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Facciate in laterizio a vista contro il bio-degrado: risultati analitici

Il rischio di degrado biologico per i componenti edilizi è destinato ad aumentare a causa della recente introduzione degli standard NZEB, ma l’utilizzo di elementi tradizionali quali il laterizio faccia a vista può ridurre l’impatto degli agenti patogeni

Introduzione
L’emanazione delle direttive comunitarie (SAVE e NZEB) finalizzate a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 nell’atmosfera ha portato gli stati membri dell’Unione Europea ad adottare normative stringenti in merito alla trasmittanza dei componenti edilizi. Questa nel futuro dovrà essere sempre più bassa così da arrivare a costruire solo edifici “a energia quasi zero” (Nearly Zero Energy Buildings, NZEB), al netto dell’energia autoprodotta tramite impianti per la climatizzazione con fonti energetiche rinnovabili.
Questi provvedimenti non sono tuttavia privi di conseguenze “secondarie”. Ad esempio, realizzare edifici ad energia quasi zero con componenti edilizi fortemente isolati, spesso “leggeri”, con ridottissima possibilità di scambio, sia di calore che di vapore, tra interno ed esterno, nonché componenti vetrati a bassa permeabilità all’aria, ha conseguenze sia sul piano della vivibilità degli ambienti interni (qualità dell’aria interna) che sul funzionamento degli elementi costruttivi stessi (durabilità).
Nelle pareti a ridotta trasmittanza termica stazionaria (U), la parte interna della parete, riuscendo a scambiare una ridotta quantità di calore e vapore verso l'esterno, tende a reagire solo alle condizioni climatiche interne, mentre quella esterna, attraversata da ridotti flussi di calore e vapore provenienti dall’interno, è costretta a “lavorare” a condizioni di temperatura e umidità relativa molto più gravose rispetto al passato. Proprio in relazione a quest’ultimo aspetto si è notato in questi ultimi anni un incremento dell’incidenza di attacchi biologici proprio sulle superfici esterne. Come noto infatti, microorganismi quali alghe e cianobatteri possono attecchire sull’involucro esterno degli edifici, in relazione a specifiche condizioni termoigrometriche del substrato.
Per cogliere appieno la dinamica di questi fenomeni e la loro incidenza in relazione a diversi sistemi costruttivi, si è condotto uno studio per valutare, sia mediante analisi sperimentale che tramite modelli analitici, il rischio di attacco biologico su diverse tipologie di pareti realizzate in ottemperanza ai requisiti NZEB.
Di seguito si riporta, in particolare, la valutazione analitica dell’influenza delle prestazioni termoigrometriche di diversi sistemi costruttivi sul manifestarsi di condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo di alghe e cianobatteri.

Metodologia
Si sono analizzate cinque diverse tipologie di pareti stratificate,quattro delle quali con isolante in intercapedine (con e senza camera d'aria aggiuntiva) e faccia a vista in laterizio (sia estruso che in pasta molle) e una realizzata con cappotto termico esterno (ETICS, External Thermal Insulation Composite Systems). Le pareti sono state analizzate in cinque differenti località italiane (Bolzano, Milano, Ancona, Napoli, Palermo), considerando i requisiti di trasmittanza limite di legge in relazione alle diverse zone climatiche di appartenenza (ottenuti facendo variare lo spessore di isolamento termico necessario).
In tabella 1 è riportato il quadro generale delle differenti tipologie di pareti testate, mentre in tabella 2 sono indicate le proprietà termo-fisiche dei materiali.
Gli studi sono stati condotti con il software di analisi termoigrometrica in regime dinamico CHAMPS-BES sviluppato dalla Syracuse University (USA), che è stato validato sperimentalmente grazie a numerose ricerche condotte in passato su queste tematiche. Con lo strumento di calcolo si è analizzato in particolare il trasporto congiunto di aria, acqua, vapore e calore, considerando sia le proprietà resistive che inerziali dei materiali, nonché le influenze reciproche tra le variazioni delle varie grandezze.
Le simulazioni sono state condotte, imponendo come condizioni al contorno esterne quelle specifiche delle diverse località climatiche considerate, considerando che lo sviluppo algale è connesso principalmente alle variazioni dei contenuti d'acqua esterni (eventi piovosi, condensazione superficiale, ecc.). Come condizioni al contorno interne, si sono assunte quelle definite dal DPR 59/09 articolo 17. Il periodo di tempo simulato è stato di 5 anni, un tempo cioè tale da permettere ai muri di equilibrarsi con l’ambiente circostante e raggiungere così il comportamento di regime. Le simulazioni sono state condotte ipotizzando per le pareti una esposizione verso nord (condizione peggiorativa) [1].

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