L’unità immobiliare, l’unità strutturale, l’aggregato e l‘unità minima d'intervento nel Sismabonus
Nel presente articolo si illustrano i principali criteri per distinguere ed individuare gli aggregati edilizi, le unità strutturali e le unità immobiliari anche attraverso una serie di esempi.
Col Sismabonus 110% forte spinta agli interventi di riqualificazione strutturale degli edifici italiani
Con la pubblicazione del decreto ministeriale n. 58 del 28 febbraio 2017 si è avviato il più importante piano di prevenzione sismica attuato dallo Stato italiano. Dopo un avvio incerto, in parte dovuto a normative e procedure da perfezionare, in parte alla ritrosia dei proprietari degli immobili, si sono moltiplicate le richieste di accesso al bonus anche grazie alla scelta di innalzare l’aliquota della detrazione al 110%. Come conseguenza si è assistito ad una decisa crescita di interesse da parte di tutti i soggetti coinvolti, tecnici, amministratori di condominio, imprese e istituti di credito. Oltre alle problematiche in ambito fiscale che sono state man mano risolte a seguito di varie pronunce da parte degli Enti pubblici coinvolti è stato definito l’ambito di applicazione delle detrazioni e i criteri di individuazione degli immobili soggetti al bonus.
L’allegato tecnico al citato D.M. n. 58 già nel febbraio 2017 non aveva lasciato molti dubbi nel definire l’unità strutturale (US) l’oggetto dei lavori almeno fino alla pubblicazione di una prima pronuncia dell’Agenzia delle Entrate che aveva generato dei dubbi in ambito tecnico in riguardo agli interventi in aggregato.
Con la successiva nota assunta al protocollo n. 8047 del 21/10/2020 dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione istituita dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha chiarito che “Ai fini dell’applicazione del “Sismabonus” o del “Supersismabonus” più che all’unità funzionalmente indipendente bisogna fare riferimento all’unità strutturale (US) chiaramente individuabile secondo le NTC 2018 (§ 8.7.l) in quanto essa “... dovrà avere continuità da cielo a terra, per quanto riguarda il flusso dei carichi verticali e, di norma, sarà delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contigui strutturalmente ma, almeno tipologicamente, diversi.”
Nella procedura di accesso alle detrazioni fiscali le indicazioni e le circolari ad oggi pubblicate fanno quindi riferimento ad edifici (unità strutturali) ovvero, ove possibile, ad aggregati edilizi, escludendo la possibilità di interventi su singole unità immobiliari.
Nei paragrafi seguenti si illustrano i principali criteri per l’individuazione degli aggregati edilizi, delle unità strutturali e le unità immobiliari anche tramite esempi che, come spesso succede negli interventi di miglioramento sismico, fanno riferimento ai processi di ricostruzione post sisma.
L’aggregato e l‘unità minima d'intervento
Nel recupero dei centri storici, sia nell’ambito delle attività ordinarie di pianificazione e progettazione che in quelle legate alle emergenze post sisma, gli Enti preposti hanno sempre avuto l’esigenza di cartografare gli aggregati edilizi, per una loro prima identificazione nell’ambito del contesto urbano, e di perimetrare le unità strutturali.
Nell’ambito dell’ingegneria sismica i primi riferimenti agli aggregati riportati su documenti recepiti da organi pubblici risalgono al 1997, subito dopo il terremoto che ha interessato le regioni di Marche e Umbria: una qualificata rappresentanza della comunità scientifica ed istituzionale, il Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti e il Servizio Sismico Nazionale, ha messo a punto una scheda, la scheda AeDES, finalizzata al rilievo del danno, alla valutazione dell'agibilità e alla realizzazione dei provvedimenti di pronto intervento.
Sul manuale della scheda AeDES viene precisato che l’aggregato è da “intendersi quale insieme di edifici (elementi strutturali) non omogenei, a contatto o con un collegamento più o meno efficace, che possono interagire sotto un’azione sismica o dinamica in genere. Un aggregato strutturale può essere, quindi, costituito da un edificio singolo (come spesso, ma non sempre, capita nel caso di edifici in cemento armato) o da più edifici accorpati, con caratteristiche costruttive generalmente diverse.”
