L’isolamento sismico per proteggere anche gli edifici in muratura
Con quest’articolo si vuole stimolare un’attenzione molto maggiore, rispetto a quella attuale, da parte sia dell’opinione pubblica che delle Istituzioni, affinché, anche in Italia, siano attuate urgentemente corrette politiche di prevenzione del rischio sismico e degli altri rischi naturali. Per quanto riguarda il rischio sismico, si ricorda che, ormai da decenni, sono disponibili, anche in Italia, moderne tecnologie in grado di proteggere, a costi contenuti, tutte le tipologie di strutture ed impianti, sia di nuova costruzione che esistenti, in cemento armato od in muratura.
Gravi carenze, passate ed attuali, nella prevenzione dei rischi naturali in Italia
Purtroppo, gli italiani e, di conseguenza (?), i loro Rappresentanti nelle Istituzioni, sia Nazionali che Locali, hanno dimostrato, almeno sino ad ora, di vivere solo nell’oggi, dimenticando la storia e non pensando al futuro. Ciò hanno fatto (e, purtroppo, continuano a fare), in particolare, per quanto attiene alla prevenzione dei rischi naturali.
Come ho già scritto altrove, abbiamo dovuto constatarlo anche recentemente, prima in occasione dell’alluvione nelle Marche, il 15 ed il 16 settembre di quest’anno1, poi, la mattina del 26 novembre, in quella della “colata di fango” ad Ischia2.
Il primo disastro, infatti, fu dovuto, almeno in gran parte, alla mancata o quantomeno carente manutenzione dei fiumi della zona, mentre, ad aggravare le conseguenze del secondo disastro, hanno certamente contribuito, oltre al diffuso abusivismo edilizio, la mancanza di adeguati provvedimenti per contrastarlo, da parte delle Istituzioni preposte: ciò dimenticando la storia, perché non era certamente la prima volta che un simile evento accadeva nell’isola2.
Spero che non dovremo constatare le conseguenze della nostra suddetta assai poco lungimirante mentalità a seguito di una nuova eruzione vulcanica violenta, ad esempio del Vesuvio: esso è caratterizzato da eruzioni di tipo esplosivo, di cui, come è noto, quella avvenuta nel 79 d.C. (secondo Plinio il Giovane il 24 agosto, ma, più probabilmente, tra il 24 ottobre ed il 1° novembre) distrusse Ercolano, Pompei e Stabia3.
Noto con una certa preoccupazione che l’Ospedale del Mare di Napoli (inaugurato il 15 febbraio 2015) fu costruito a breve distanza da quella, che, al tempo, era già la Zona Rossa del Vesuvio e che ora tale ospedale si trova all’interno dell’attuale Zona Rossa.
L’ospedale è isolato sismicamente, ma l’isolamento sismico permette di contrastare di effetti di un terremoto anche violento, certamente non gli effetti di un’eruzione vulcanica di tipo esplosivo come quella del 79 d.C.! Inoltre, pare che nella Zona Rossa del Vesuvio si intenda costruire un secondo ospedale …
E che dire della protezione dai terremoti?
Non vorrei far l’uccello del malaugurio, ma, a mio avviso (come ho più volte già scritto), statisticamente parlando, a mio avviso, è troppo tempo che non si verifica un terremoto violento in Italia4: tante, troppe, delle nostre strutture (edifici, ponti e viadotti ed anche impianti chimici a rischio di incidente rilevante, o RIR) risultano sismicamente insicure, cioè incapaci di resistere ai terremoti che potrebbero colpirle (anche perché, spesso, tali eventi sono già avvenuti in passato).
Rischio sismico e da maremoto in Italia: che cosa avrebbe dovuto insegnarci la storia
Non sto facendo previsioni, perché (come pure ho già scritto e da tempo) prevedere l’accadimento di un terremoto con precisione (cioè prevederne la località esatta e tempi di accadimento precisi) è, almeno per ora, impossibile5: guardo solo alla storia, e mi è sufficiente.
Infatti, l’ultimo terremoto violento accaduto in Italia (di magnitudo momento MW = 6,5) fu quello che colpì Norcia e Preci, in Provincia di Perugia, il 30 ottobre 2016 (fu l’evento sismico italiano più devastante dopo quello dell’Irpinia del 23 novembre 1980, di MW = 6,96,7).
