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Effetti delle vibrazioni sulle strutture: come e perchè fare il monitoraggio dinamico. Un caso studio

Che cosa è il monitoraggio dinamico di una struttura, quali sono i riferimenti normativi e applicazione al caso di una torre piezometrica.

Argomento principale di questa pubblicazione è il monitoraggio dinamico di una torre piezometrica, con l’obiettivo di procedere ad un confronto tra i livelli di oscillazione a cui questa è sottoposta, a causa delle sorgenti vibrazionali presenti nel suo intorno, con i limiti proposti dalla norma di riferimento UNI9916 – Criteri di misura e valutazione degli effetti delle vibrazioni sugli edifici. 

Quanto di seguito esposto anticipa ulteriori due successivi articoli, riguardanti la medesima struttura e relativi alla sua identificazione dinamica. 

Il primo propone un confronto tra le frequenze proprie di oscillazione ottenute da considerazioni analitiche e quelle conseguenti all’elaborazione dei dati accelerometrici forniti dal monitoraggio. 

Il secondo articolo, invece, presenta come tema principale l’applicazione di una nuova metodologia di studio delle vibrazioni strutturali definita come “moto magnificato”, con il medesimo obiettivo di ottenere le frequenze proprie di oscillazione della torre piezometrica.

L’intera esposizione è un estratto della tesi di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile dell’Ingegnere Antonio Mucciarone, sviluppata durante l’esperienza di tirocinio svolta presso la società Indagini Strutturali srl.

Prima dell’esposizione dei risultati ottenuti dall’attività di monitoraggio, si procederà ad una descrizione circa le principali tematiche di quest’attività, delle indicazioni fornite dalla norma, delle principali caratteristiche della strumentazione e i principi base sul trattamento dati.

 

Monitoraggio dinamico delle strutture

Tutte le strutture, durante le loro condizioni di esercizio, sono inevitabilmente soggette a fenomeni vibratori, i quali possono provocare rumori e disturbi anche gravi, sia all’organismo strutturale che all’uomo, capaci di causare danni, visibili e misurabili, mettendo a rischio l’integrità architettonica della stessa. Per tale motivo, il tema del monitoraggio delle strutture ha assunto sempre più rilievo a causa dell’incremento delle fonti di vibrazioni di natura antropica, quali traffico veicolare e ferroviario, funzionamento di macchinari industriali, attività di cantiere.

È bene però precisare che le vibrazioni provocate dalle sorgenti prima definite non saranno quasi mai la causa diretta di rilevanti danni a livello strutturale, poiché questi richiederebbero il raggiungimento di sollecitazioni ben più significative (come, ad esempio, nel caso di azioni sismiche) ma possono invece condurre ad un aggravamento dello stato di conservazione in cui l’edificio versa, soprattutto nel caso questo sia già caratterizzato dalla presenza di quadri fessurativi e lesioni rilevanti provocati da altri fenomeni, come ad esempio stati di sollecitazione già in atto (connessi alla sua destinazione d’uso), cedimenti differenziali delle fondazioni o variazioni di umidità. 

A seguito di tali considerazioni, risulta essere evidente come si sia avuta una crescente sensibilità circa questa tematica, motivo per il quale sono state introdotte una serie di norme nazionali che coprono l’intera problematica delle vibrazioni negli edifici: valutazione del disturbo delle persone, valutazione del possibile danno strutturale e implementazione della metodologia di misura.

L’esigenza di procedere ad un monitoraggio continuo della struttura si è potuta soddisfare grazie ai progressi tecnologici in ambito hardware e di signal processing, consentendo così di ottenere più informazioni possibili per valutare se il moto vibratorio a cui questa è sottoposta possa influenzare in maniera più o meno significativa sul suo stato di conservazione.