Alla luce dell’evoluzione normativa sulle costruzioni, preliminare alla qualificazione dell’aggregato, occorre definire l’isolato quale “porzione di tessuto urbano delimitato da strade, spazi pubblici e/o privati comunque percorribili”.
L’aggregato nella maggior parte dei casi coincide con l’isolato urbano. Nel caso di aggregati particolarmente complessi, di dimensioni elevate o in presenza di discontinuità come nel caso delle rue ovvero sono presenti giunti e connessioni deboli come archi, cortili aperti, questo può essere suddiviso in più porzioni che costituiscono le unità minime di intervento (UMI).
La UMI quindi può coincidere con l’intero aggregato, qualora strutturalmente “fortemente connesso”, ovvero con una sua porzione più o meno ampia.
Per individuare univocamente un aggregato edilizio è pertanto necessario indicare quali siano gli spazi (strade, piazze, corti interne, giunti di separazione) che lo rendono strutturalmente indipendente dagli edifici nelle immediate vicinanze e solo successivamente si procede ad una valutazione più di dettaglio per l’individuazione di giusti o connessioni “deboli”, ove presenti.
Come applicazione concreta di individuazione di aggregati e UMI su base territoriale può essere citata l’attività svolta dal Comune di L’Aquila per la ricostruzione post sisma 2009 dei centri storici del capoluogo e delle frazioni che ha indotto la pubblicazione di una normativa specifica necessaria per il loro recupero in considerazione dell’elevato numero di edifici di pregio coinvolti.
Le procedure introdotte prevedono innanzitutto l’individuazione delle Unità Minime di Intervento (UMI) che coincidono con gli aggregati oppure, ove questi risultavano molto estesi ed articolati, con le porzioni di aggregato.
Figura 1: A titolo di esempio si riporta un estratto con la perimetrazione degli aggregati e delle unità minime di intervento fatte nell’ambito dell’attività di recupero del centro storico di L’Aquila. “Analisi dello stato dei luoghi - Ambito B (fonte schede progetto) Banca D’Italia e Lauretana”.
Nel caso di aggregato estesi, condizione molto rara nel caso del Sismabonus per la difficoltà di coinvolgere tutti i proprietari, la scelta ottimale nella perimetrazione delle UMI è tale da minimizzare le reciproche interazioni sotto l’effetto dell’azione sismica.
Di fondamentale importanza in questo processo è l’analisi delle trasformazioni urbane avvenute nel corso degli anni partendo dalle singole unità strutturali individuate come edifici compiuti che possono avere interazioni strutturali con gli altri edifici dell’aggregato. Negli aggregati urbani dei centri storici sono infatti presenti diversi livelli di interazione e il riconoscimento delle unità strutturali non sempre è sempre semplice e univoca. Nella Figura 2 sono indicate alcune configurazioni di base che illustrano in modo sintetico il percorso di accrescimento e di trasformazione.
L’unità strutturale è il punto di partenza per la individuazione corretta degli aggregati e per la definizione delle aree di intervento di riparazione del danno e miglioramento sismico, tenendo in conto le interazioni nell’ambito delle partizioni dell’aggregato.
Figura 2: Esempio di evoluzione storica di un aggregato in linea (O porzione originaria, I fabbricato indipendente, nA struttura non ammorsata). I criteri per l'individuazione delle unità strutturali sono quelli indicati nelle istruzioni per l'applicazione della Normativa tecnica e nel Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES).
Figura 3: E’ riportato un schema di esempio con due unità strutturali A e C che sono costituite da strutture connesse in corrispondenza delle angolate e l’unità B che ha la muratura non ammorsata a quella degli edifici adiacenti. La configurazione riportata risulta critica in caso di sisma in quanto un intervento di miglioramento sismico fatto solo sulle porzioni A e/o C (intervento consentito dal Sismabonus) rischierebbe di enfatizzare le vulnerabilità dell’unità B dovute ad un comportamento non scatolare in quanto non si considera il contesto nel quale si interviene e non si considerano le interazioni tra le diverse unità. In situazione analoghe è fortemente consigliato un progetto relativo ad un intervento unitario che coinvolga tutto l’aggregato o quantomeno una porzione signifativa.
