L'accatastamento fa presumere il completamento dell’immobile
Il solo fatto che il contribuente abbia provveduto a richiedere l’accatastamento dell’immobile di per sé qualifica detto immobile quale fabbricato, il quale conseguentemente deve essere assoggettato al tributo sulla base della rendita catastale
L’individuazione del primo momento tra utilizzo e completamento è una previsione finalizzata a regolamentare il trattamento tributario nel caso di utilizzo di fabbricato non accatastato: qualora sia utilizzato, il fabbricato si considera tale anche se non è avvenuta l’iscrizione agli atti catastali.
Se l’immobile viene accatastato, anche in caso di mancata denuncia di completamento dell’immobile, in ogni caso il fabbricato si presume ultimato, quindi l’Imu deve essere corrisposta, da tale momento, sulla base della rendita catastale.
L’utilizzazione edificatoria dei suoli
L’articolo 1, comma 746, L. 160/2019, che ha ridefinito la nuova Imu applicabile dal 2020, contiene le regole per la determinazione della base imponibile delle fattispecie tassabili, definite dal precedente comma 741.
In relazione ai terreni fabbricabili, il citato comma 746 stabilisce che: “In caso di utilizzazione edificatoria dell’area di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la base imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata fabbricabile, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato.”
Tale disciplina è del tutto analoga a quella prevista ai fini Ici nell’articolo 5, comma 6, D.Lgs. 504/1992 e richiamata dall’articolo 13 D.L. 201/2011 per l’applicazione dell’Imu dal 2012 al 2019.
In particola modo, qualora vengano effettuati lavori di edificazione, il terreno deve essere considerato area edificabile indipendentemente dalla destinazione conferitagli dallo strumento urbanistico: pertanto, anche un terreno che sia classificato dal piano regolatore come non edificabile ma che venga ad essere interessato dalla costruzione di un edificio, deve scontare l’imposta come area edificabile, quindi non sul valore catastale ma facendo riferimento al valore venale.
La fine dei lavori e il calcolo dell’Imu
La tassazione quale terreno edificabile si estende sul periodo temporale che decorre dalla data di inizio dei lavori di costruzione sino alla data di ultimazione di questi, ovvero sino alla data in cui il fabbricato risulti essere utilizzato, se tale momento si dimostra essere precedente, come previsto dall’articolo 5, comma 6, D.Lgs. 504/1992: a partire dal primo di questi eventi l’imposta dovrà invece essere corrisposta in relazione al fabbricato.
In tema di rilevanza della data in cui avviene il completamento dell’immobile e conseguentemente con riferimento al momento a partire dal quale inizia ad avere efficacia la rendita catastale nel calcolo dell’Imu, constano numerose pronunce della Cassazione; tutte le pronunce sono orientate a stabilire la rilevanza dell’accatastamento dell’immobile, quando questo avvenga prima della data di fine dei lavori.
Nella sentenza 8781/2015 si afferma che “costituisce – certo – espressione di insegnamento giurisprudenziale costante il fatto che l’iscrizione di un’unità immobiliare nel catasto edilizio rappresenta di per sé presupposto sufficiente per l’assoggettamento di un bene a Ici”.
Nella sentenza 7905/2005 viene constato che “… appare chiaro che l’imposta è dovuta per il solo fatto che sia stata dichiarata l’ultimazione del manufatto e si sia provveduto al suo accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettività abitabilità del bene stesso, ovvero alle sue caratteristiche igienico – sanitarie. La pronuncia impugnata ha richiamato questo principio e ne ha fatto buon governo, avendo dato rilievo alla dichiarazione di ultimazione, trasmessa dalla società all’ufficio comunale, ed al suo accatastamento, che rappresentano le uniche due circostanze rilevanti ai fini impostivi.”
Sul tema, nella più recente sentenza 11646/2019 la Cassazione dà totale rilevanza alla data di iscrizione in catasto dell’immobile, escludendo ogni rilevanza della sua effettiva abitabilità.
Inoltre, va ricordata la sentenza 24924/2008, nella quale i giudici hanno osservato che, ai sensi dell’articolo 2 D.Lgs. 504/1992, il fabbricato è l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, ed hanno affermato che “l’iscrizione al catasto edilizio urbano (ora dei fabbricati) di una unità immobiliare costituisce presupposto sufficiente per l’assoggettamento della stessa all’afferente imposta comunale”.
Nella sentenza 20319/2017 la Cassazione conferma come l’accatastamento del fabbricato ne fa presumere il completamento e quindi obbliga il contribuente a pagare l’Imu dovuta su tale immobile.
Sul punto la sentenza è chiara nel dare rilevanza alla data dell’effettivo utilizzo solo quando questo sia anteriore all’accatastamento: “acquista rilievo solo quando il fabbricato non sia iscritto ancora in catasto, realizzando tale iscrizione, di per sé, il presupposto principale, per assoggettare il bene all’imposta.”
La presunzione di completamento dell’immobile desunta dall’accatastamento è stata anche ribadita più di recente, nella sentenza n. 12221 del 14.04.2022, secondo la quale l’iscrizione di un’unità immobiliare al catasto edilizio “costituisce presupposto sufficiente per l’assoggettamento del bene all’imposta comunale sugli immobili (Ici), ma non è anche presupposto necessario, essendo l’imposta dovuta fin da quando il bene presenti le condizioni per la sua iscrivibilità, cioè da quando lo stesso possa essere considerato “fabbricato” in ragione dell’ultimazione dei lavori relativi alla sua costruzione (non essendo nemmeno essenziale a tali fini il rilascio del certificato di abitabilità) ovvero da quando lo stesso sia stato antecedentemente utilizzato”.
Quindi, in definitiva i fattori da valutare per verificare quando un immobile possa considerarsi fabbricato ai fini Imu sono tre, e il primo di questi a verificarsi comporta l’obbligo di versamento dell’Imu sulla base della rendita catastale: l’indicazione normativa secondo cui viene ad esistenza il fabbricato ai fini Imu al verificarsi del primo tra i due eventi (utilizzo/completamento), vale solo fino a che il fabbricato non sia ancora iscritto in catasto.