Interoperabilità e nuove competenze per superare il digital divide nella filiera edile
Nell’ottica di voler eliminare il “digital-divide” tra il mondo della progettazione e della costruzione, sembra ormai inevitabile un ripensamento dell’intero processo edile, finalizzato a rendere l’industria più efficiente, efficace e senza sprechi.
Il BIM implica un nuovo modo di lavorare in cui la collaborazione tra professionisti, proprietari e financo gli uffici autorizzativi, è centrale rispetto a tutto il resto: la digitalizzazione della filiera edile produrrà i risultati attesi solo se tutti gli attori (costruttori, produttori di materiali e componenti edili, installatori, manutentori, proprietari, esperti energetici, strutturali, esperti di ciclo chiuso...) decideranno di avere un ruolo proattivo ma soprattutto se si abbandoneranno i silos di competenze e si comincerà realmente a collaborare.
Input giusti, monitoraggio e controllo... per ottenere giusti output
Non ho mai modellato perché sono un ingegnere chimico ma ho l’attitudine a studiare e rappresentare i processi. Nella mia carriera ho considerato qualsiasi evento del punto di vista degli input, degli output, degli elementi di monitoraggio e controllo.
Se in un processo ci sono gli input giusti e c’è un sistema di monitoraggio e controllo … allora si ottengono i giusti output. Inoltre, per controllare e monitorare un processo bisogna concordare sulla terminologia, sulle unità di misura e sugli standard in generale. È tristemente noto l’episodio del disastro NASA dovuto ad un errore di “traduzione” dalle unità metriche inglesi a quelle internazionali.
Anche nella digitalizzazione dei processi edili provo a contribuire al dibattito aperto da Andrea, anche lui ingegnere chimico, presentando l’intero processo edile per cercare di trasmettere il concetto che o si va avanti tutti insieme utilizzando l’openBIM o non si va da nessuna parte o almeno non dove si vorrebbe e cioè verso un’industria edile più efficiente, efficace e senza sprechi per rendere il nostro mondo sostenibile e più resiliente ai cambiamenti climatici, alla scarsezza delle materie prime, agli eventi catastrofici, alle variazioni dei mercati economici di energia e materie prime, di pandemie, ecc.
Per quanto riguarda il linguaggio da utilizzare per digitalizzare l’industria edile, non ho dubbi: l’open BIM è l’unica soluzione possibile!
L’analisi dei processi
Il digital-divide tra il mondo della progettazione e della costruzione, a mio parere, è generato da una mancanza di comprensione della necessità di ripensare completamente l’intero processo edile. C’è bisogno che ci sia una sorta di conferenza dei servizi che coinvolga tutti gli attori della filiera edile. In questa ipotetica conferenza dei servizi i costruttori, così come i produttori di materiali e componenti edili, ma anche gli installatori, i manutentori, i proprietari, gli esperti energetici, strutturali, gli esperti di ciclo chiuso, dovrebbero sedersi intorno ad un tavolo e comprendere quali informazioni servono a ciascuno per far sì che già in fase di progettazione o addirittura di analisi della situazione esistente, siano definite le regole per creare, scambiare, modificare e conservare la grande mole di informazioni generate grazie alla competenza dei singoli.
Nel mondo BIM si dice che bisogna partire con la fine in mente e quindi, nel processo edile, dobbiamo prima comprendere quale output ci interessa per poi decidere quali debbano essere gli input e come intendiamo monitorare e controllare l’intero processo. Ad esempio, il proprietario, soprattutto se pubblico, dovrebbe inserire nei bandi il requisito essenziale di gestire le informazioni che servono per concepire “il ciclo chiuso” fin dalla progettazione preliminare o anche l’analisi dell’esistente, utilizzando standard aperti.