Avendo come riferimento l’edificio piuttosto che il tessuto urbano, una definizione alternativa di aggregato strutturale è la seguente: l’aggregato “può intendersi un insieme di edifici non omogenei, interconnessi tra di loro con un collegamento più o meno strutturalmente efficace determinato dalla loro storia evolutiva che possono interagire sotto un’azione sismica o dinamica in genere.”
Una prima classificazione del tipo di aggregazione è basata sulla forma geometrica in pianta e sulla articolazione funzionale:
- “a schiera”: gli alloggi si identificano con i moduli tipologici elementari. L’aggregato è costituito da organismi abitativi plurifamiliari cielo-terra accostati con aggregazione in linea.
- “in linea”: gli organismi abitativi sono costituiti da uno o più moduli con uno o più alloggi per piano. Sono caratterizzati dalla fruizione plurifamiliare di spazi comuni. Le unità immobiliari sono accorpate attorno ad un collegamento verticale,
- “a corte chiusa”: La tipologia a corte appartiene alla classe della residenza normalmente plurifamiliare costituita dall'aggregazione di più corpi di fabbrica attorno a cortili comuni,
- “a corte aperta”: costituita dall'aggregazione di più corpi di fabbrica attorno a cortili comuni che, a differenza della tipologia “a corte chiusa” la corte aperta mantiene un lato libero del cortile direttamente accessibile dall’esterno senza passare per un androne,
- “a torre” o “a blocco”: caratterizzati da uno sviluppo in altezza con una ripartizione in unità abitative per piano il cui accesso è garantito da una o più scale con uno sviluppo che normalmente è sull’intera altezza.
Figura 4: Dalla freccia rossa è indicata un’aggregazione “a corte chiusa” piuttosto complessa che presenta più cortili interni. Dalla freccia gialla una struttura “a corte aperta”.
Figura 5: Individuazione di un aggregato “in linea” (indicato con la faccia) che si innesta su un aggregato “a corte chiusa”.
In merito all’individuazione degli aggregati nelle NTC non sono riportate ulteriori indicazioni in considerazione dell’impostazione della Norma tecnica che ha come riferimento base l’unità strutturale.
Le istruzioni per l’applicazione delle Norme tecniche NTC approvate con Circolare del C.S.LL.PP. n. 7/2019 (Circolare) al capitolo 8, a proposito degli aggregati, precisano le fasi d’indagine che il progettista è chiamato a sviluppare: “il processo di indagine sugli aggregati edilizi si dovrebbe sviluppare, ove significativo in relazione alle verifiche da effettuare e/o agli interventi previsti, attraverso l’individuazione di diversi strati d’informazione:
- i rapporti tra i processi di aggregazione ed organizzazione dei tessuti edilizi;
- principali eventi che hanno influito sugli aspetti morfologici del costruito storico (fonti storiche);
- la disposizione e la gerarchia dei cortili ed il posizionamento delle scale;
- l’allineamento delle pareti (con particolare riferimento alle facciate, al disassamento dei fronti ed ai flessi planimetrici);
- i rapporti spaziali elementari delle singole cellule murarie, nonché i rapporti di regolarità, ripetizione, modularità, ai diversi piani, al fine di distinguere le cellule originate da quelle realizzate successivamente;
- la forma e la posizione delle aperture nelle pareti: loro assialità, simmetria e ripetizione al fine di individuare il percorso di trasmissione degli sforzi e la sua evoluzione nel tempo;
- i disassamenti e le rastremazioni delle pareti, i muri poggianti “in falso” sui solai sottostanti, le differenze di quota tra solai contigui”.