È bene concludere che l’obiettivo dell’attività di monitoraggio prevista dalle suddette norme non è quello di giungere ad una caratterizzazione dinamica della struttura (ovvero mediante l’individuazione delle frequenze ed i modi propri di vibrare, poiché questa richiederebbe delle elaborazioni dati più approfondite), ma solo stabilire se le vibrazioni in atto possano incidere sul suo degrado. 

Al fine di ottenere un’affidabile raccolta dati tali da consentire una corretta elaborazione dei segnali e stabilire le caratteristiche del fenomeno vibratorio a cui la struttura è sottoposta, è fondamentale redigere un adeguato piano della campagna di monitoraggio, considerando sia le caratteristiche della sorgente di eccitazione che di risposta dell’edificio. Di seguito si riportano quelli che si ritengono essere i punti fondamentali per una corretta esecuzione del piano di monitoraggio, per alcuni dei quali la stessa norma fornisce utili indicazioni:

  • Scelta della grandezza da misurare (accelerazione, velocità, spostamento);
  • Scelta della tipologia di trasduttori da adottare;
  • Definizione del numero e posizione dei punti di misura, durata dell’acquisizione. 

 


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Monitoraggio dinamico: le norme di riferimento

La norma di riferimento è la UNI 9916 Criteri di misura e valutazione degli effetti delle vibrazioni sugli edifici, la quale pone l’attenzione esclusivamente alla conservazione e salvaguardia delle strutture soggette a fenomeni vibratori di diversa origine. Questa fa espressamente riferimento ad altre norme nazionali estere, come la DIN4150-3 tedesca

È bene ribadire come questa norma non abbia valenza strutturale, poiché non riguarda la possibilità di danneggiamenti pericolosi per la stabilità degli edifici, motivo per cui vengono considerate le sole vibrazioni di modesta intensità, ovvero capaci di provocare esclusivamente effetti architettonici tali da compromettere e ridurre il valore commerciale del fabbricato.

Nel caso in cui, a seguito di questi medesimi fenomeni vibratori, si registrino danni strutturali tali da ledere l’integrità e la sicurezza dell’edificio, è probabile la presenza di problemi pregressi, come ad esempio vizi costruttivi o scarse proprietà meccaniche dei materiali impiegati. 

Inoltre, è fondamentale precisare come la norma non voglia considerare solo le proprietà della sollecitazione in atto ma anche le caratteristiche stesse della struttura. Nonostante questa escluda infrastrutture come ponti, gallerie e strutture sotterrane, i limiti vengono espressi in riferimento alle seguenti tre classi di edifici:

  • Classe 1 – edifici industriali;
  • Classe 2 – edifici residenziali;
  • Classe 3 – edifici che non ricadono nelle precedenti classi, come ad esempio gli edifici di interesse storico.

Il livello di danno subito dagli edifici a seguito delle vibrazioni è espresso in termini di velocità, introducendo una “valutazione cinematica” del danno.

I livelli massimi di velocità proposti dalla norma non sono però da ritenersi come limiti assoluti, poiché anche un loro superamento non comporta necessariamente il verificarsi di un danno, essendo questi fortemente influenzati dalle condizioni al contorno dell’edificio e dalle modalità di acquisizione dei dati.

Per esperienza, è possibile desumere che mantenendo i valori di velocità al di sotto di questi limiti di soglia non si vengano a verificare danni nelle strutture provocate dalle vibrazioni, essendo questi limiti il risultato di numerose valutazioni empiriche ottenute durante diverse campagne di monitoraggio.

In caso contrario, si rende necessario operare ad indagini più approfondite, considerando la tipologia costruttiva, le caratteristiche meccaniche del materiale, la tipologia e lo stato di conservazione delle fondazioni, lo stato di conservazione della struttura stessa (ad esempio la presenza di eventuali quadri fessurativi già presenti) e la storia delle sollecitazioni, al fine di stabilire il reale effetto delle vibrazioni.

Nel punto di misura delle vibrazioni della struttura è possibile individuare due tipologie di velocità.