Facciamo un banale esempio di una scuola, realizzata negli anni '60 senza alcun criterio energetico (situazione purtroppo che riguarda la maggioranza delle scuole). Per molte di queste scuole mancano i progetti che hanno portato alla loro costruzione. In ogni caso anche se esistono sono spesso difformi da quanto poi effettivamente realizzato e sicuramente non sono in formato digitale. Se il proprietario, in genere comune o provincia, grazie ai finanziamenti ora disponibili, decidesse di avviare un processo di riqualificazione, dovrebbe, a mio parere richiedere:
- il rilievo dell’edificio con laser scanner ed eventualmente con droni.
- la realizzazione del modello architettonico dell’esistente con un software 3D che abbia la possibilità di esportare i file in un formato non proprietario, cioè in IFC (ISO 16739).
- il rilievo degli impianti esistenti con strumentazione specifica in modo da fare il modello degli impianti (MEP) che, sia “federabile” con il file IFC del modello 3D realizzato. Banalizzando significa che gli impianti idraulici, elettrici, di condizionamento, di sicurezza, ecc. con tubi, cavi, interruttori ed impianti vari dovrebbero essere dei progetti separati ma in grado di sovrapporsi a quello architettonico, grazie al fatto che sono stati utilizzati gli stessi file IFC geo-referenziati, che riportano i muri, i solai, le scale, le porte, le finestre, ecc.
- il rilievo strutturale, dove il modello architettonico precedente può essere utilizzato dall’ingegnere strutturista che, in mancanza del progetto strutturale dell’esistente, anche questo ahimè consuetudine, possa decidere se fare o meno dei sondaggi e dei carotaggi per capire se l’edificio costruito più di mezzo secolo fa, presenti lesioni o sia considerato “vulnerabile”. Anche il modello strutturale può essere federato con il modello 3D prima realizzato, con alcune difficoltà perché alcuni problemi di interoperabilità tra i software architettonici e quelli strutturali, devono essere ancora risolti. Su questo argomento IBIMI ha costituito un apposito gruppo di lavoro.
- L’organizzazione di un ambiente digitale (ACDat o CDE) in modo da mettere a disposizione i diversi modelli, quando necessario, con tutti gli altri professionisti coinvolti nella riqualificazione attuale ma soprattutto per tutta la vita utile dell’edificio per gli anni a venire, per manutenzioni ordinarie e straordinarie o anche per cambi d’uso e, non ultimo, mettere a disposizione di vigili del fuoco e di protezione civile, le informazioni essenziali per intervenire tempestivamente in caso di emergenze.
Prima di descrivere i prossimi punti vediamo i vantaggi del processo presentato ma soprattutto i problemi che si evitano:
Rilievo dell'esistente
- Problemi dell'approccio tradizionale
Spesso le valutazioni sulla riqualificazione sono fatte in modo approssimativo o errate perché piante e prospetti disponibili non rispettano la situazione reale. Questo ingenera una lievitazione dei costi durante l’esecuzione e spesso dispute tra il proprietario e la ditta appaltatrice. - Vantaggi dell'approccio BIM
L’esatta misurazione (con tolleranza di pochi millimetri) permette di avere una valutazione precisa di qualsiasi intervento in modo da fare computi metrici precisi sia per la fase di demolizione che per quella di riqualificazione.
Modello Architettonico in IFC
- Problemi dell'approccio tradizionale
Piante e prospetti sono stampati e inviati a uffici tecnici per le autorizzazioni, ai costruttori e installatori per le realizzazioni. Agli ingegneri energetici come base per la diagnosi energetica, ecc. Le modifiche che propone uno di questi attori non vengono recepite dagli altri a meno di ristampare le diverse copie ogni volta che viene proposta una variante. Ciò provoca difformità e anche possibili controversie legali. - Vantaggi dell'approccio BIM
Tutti professionisti vedono lo stesso modello ed utilizzando lo standard BCF (BIM collaborative Format) per proporre modifiche o suggerire soluzioni. In generale, il BIM Collaboration Format (BCF) consente di segnalare dei problemi/anomalie sui modelli IFC che sono stati precedentemente condivisi tra i collaboratori del progetto. Questo può essere fatto utilizzando uno scambio di file tra piattaforme software. In fase di riqualificazione, ogni professionista può proporre le soluzioni che sono visualizzate da tutti in modo che congiuntamente si possa prendere la migliore soluzione. L’uso dello standard ISO 29481, che riguarda l’Information Delivery Manual, permette di selezionare le informazioni di cui si ha bisogno per alimentare un particolare software.