L’unità strutturale
La procedura di individuazione dell’unità strutturale (US) riveste un ruolo di particolare rilievo in quanto, come precisato in premessa, costituisce l’unità minima su cui è possibile intervenire con la procedura del Sismabonus.
Per i fabbricati ubicati fuori dai centri storici, la perimetrazione dell’US è normalmente agevole in quanto per la loro individuazione si applica il criterio indicato dalle Norme tecniche per gli edifici di nuova realizzazione secondo la procedura semplificata basata sulla valutazione della distanza minima tra edifici prospicienti.
Un edificio costituisce unità strutturale se a distanza delle costruzioni più vicine secondo criterio riportato dalle NTC: “La distanza tra costruzioni contigue deve essere tale da evitare fenomeni di martellamento e comunque non può essere inferiore alla somma degli spostamenti massimi determinati per lo SLV …. e tenendo conto, laddove significativo, dello spostamento relativo delle fondazioni delle due costruzioni contigue… La distanza tra due punti di costruzioni che si fronteggiano non potrà in ogni caso essere inferiore a 1/100 della quota dei punti considerati, misurata dallo spiccato della fondazione o dalla sommità della struttura scatolare rigida di cui al § 7.2.1, moltiplicata per 2 ag S/g”.
Le strutture in posizione isolata (delimitate da strade, spazi pubblici e/o privati) ovvero costruiti in adiacenza ad altri fabbricati ma che rispettano le distanze minime indicate al precedente capoverso, costituiscono quindi una unità strutturale e come tale può essere oggetto di intervento secondo i criteri previsti per il Sismabonus.
Una casistica ricorrente, spesso incontrata nella pratica professionale, riguarda strutture per le quali non è garantito il rispetto delle distanze secondo la procedura semplificata.
E’ possibile, secondo le NTC, eseguire calcoli specifici per verificare che la distanza tra costruzioni contigue non sia inferiore alla somma degli spostamenti massimi di ciascuna di esse.
Nella quasi totalità dei casi la procedura analitica non aiuta in quanto:
- la maggior parte dei fabbricati hanno spostamenti allo stato limite di salvaguardia della vita (SLV) piuttosto elevati in quanto normalmente realizzati con pilastri di dimensioni ridotte a fronte di ampiezza di giunti spesso irrisorie,
- occorre eseguire le valutazioni sugli spostamenti sia sul fabbricato oggetto d’intervento sia su quelli adiacenti per i quali il professionista non ha la possibilità di approfondirne la conoscenza in quanto non direttamente incaricato.
Per questa casistica, a fronte di indicazioni delle NTC che prevedono la valutazione degli effetti di un eventuale fenomeno di martellamento, non sembra ci siano pronunce di merito da parte della Commissione sulla possibilità di intervenire solo su una struttura nel caso di giunti chiaramente insufficienti.
A tal proposito un possibile riferimento tecnico, che si applica nelle condizioni emergenziali post sisma, è dato dal Manuale della scheda di agibilità AeDES che, per edifici realizzati in calcestruzzo armato, prevede l’individuazione di unità strutturali distinte qualora i fabbricati risultano “isolati da spazi o giunti rispondenti alla prescrizione normativa”. Due edifici o più edifici divisi da un giunto di dimensioni minori di quelle indicate delle NTC dovrebbero quindi essere considerati come un’unica unità strutturale.
Altra casistica che ha una certa ricorrenza è data dalle villette a schiera.
Nel verbale assunto al prot. n. 8047 del 21/10/2020 dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione si è pronunciata chiarendo che ”la tipologia edilizia oggetto della richiesta di chiarimenti (villetta a schiera, intesa come singola unità immobiliare facente parte di un edificio più ampio) è senza dubbio esclusa dall’incentivo. [come unità strutturale, ndr] Qualsiasi unità abitativa inserita in un complesso ‘a schiera’ non rientra nella definizione di US suesposta, avendo essa sempre parte della propria struttura (telaio in c. a., in acciaio, in legno, muratura, mista o altro sistema costruttivo) in comune con almeno un’altra unità abitativa, fatta esclusione per il caso in cui vi siano giunti a creare discontinuità strutturale tra le unità stesse.”