E sono soprattutto preoccupato per il nostro Sud, in particolare per la Calabria e per la Sicilia, che sono Regioni italiane assai più sismiche di altre, ma dove è ancora da più tempo che non si verifica un sisma violento. Infatti, è dal 1908 che ciò non avviene in tali Regioni8. Allora, il 28 dicembre, si verificò il terremoto di Messina e Reggio Calabria, di magnitudo Richter M = 7,1 (con epicentro tra Archi ed Orti Inferiore, in comune di Reggio Calabria), al quale seguì un violento maremoto (dovuto, invece, ad una frana sottomarina verificatasi al largo di Taormina, a seguito del sisma). Il terremoto ed il maremoto causarono, complessivamente, 90.000÷120.000 vittime9.
Non dobbiamo neppure dimenticare che sia la Calabria che la Sicilia erano già state precedentemente colpite da altri terremoti devastanti, ai quali erano spesso seguiti altrettanto violenti maremoti. Ad esempio:
- da quelli della Val di Noto, in Sicilia, con epicentro nella faglia Ibleo Maltese (al largo di Catania) del 9 e dell’11 gennaio 1693 (MW massima = 7,3, 60.000 vittime10);
- da quello della Calabria Meridionale del 1783 (iniziato il 5 febbraio), con epicentro ad Oppido Mamertina, nel comune della città metropolitana di Reggio Calabria (MW stimata massima = 7,1, 30.000÷50.000 vittime11);
- più recentemente, da quello del Belice, nuovamente in Sicilia, con epicentro tra Gibellina, Salaparuta e Poggioreale, in provincia di Trapani, del 14÷15 gennaio 1968 (MW = 6,4, forse 370 vittime12).
Rischio sismico e da maremoto in Italia: che cosa, invece, non abbiamo fatto
Purtroppo, nel nostro Paese ben poco si è fatto, sino ad ora, per limitare i danni causati non solo da frane, alluvioni ed eruzioni vulcaniche, ma anche da quelli che saranno causati dai prossimi, inevitabili, eventi sismici e dai maremoti che, in alcune località (in particolare calabresi e siciliane), possono seguirli.
In Italia (dove la magnitudo dei terremoti pare sia sempre stata, fortunatamente, inferiore a 8,0), i maremoti sono stati usualmente causati da frane sottomarine innescate dai terremoti stessi.
Però, tali eventi potrebbero anche avere cause diverse (come, dl resto, è già avvenuto in altri Paesi): ad esempio, potrebbero essere causati da immani crolli sottomarini di grandi montagne sommerse. Mi riferisco, per quanto riguarda l’Italia, soprattutto al crollo che potrebbe interessare il vulcano sottomarino Marsili, situato di fronte alla siciliana Milazzo, città che ospita anche numerosi impianti chimici RIR, non protetti da un possibile maremoto da alcuna barriera (del resto, anche lo stabilimento Petrolchimico RIR di Priolo Gargallo, sito nella zona che, nel 1693, fu devastata dai già citati terremoto e maremoto della Val di Noto, mi risulta “protetto” da quest’ultimo solo “grazie” ad una bassa scogliera)13.
Ben poco, sinora, si è fatto in Italia, sebbene da tanti anni abbiamo a disposizione e pure applichiamo (ma, a mio avviso, ancora troppo, troppo poco) le più moderne tecnologie antisismiche (isolamento sismico, dissipazione di energia, sistemi in leghe a memoria di forma, ecc.).
Le moderne tecnologie antisismiche
L'isolamento sismico
Come è noto, per un edificio od un impianto, l’isolamento sismico consiste nell’interposizione, usualmente alla base, od in sottofondazione, od alla sommità del piano inferiore (ma talvolta anche in corrispondenza di piani più alti), di dispositivi molto flessibili nel piano orizzontale, e/o a scorrimento od a rotolamento, in modo da “filtrare” le componenti orizzontali del moto sismico trasmesso alla struttura dal terremoto, componenti che sono, usualmente, le più pericolose.
Invece, per i ponti ed i viadotti, i dispositivi d’isolamento sismico sono usualmente inseriti alla sommità delle pile che sorreggono l’impalcato, in considerazione dell’usuale non trascurabile flessibilità di queste ultime (solo in alcune applicazioni, ad esempio in Giappone, nelle quali le pile sono molto rigide, gli isolatori sono stati installati alla base di queste). Al di sopra del sistema d’isolamento sismico, la struttura, di qualsiasi tipo, si comporta, almeno lateralmente, quasi come fosse un “corpo rigido”.
La dissipazione di energia
La dissipazione di energia, invece, consiste (nel caso di un edificio), nell’installazione, all’interno della struttura, di dispositivi (inseriti usualmente in appositi controventi diagonali) atti, appunto, a dissipare (cioè, a trasformare in calore) gran parte dell’energia introdotta dal terremoto nella struttura stessa: questi dispositivi effettuano ciò che, altrimenti, in una struttura convenzionale, sarebbe “compito” della struttura stessa fare, danneggiandosi o, addirittura, crollando.
