Data Pubblicazione:

L'ultimo libro di Chicco Testa: la sua visione di crescita felice in un manifesto contro l’integralismo ecologico

Andrea Dari, un bel libro, da leggere con attenzione, per capire come l'ambientalismo può diventare annientalismo, ma anche per non lasciarsi trascinare in un racconto con troppi cattivi che sono cattivi, e buoni che sono troppo buoni

Ho da poco concluso la lettura del libro “Elogio della crescita felice. Contro l’integralismo ecologico” scritto da Chicco Testa, che ricordiamo tra i fondatori di Legambiente, di cui poi è stato Segretario nazionale, e successivamente presidente nazionale, nonché per due legislature deputato della sinistra, e quindi manager di punta di alcune importanti società pubbliche italiane, tra cui ACEA ed ENEL.

chicco-testa-elogio-alla-crescita-felice-700.jpg

È un libro che tratta molti argomenti scomodi, tutti legati al tema dell’ambiente, e tutti in modo molto netto, senza mezze misure. È quindi un libro che spacca l’opinione del lettore, che è costretto a dover sostenere o rigettare le tesi dell’ex presidente di Legambiente in un crescendo tale, che si completa la lettura o completamente d’accordo o quasi nauseati.

 

elogio-alla-crescita-felice-libro-chicco-testa.jpg


“Elogio della crescita felice. Contro l’integralismo ecologico”

Facile, da parte mia, essere d’accordo su molte posizioni espresse dal filosofo e manager milanese, a cominciare dal richiamo alle deliranti teorie emerse in questi mesi sul legame tra 5G e COVID, o come quella riguardante il “ problema” dei termovalorizzatori in Italia, una soluzione di eccezionale efficacia. 

Come scrive Testa, le scelte di questa di questa importanza e natura, non possono essere prese localmente sulla base di conoscenze insufficienti e di principi stile "NIMBY - Not In My Back Yard” che portano il nostro Paese a situazioni in cui, da un lato, si fanno proclami ambientalistici nelle campagne elettorali in cui ogni candidato è eccezionalmente “ green” e dall’altro si fanno viaggiare i rifiuti su ruote per migliaia di chilometri. 

La deriva pentastellata, come l’autore ci sottolinea, sta spingendo sempre di più l’ecologismo globale verso l'annientalismo, con persone “che non sanno nemmeno riconoscere la necessità di realizzare ciò che loro stessi hanno richiesto”.

Ed è facile quindi essere d’accordo quando cita tre “miti” di ignoranza nazionale: la lotta contro il TAP, l’olio di palma e il 5G, come esempi della deriva populista che da un lato non vuole i prodotti chimici antiparassitari nella sua verdura e frutta e dall’altro non vuole che si porti avanti una modifica genetica di questi prodotti che consentirebbe di non utilizzarli (o si mobilita per non abbattere pochi ulivi per fermare un disastro parassitario), da un lato vuole ridurre la produzione di CO2 e dall'altro mette le stufe a pellet nelle proprie case per produrre calore a bassa efficienza.

"Cosa significa occuparsi di ambeinte? la risposta corretta dovrebbe essere: riuscire a preservare un equilibrio ecologico che consenta alla specie umana di crescere, riprodursi e raggiungere un benessere diffuso per il maggior numero possibile di persone".

Il libro non ha pause, incalza il lettore con dati, numeri, con posizioni così chieare e radicali che più che a un ex presidente di Legambiente immagineremmo in bocca a figure come Trump.

Così non tutto mi è risultato condivisibile, come le posizioni espresse sulle politiche a sostegno di fonti di energia non fossile: il capitolo “gli incentivi alle rinnovabili: come sprecare quattrini” per come è scritto è fortemente credibile, sa orientare il lettore, ma la sensazione è quella di un “voler" dimostrare una tesi da parte dell’autore piuttosto che “cercare” di dimostrare.

Ed è questa la sensazione finale che mi resta dalla lettura di questo interessante libro, che per dimostrare le sue tesi di fondo, sul nucleare, sull’uso dell’innovazione tecnologica, sul valore delle regole del mercato, sul fatto che anche la Cina (e un domani l’India) si stiano muovendo per ambientalizzare le proprie industrie, Testa faccia un’operazione di rilettura della storia culturale italiana e mondiale, quella che sta dietro ai temi dell’ambiente, dalle prima battaglie degli anni '70 e '80, i primi anni della contestazione, con i suoi fermenti per il verde, le prime battaglie e referendum, le successive deviazioni anche mediatiche e politiche, e poi con una magmatica operazione fatta di numeri, esempi, fatti e citazioni Testa arrivi a disegnare sotto gli occhi ormai affascinati del lettore una fitta rete di richiami e rimandi letterari, filosofici e culturali che rimangono per gran parte celati al comune interlocutore (un lettore che non ha la sua cultura e sicura padronanza che di questo magma) che finisce quindi per essere travolto nel vortice della lettura, e finisce per cadere in una accondiscendenza senza filtri.

Ho la sensazione che chi esce dalla lettura di questo testo più che aver voglia di selezionare i suoi rifiuti e metterli in 4/5 contenitori separati sia stimolato ad andarsi a comprare un'auto nuova che essendo più intelligente, più autonoma, più "filtrata" inquina meno l'ambiente e quindi la posso utilizzare ogni volta che voglio.

Sulla quarta di copertica del libro c'è scritto "un manifesto per chi non vuole salvare il mondo, ma migliorarlo". Ed è questa la percezione che mi ha lasciato.

Consiglio quindi la lettura del libro a tutti, poiché consente di ampliare la propria conoscenza su questi argomenti, ma una pagina alla volta, con l’attenzione di chi vuole capire ma non essere carpito.