I casi più complessi per l’individuazione delle unità strutturali fanno però riferimento agli edifici in aggregato per i quali, come ricordato dal Manuale della Scheda AeDES la suddivisione in US “non è sempre semplice ed univoca, specialmente nel caso degli aggregati di fabbricati in muratura tipici dei centri storici”. Anche se i centri storici sono interessati marginalmente dal Sismabonus, è importante conoscere i criteri per individuare le unità strutturali in quanto è possibile imbattersi in aggregati edilizi che non rientrano nel tessuto storico ma che sono stati realizzati per successive modifiche e accrescimenti di un nucleo originario.
In generale un edificio in muratura “dovrà avere continuità da cielo a terra, per quanto riguarda il flusso dei carichi verticali e, di norma, sarà delimitata o da spazi aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contigui strutturalmente ma, almeno tipologicamente, diversi”. Questa definizione, riportata nel paragrafo 8.7.1 delle NTC, è frutto delle esperienze fatte sulla base di terremoti passati che hanno evidenziato una certa differenziazione del danneggiamento tra unità strutturali appartenenti allo stesso aggregato ma caratterizzate da una differente vulnerabilità sismica.
Considerato che un aggregato è normalmente il risultato della realizzazione di costruzioni fatte in momenti e con materiali e tecniche differenti, a volte non compatibili tra loro, è necessaria un’attenta analisi storica finalizzata ricostruire le fasi di accrescimento dell’aggregato stesso, i rimaneggiamenti e le trasformazioni, le interazioni tra le differenti porzioni.
La documentazione progettuale reperita e le testimonianze della committenza assumono una notevole importanza per ponderare bene la scelta delle indagini e delle prove necessarie non solo a caratterizzare i materiali ma anche (e spesso soprattutto) a stimare le interazione tra le diverse strutture e ad individuare i possibili meccanismi di collasso.
La suddivisione dell’aggregato in unità strutturali va normalmente fatta in relazione ai seguenti aspetti:
- le epoche costruttive,
- i materiali diversi (murature con lavorazioni diverse, presenza di giunti di malta verticali, pezzature dei conci chiaramente di differente dimensione e/o posa in opera, … ),
- la presenza di solai posti a quote diverse,
- l’allineamento planimetrico delle pareti anche interne,
- l’allineamento altimetrico dei solai,
- la forma, tipologia e posizione delle aperture esterne ed interne,
- la posizione e articolazione di cortili e scale.
Figura 6: Aggregato n. 433 del Piano di Ricostruzione di L’Aquila diviso in due UMI. Costituisce un esempio di suddivisione in unità strutturali fatta sulla base dell’andamento delle coperture e quindi delle altezze. E’ una valutazione preliminare che, nella pratica progettuale, va adeguatamente approfondita con l’analisi storica dell’aggregato e con le indagini anche visive a seguito di scrostamenti di intonaco e saggi.
Figura 7: Aggregato n. 338 del Piano di Ricostruzione di L’Aquila. E’ un esempio di suddivisione in unità strutturali fatta sulla base dell’andamento delle coperture e delle tipologie costruttive. L’edificio perimetrato in rosso è in calcestruzzo armato, quello in verde in muratura, in blu è perimetrata una struttura mista muratura-calcestruzzo armato.
Figura 8: Aggregato nel Comune di Ferrazzano (CB). Nonostante l’altezza degli edifici sia la stessa, in questo caso la suddivisione in US effettuata preliminarmente (evidenziata dalla linea rossa tratteggiata) è dovuta all’evidente sfalsamento delle aperture e probabilmente dei solai. A supporto di questa ipotesi di suddivisione, un primo approfondimento d’indagine potrebbe essere lo scrostamento dell’intonaco per verificare la presenza del giunto di malta verticale. Il giunto di malta potrebbe evidenziare due murature non ammorsate costruite in aderenza ma con tempistiche e con modalità differenti.
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