Nel caso dei ponti e dei viadotti, invece, i dissipatori sono usualmente installati alla sommità delle pile che sorreggono gli impalcati.
Quale tecnologia antisismica usare?
A mio avviso, la moderna tecnologia preferibile per proteggere dal terremoto gli edifici, quando sia utilizzabile, è quella dell’isolamento sismico alla base (od alla sommità del piano più basso, od in sottofondazione).
Ci sono casi, però, nei quali (ad avviso non solo mio) tale soluzione non è fattibile, almeno correttamente, ed è necessario od opportuno, quindi, applicare sistemi diversi, quali, spesso, quelli dissipativi14,15.
Ciò avviene, soprattutto, quando è impossibile realizzare un giunto strutturale sufficientemente ampio tra l’edificio isolato considerato e quelli adiacenti (occorre, infatti, permettere, senza impedimenti, il notevole spostamento laterale dell’edificio che è indotto dagli isolatori).
A mio avviso, poi, ciò avviene anche quando l’edificio è molto alto (è, ad esempio, un grattacielo) e, quindi, è molto flessibile (quindi, ha una frequenza di vibrazione propria bassa). Infatti, se si vuole isolare sismicamente un grattacielo, gli isolatori devono essere caratterizzati da un valore molto basso della frequenza di vibrazione (ben inferiore a quella, già bassa, della sovrastruttura), cosa non agevole da realizzare.
Inoltre, agli isolatori occorre affiancare dispositivi in grado di dissipare una grande quantità di energia, per limitare a valori accettabili gli spostamenti laterali dell’edificio (tali spostamenti sarebbero troppo elevati in assenza di dissipatori od anche installando quelli usualmente utilizzati): così facendo, però, può “sporcarsi” troppo il filtro dell’energia sismica operato dagli isolatori, cosa che può dar luogo ad amplificazioni locali tali da danneggiare, durante il terremoto, gli elementi interni non strutturali e/o le apparecchiature eventualmente contenute nell’edificio.
Delle applicazioni dei sistemi dissipativi e di altre interessanti ed efficaci tecnologie antisismiche, come, ad esempio, i dispositivi in leghe a memoria di forma (Shape Memory Alloy Device o SMAD) ed i dispositivi oleadinamici ad instabilità impedita (Shock Transmeitter Unit o STU), ho già scritto16 e scriverò nuovamente su Ingenio in prossimi articoli. Nel seguito mi limito, quindi, ad alcune osservazioni sull’isolamento sismico degli edifici, in particolare di quelli in muratura.
Comunque, occorre sottolineare che le moderne tecnologie antisismiche sono utilizzabili per tutti i tipi di strutture civili, edifici residenziali inclusi, ed impianti, sia di nuova costruzione che esistenti, e pure per proteggere singole opere d’arte13,17÷20.
In particolare, per gli edifici, le suddette tecnologie sono applicabili sia a quelli in cemento armato (c.a.) che a quelli in muratura (patrimonio storico-artistico incluso): si tratta di scegliere il tipo di dispositivi più adatto ad ogni struttura e le modalità di installazione più opportune.
Già 10 anni fa le applicazioni delle moderne tecnologie antisismiche erano oltre 23.000, a livello mondiale, realizzate in decine di Paesi di tutti i continenti (tra le quali ben oltre 400 in Italia). Alcuni degli edifici e dei ponti di altri Paesi sono protetti da dispositivi prodotti in Italia, a riprova dell’ormai internazionalmente riconosciuta validità delle nostre industrie manifatturiere nel settore21.
L’isolamento sismico: dalle antiche applicazioni a quelle odierne
Quello dell’isolamento sismico non è certamente un concetto nuovo (sebbene ora siano utilizzate tecnologie assai più sofisticate che non in passato). Infatti, antichi templi greci (Fig. 1), monasteri, templi e ponti cinesi, costruzioni in Anatolia, in Persia e degli Incas in Perù, nonché alcuni templi italiani, ad esempio a Paestum (Figg. 2 e 3)22 appaiono protetti, in zone altamente sismiche, da rudimentali sistemi di isolamento (realizzati con strati di sabbia in sottofondazione, o strati orizzontali di pietrisco nei muri in pietra, o tronchi d’albero inseriti in sottofondazione, a mò di rulli). Tali sistemi hanno evidentemente permesso alle suddette strutture di sopravvivere fino ad oggi.