  1. peak componente particle velocity (p.c.p.v. – velocità di picco puntuale di una componente): valore massimo del modulo di una delle tre componenti ortogonali di velocità nel punto di misura delle vibrazioni. v(i,max) (t)  con i=1,2,3
  2. peak particle velocity (p.p.v. – velocità di picco puntuale): valore massimo del modulo di velocità nel punto di misura delle vibrazioni. Per la sua definizione è necessaria la misura contemporanea delle vibrazioni nelle tre componenti ortogonali, le cui velocità vengono combinate vettorialmente così da ottenere in ogni istante il modulo della velocità.
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Metodologie di valutazione degli effetti vibrazionali

La metodologia di valutazione degli effetti vibrazionali proposti dalla norma, mediante un confronto tra i valori di velocità, rientra in un approccio puramente sperimentale. Sarebbe altrettanto possibile eseguire un approccio più teorico, basato sulla realizzazione di un modello FEM della struttura, capace di valutare nel dettaglio gli effetti provocati dalle vibrazioni in atto, la quale però richiederebbe una sua più approfondita conoscenza (geometria degli elementi strutturali, caratteristiche costruttive, proprietà meccaniche dei materiali, geometria delle fondazioni) ed il suo attuale stato di conservazione (eventuale presenza di fessurazioni pregresse), non sempre di facile attuazione.

Non è però rilevante il solo valore massimo raggiunto dalle velocità, ma anche il suo contenuto in frequenza, motivo per cui i limiti proposti dalla norma sono espressi in funzione di esso, ovvero nel piano frequenza – velocità.

Questo rende necessario procedere ad un’analisi spettrale del segnale, al fine di stabilire l’intervallo di frequenza all’interno del quale i contributi della sorgente vibrazionale siano rilevanti per il moto vibrazionale della struttura. È però altrettanto necessario tener presente che tale analisi del segnale è condizionata dalle sue modalità di acquisizione, come ad esempio la frequenza di campionamento. Nonostante le sorgenti vibrazionali d’interesse non siano causa di fenomeni di risonanza, possono comunque provocare un incremento rilevante delle velocità e tipicamente si assumono rilevanti le frequenze fino a 150H.

La stessa UNI 9916 fornisce delle indicazioni di massima sui range di frequenza che caratterizzano le principali sorgenti vibrazionali, le quali possono essere di diversa origine ed individuabili all’interno o esterno della struttura.

 

Il monitoraggio dinamico di una torre piezometrica

 Tabella 1 - Banda di frequenza delle sorgenti vibrazionali previste dalla UNI9916

 

Oltre al contenuto in frequenza, rilevante è anche la durata stessa del fenomeno vibratorio (direttamente proporzionale alla quantità di energia trasmessa), motivo per cui la norma identifica differenti modalità di danno in funzione della loro durata.

Fenomeni di lunga durata (o persistenti)

L’eccitazione è presente per lunghi periodi tali da provocare fenomeni ciclici di fatica, rendendo questa come principale causa del danno.

Fenomeni di breve durata

Caratterizzati dalla presenza di forzanti di durata limitata nel tempo che si presentano come una manifestazione isolata. Questo rende predominante l’ampiezza massima raggiunta dalla sollecitazione prodotta.

Nel caso di vibrazioni di breve durata, i valori limite previsti dalla suddetta norma sono espressi anche in relazione del punto di misura della vibrazione, così identificati: 

  • Livello di fondazione;
  • Solaio piano alto;
  • Mezzeria del solaio.

Limiti di velocità UNI9916, vibrazioni breve durata

Tabella 2 - Limiti di velocità UNI9916, vibrazioni breve durata

 

Risulta evidente che per le sole verifiche a livello di fondazione i limiti di velocità siano funzione del suo contenuto in frequenza, a differenza invece delle altre verifiche, i cui limiti sono costanti per tutte le frequenze.

