione di ristrutturazione edilizia "ammessa" dalla nuova normativa e se le distanze preesistenti fossero legittime.
Il nuovo principio di diritto
La Cassazione sottolinea che "la norma introduce in definitiva il principio secondo cui ogni opera di demolizione – ricostruzione, nel contesto di un intervento unitario, indipendentemente dalla qualificazione come ristrutturazione o nuova costruzione (“in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici”), può essere realizzato sulla linea di confine del fabbricato demolito, anche ove quest’ultimo risulti “legittimamente” posto ad una distanza da fabbricati e da confini inferiore da quelle attualmente previste".
La norma prosegue indicando la possibilità che anche eventuali "incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti all’intervento" possano essere collocati sul filo dell'edificio preesistente, anche fuori della sagoma e con superamento
dell'altezza del manufatto demolito.
In definitiva: la demo-ricostruzione può avvenire mantenendo l'allineamento originario lungo il confine, a prescindere dal fatto che l'opera venga classificata come nuova costruzione o ristrutturazione. Ciò è possibile anche nel caso in cui il fabbricato preesistente, seppur conforme alla normativa all'epoca della sua realizzazione, fosse collocato a distanze inferiori rispetto a quelle attualmente imposte nei confronti di altri edifici o dei confini di proprietà.
LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

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