Ricordo, ad esempio, che già Gaius Plinius Secundus (Plinio il Vecchio) scrisse, nella sua Naturalis Historia (tra il 77 ed il 79 d.C.), a proposito del Tempio di Diana ad Efeso (Turchia), eretto tra il 575 ed il 560 a.C. (Figg. 1 e 2)22: “Grecae magnificentiae vera admiratio extat templum Ephesiae Dianae CXX annis factum a tota Asia. In solo id palustri fecere, ne terrae motus sentiret aut hiatus timeret, rursus ne in lubrico atque instabili fondamenta tantae molis locarentur, calcatis ea substravere carbonibus, dein velleribus lanae”.
Per quanto riguarda l’isolamento sismico degli edifici, la sua odierna utilizzazione è, ovviamente, più agevole quando essi sono in c.a. (sia per nuove costruzioni che per adeguamenti di strutture esistenti), ma, come ho scritto sopra, seppure con alcuni accorgimenti, tale tecnologia può essere utilizzata anche per edifici in muratura: per questi edifici il grande vantaggio è che l’isolamento sismico sopperisce alla mancanza di duttilità della muratura, proteggendola da deformazioni laterali da essa insostenibili, se fondata convenzionalmente.
Sebbene restino assai più numerose le applicazioni dell’isolamento sismico agli edifici in c.a., ce ne sono ormai parecchie effettuate anche per quelli in muratura. Alcuni esempi di tali realizzazioni in altri Paesi sono riportanti, a titolo d’esempio, nelle Figg. 4÷720÷22.
L’isolamento sismico degli edifici in muratura
Qualora si voglia isolare sismicamente alla base un edificio in muratura, ovviamente, occorre inserire (per una struttura esistente e nel caso di suo isolamento non in sottofondazione) pilastri in c.a., sopra e sotto gli isolatori, ed un cordolo armato orizzontale, pure in c.a., sufficientemente rigido, al di sopra degli isolatori, alla base della sovrastruttura (cioè, di quella parte della struttura che è sorretta dal sistema di isolamento).
Occorre far ciò per trasmettere, sia agli isolatori che alla sovrastuttura, le componenti orizzontali delle sollecitazioni sismiche in modo uniforme.
Per motivi analoghi, al di sotto del sistema di isolamento sismico occorre far sì che la sottostruttura (se esistente), fondazioni incluse, sia molto rigida. Un’altra possibilità, che trovo molto interessante, in particolare per l’adeguamento sismico del patrimonio di interesse storico-artistico (perché permette di “non toccare” né la struttura, né la sottostruttura, né i suoi contenuti), è l’isolamento sismico in sottofondazione. Trovo, soprattutto, di grande interesse la proposta, fatta qualche anno fa (e brevettata), di inserire gli isolatori in appositi tubi in c.a. infilati lateralmente al di sotto della struttura (Figure 8÷10)22.
Le prime applicazioni italiane dell’isolamento sismico
Quanto all’Italia, per tutte le tipologie di strutture, ora occorre recuperare rapidamente il tempo perduto. Tutte le moderne tecnologie antisismiche le possediamo anche noi da tempo, le applichiamo da decenni23, in particolare, per quanto attiene all’isolamento sismico, le prime applicazioni italiane risalgono:
- al 1974÷1976 per i ponti ed i viadotti (Viadotto Somplago dell’Autostrada Udine-Tarvisio, che superò indenne i due terremoti del Friuli del 6 maggio e dell’11÷12 settembre 1976)24,25;
- al 1981 per gli edifici in c.a. (edificio sospeso, con telaio in acciaio, della Centrale dei Vigili del Fuoco di Napoli)24;
- al 2005÷2008 per componenti di impianti chimici o petrolchimici RIR (3 serbatoi della Società Polimeri Europa, del Gruppo ENI, situati al Centro Petrolchimico di Priolo-Gargallo, che furono adeguati sismicamente mediante il taglio dei pilastri di sostegno e l’installazione, in essi, di isolatori statunitensi a pendolo scorrevole del tipo Friction Pendulum o FPS,)13;
- al 2009 per gli edifici in muratura (2 nuovi edifici residenziali dell’ATER a Corciano, in provincia di Perugia, zona sismica 2, per il più alto dei quali, di 4 piani fuori terra, l’isolamento sismico permise l’innalzamento di un piano)26.
Ora, dunque, è importante cambiare urgentemente rotta ed iniziare applicare in modo molto più esteso di quello attuale le suddette moderne tecnologie antisismiche. Capisco le difficoltà attuali della nostra economia, ma spendere un po’ (forse) ora, e neppure tanto (talvolta, poi, i costi aggiuntivi, rispetto ad una costruzione o ad un adeguamento convenzionale sono nulli, se non, addirittura si risparmia, utilizzando l’isolamento sismico), ci farà risparmiare (oltre a vite umane!) anche molto denaro in futuro, non dovendo più né riparare né ricostruire strutture danneggiate da un sisma.
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