Invece, per le verifiche delle vibrazioni di lunga durata, tali limiti di velocità sono tutti indipendenti dal contenuto in frequenza, come riportato nella tabella seguente.

 

Limiti di velocità UNI 9916, vibrazioni lunga durata

Tabella 3 - Limiti di velocità UNI 9916, vibrazioni lunga durata

 

Anche in tal caso, è possibile notare come i limiti di norma individuati per le verifiche di vibrazioni di lunga durata sono anche indipendenti dal loro punto di misura.

La norma UNI99 16, oltre a stabilire i limiti di velocità, fornisce anche dei suggerimenti riguardanti le metodologie ed i requisiti di base per la misura delle oscillazioni (definizione della frequenza di campionamento), tipologie di trasduttori da adottare, il trattamento dei dati e la valutazione degli effetti prodotti da esse, consentendo così la possibilità di confrontare i risultati di monitoraggi eseguiti in tempi differenti sulla stessa. Relativamente all’installazione dei trasduttori, sarebbe opportuno che questi venissero posizionati sul lato della struttura prossimo alla sorgente del fenomeno vibratorio e con una misura contemporanea nelle tre le direzioni per un tempo sufficiente tale da individuare al meglio tutte le sue caratteristiche, soprattutto in termini di contenuto in frequenza. 

Poiché per procedere alle verifiche con i limiti di norma non è sufficiente solo individuare il valore massimo di velocità dalle time history, è fondamentale sottoporre queste ad un adeguato processo di elaborazione nel dominio delle frequenze, suggerito dalla stessa norma e di seguito sintetizzato:

  1. Individuare dalla time history del segnale il valore massimo della velocità;
  2. Estrarre una parte del segnale attorno al valore massimo di velocità precedentemente individuato, per una lunghezza tale da caratterizzare adeguatamente il suo contenuto in frequenza;
  3. Applicare la finestra di Hanning al segnale estratto per ridurre il fenomeno di leakage;
  4. Esecuzione della FFT al segnale estratto e corretto;
  5. Individuazione della frequenza corrispondente al valore massimo dello spettro;
  6. Associare al valore massimo della velocità la frequenza prima individuata, così da consentire il posizionamento nel piano frequenza – velocità e consentire il confronto con i limiti di norma. 

 

Che cosa è la catena di misura

La catena di misura rappresenta l’insieme di tutta la strumentazione adottata per lo svolgimento dell’attività di monitoraggio dinamico. La scelta delle corrette strumentazioni è il primo passo per ottenere misure di alta qualità, fondamentali per le successive analisi di monitoraggio dinamico. È comunque inevitabile che insieme all’informazione fisica avvenga anche l’acquisizione di una quantità di rumore, seppur piccola.

I primi sistemi prevedevano solo una registrazione del segnale direttamente su carta, ad oggi completamente superato poiché limitante circa le elaborazioni da poter eseguire, favorendo il passaggio ai moderni sistemi DAQ – Data Acquisition, capaci invece di elaborare dati digitali, consentendo una visualizzazione real-time del segnale, la possibilità di procedere ad una loro memorizzazione per eseguire analisi ed elaborazioni post-registrazioni, favorendo così lo sviluppo di tecniche di facile ripetizione e confronto.

 

Sintesi sul trattamento dati nella catena di misura

Figura 1 - Sintesi sul trattamento dati nella catena di misura

Le strumentazioni di una catena di misura

Le attuali catene di misura si compongono di una serie di specifiche strumentazioni, di seguito elencate:

  • Trasduttore (o sensore);
  • Condizionatore di segnale;
  • Convertitore analogico-digitale – ADC;
  • Dispositivi finali (software di elaborazione, visualizzatore, …).