Modello degli impianti in IFC
- Problemi dell'approccio tradizionale
In genere si interviene sugli impianti idraulici solo quando si rileva qualche danno. Gli impianti elettrici spesso non sono a norma. Tubi che hanno oltre 50 anni sono spesso ossidati ed hanno una pessima performance. Non esistono sensori per il monitoraggio e controllo degli ambienti. In poche parole, si vive alla giornata sperando che tutto vada bene. - Vantaggi dell'approccio BIM
Il modello dell’esistente può essere analizzato insieme agli esperti energetici e impiantisti in modo da decidere, ad esempio, di fare una manutenzione predittiva, cioè prima che il danno si verifichi. È possibile, inoltre, non solo mettere a norma gli impianti elettrici ma anche inserire dei sistemi di monitoraggio sia strutturali sia energetico-ambientali per la sicurezza e il comfort di studenti e inseganti.
Modello Strutturale in IFC
- Problemi dell'approccio tradizionale
L’aspetto strutturale è in genere trascurato e solo quando ci sono gravi lesioni per terremoti ed altri disastri naturali o causati dall’uomo c’è un’analisi approfondita. - Vantaggi dell'approccio BIM
Il modello strutturale può essere integrato con i modelli architettonici e impiantistici. Possono essere inseriti dei sensori che permettono non solo di monitorare eventuali instabilità strutturali, ma anche per fornire utili informazioni in caso di disastri. Si evita anche che, con un cappotto termico, si coprano eventuali lesioni. Si evita che qualsiasi altro intervento di ristrutturazione che possa indebolire la struttura esistente.
Ambiente di condivisione CDE
- Problemi dell'approccio tradizionale
Il sistema tradizionale porta inevitabilmente a perdere informazioni tra una fase e l’altra del processo edile. Soprattutto nel caso in cui non si usi l’appalto integrato. Il costruttore si trova spesso davanti a situazioni diverse da quelle prospettate dall’architetto e individua soluzioni ad hoc per ciascun problema. A volte queste soluzioni sono in contrasto con quanto inizialmente previsto dal progettista con conseguenti eventuali dispute o ritardi dovuti a richieste di modifiche e necessità di richiedere ulteriori autorizzazioni con fermo lavori. - Vantaggi dell'approccio BIM
L’ambiente condiviso, che è concepito come un ambiente che deve gestire il proprietario dell’immobile, avrà al suo interno tutto lo storico dei modelli realizzati e delle loro modifiche utilizzando lo standard ISO 19650 che, appunto, suggerisce il flusso documentale nelle diverse fasi del ciclo di vita di un immobile. Inoltre, alcune piattaforme già prevedono l’uso della blockchain per assicurare che i file digitali non siano manomessi. In questo modo hanno anche una validità giuridica per eventuali responsabilità relative alla produzione di informazioni errate.
I vantaggi dell’openBIM per tutta la filiera
Chiarita, ci auguriamo, l’importanza degli standard non tanto per l’interoperabilità tra i software ma quanto per l’interazione tra i professionisti, si elencano ora le opportunità che tutti gli attori della filiera edile hanno per svolgere al meglio il proprio lavoro. Il BIM, quando realmente utilizzato anche dai progettisti, implica un nuovo modo di lavorare in cui la collaborazione tra professionisti, proprietari e financo gli uffici autorizzativi, è centrale rispetto a tutto il resto.
Gli standard e il modello 3D o BIM, una volta arricchito con tutti i valori parametrici, diventa uno strumento per ottimizzare, facilitare e rendere efficace ed efficiente questa collaborazione.
Continuando l’esempio precedente, si riportano di seguito i benefici per migliorare la performance di un edificio scolastico, dove la performance è intesa in senso ampio, per tutti gli attori nelle diverse fasi del ciclo di vita dell’edificio.
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