Ogni singolo strumento ha il compito di trattare il segnale in modo tale da renderlo adatto per le componenti successive, con l’obiettivo finale di ottenere le corrette informazioni dal segnale registrato. Essendo l’interesse esclusivamente diretto alle vibrazioni, ovvero ad oscillazioni attorno al suo punto di equilibrio, questa può essere misurata in termini di spostamento, velocità o accelerazione, tutte grandezze direttamente connesse tra di loro. 

Il trasduttore è il dispositivo che viene istallato direttamente sull’elemento strutturale di cui si vogliono misurare le vibrazioni, motivo per cui su di esso agisce direttamente la grandezza d’interesse. Questo viene connesso rigidamente alla struttura, in modo da evitare l’introduzione di rumori che possono inquinare i dati acquisiti, evitando inoltre l’interposizione di qualsiasi materiale che possa fungere da filtro in termini di contenuto in frequenza. Il suo principio di funzionamento prevede di fornire in uscita un segnale elettrico proporzionale alla grandezza in ingresso, secondo una conversione nota, funzione delle caratteristiche tecniche dello stesso trasduttore, motivo per cui il segnale restituito è di natura diversa da quella del segnale realmente d’interesse ma di più facile elaborazione per le successive operazioni di digitalizzazione. Il numero di sensori da installare durante l’attività di monitoraggio, oltre a dipendere dalle esigenze proprie della campagna di indagine, è anche funzione del numero di canali presenti nel sistema DAQ a cui i sensori devono essere connessi.

Si analizzano brevemente alcune delle principali caratteristiche che descrivono il comportamento del sensore:

  • Funzione di trasferimento: descrive il legame tra il segnale in ingresso (accelerazione) ed il segnale in uscita, in termini di ampiezza e fase. Questa è inoltre influenzata dalla modalità di connessione del sensore al sistema oggetto di studio;
  • Sensibilità: è definito come il più piccolo valore del segnale in ingresso che può creare una variazione del segnale in uscita. Individuato come il rapporto tra la variazione del segnale in uscita e la corrispondente variazione del segnale in ingresso. Essendo elettrico il segnale restituito dall’accelerometro (espresso in V), mediante la conoscenza della sensibilità dello strumento è possibile convertirlo in accelerazione (g).
  • Risoluzione: definisce la minima variazione del segnale in ingresso che viene captato e pertanto capace di produrre una variazione rilevabile del segnale in uscita;
  • Fondo scala (o campo di misura): individua i limiti entro i quali il sensore è in grado di registrare le variazioni della grandezza in ingresso (esempio ±2g);
  • Linearità: definisce lo scostamento della funzione di trasferimento dall’andamento lineare. È preferibile l’utilizzo del sensore nel tratto lineare, in modo tale da avere un legame proporzionale tra la grandezza in ingresso e quella in uscita;
  • Zero-g offset variation from over Temperature: variazione dell’offset dello strumento al variare della temperatura ambientale (espresso in termini di ±mg/(°C ));
  • Rumore di fondo: è il segnale indesiderato che viene prodotto internamente dal sensore, sovrapponendosi al segnale in uscita. Se il segnale da registrare fosse molto piccolo, potrebbe essere totalmente coperto dal rumore;

Meglio misurare le accelerazioni

Nonostante i limiti di norma siano espressi in termini di velocità, si preferisce procedere sempre ad una misura delle accelerazioni e poi procedere alla loro integrazione, malgrado gli inevitabili errori che vengono introdotti a seguito dell’integrazione numerica del segnale. Questo perché gli accelerometri sono capaci di misurare ampiezze anche ridotte e soprattutto segnali alle basse frequenze, risultando essere adatti alla gran parte delle strutture civili da dover monitorare.

Il condizionatore di segnale ha il compito invece di svolgere alcune operazioni sul segnale analogico direttamente rilevato dal sensore, in modo tale da prepararlo per la successiva fase di digitalizzazione, come ad esempio il filtraggio anti – aliasing o l’amplificazione del segnale (se questo dovesse risultare essere molto piccolo). 

Campionamento e quantizzazione di un segnale

Figura 2 - Campionamento e quantizzazione di un segnale

 

Il convertitore analogico – digitale (ADC) ha invece il compito di trasformare il segnale da analogico a digitale, ovvero un insieme discreto di numeri tramite le operazioni di campionamento (discretizzazione del tempo) e quantizzazione (discretizzazione dell’ampiezza del segnale), mediante le quali vengono definiti i valori istantanei del segnale ad intervalli regolari di tempo.

L’operazione di campionamento consente di trasformare i segnali continui in ingresso al convertitore ADC in una successione discreta di numeri, comportando un passaggio dal tempo continuo al tempo discreto. Questo avviene ad intervalli regolari di tempo, individuati dalla frequenza di campionamento fc. Nel caso in cui questa fase venisse eseguita adottando un basso valore della frequenza di campionamento (cioè ampi range di suddivisione dell’asse temporale), si genererebbe il cosiddetto fenomeno dell’aliasing, il quale produrrebbe una distorsione del segnale discreto, compromettendo la ricostruzione del segnale post digitalizzazione. Tale segnale sarebbe pertanto incapace di descrivere le reali informazioni presenti all’interno del segnale originario, influendo significativamente sulla corretta identificazione del suo contenuto in frequenza, risultando essere un’onda con una frequenza più bassa rispetto a quella reale. Una soluzione al fenomeno dell’aliasing è rappresentata dal Teorema di Shannon, il quale stabilisce che la minima frequenza di campionamento fc da adottare deve essere maggiore al doppio della frequenza massima fmax presente all’interno del segnale analogico da campionare: f_c=2∙f_max. Si tratta però di una condizione da non poter garantire in fase di monitoraggio, non essendo note le caratteristiche dei segnali che si andranno ad acquisire ed in particolare la sua frequenza massima. Quindi, al fine di prevenire eventuali distorsioni durante le fasi di analisi del segnale campionato, viene applicato un apposito filtraggio chiamato filtro anti-aliasing, applicato al segnale analogico in arrivo dai trasduttori prima ancora della fase di campionamento, con l’obiettivo di eliminare tutte le componenti superiori alla frequenza fmax connessa alla frequenza di campionamento fc adottata. In questo modo, il segnale analogico che viene campionato e digitalizzato presenta esclusivamente le frequenze che sono individuabili da quella di campionamento. 

La fase successiva al campionamento richiede la conversione del segnale da analogico a digitale, mediante l’operazione di quantizzazione, ovvero la suddivisione dell’ampiezza del segnale in un numero finito di intervalli, mediante il quale avviene l’assegnazione di un valore discreto ad ogni valore del segnale campionato. La precisione con la quale avviene questa conversione (ovvero il numero di intervalli in cui viene suddivisa l’ampiezza del segnale) è conseguente al numero di bit di cui è dotato il convertitore ADC, il quale definisce la sua risoluzione. Ad oggi vengono generalmente adottati convertitore con almeno 24 bit, i quali consentono una suddivisione dell’ampiezza del segnale in 2^24=16677216 livelli.

Nonostante tutto, per quanto la catena di misura possa essere efficace, a seguito del passaggio del segnale in tutte le sue componenti, è inevitabile la formazione di alcune distorsioni, principalmente provocate dalle fasi di campionamento e digitalizzazione, le quali non sono delle componenti rappresentative del vero segnale campionato.

...continua.

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All'interno dell'articolo integrale la descrizione del monitoraggio dinamico di una torre piezometrica.

L’attività di monitoraggio dinamico della torre è stata eseguita con l’obiettivo principale di valutare gli effetti che le operazioni di cantiere svolte nelle sue vicinanze potessero produrre sulla struttura stessa, confrontando in continuo i valori di velocità raggiunti dalla struttura con i limiti previsti dalla norma UNI9916.  


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