La “sanatoria” degli aspetti strutturali e antisismici
Per la disciplina delle costruzioni in cemento armato e a struttura metallica, e per quella delle costruzioni in zona sismica, le leggi nazionali non prevedono norme per la regolarizzazione a posteriori degli interventi eseguiti abusivamente. Soltanto in alcune regioni sono state attivate procedure amministrative, che talvolta però non sono allineate con quanto previsto nei principi fondamentali indicati nel D.P.R. 380/2001 dal legislatore nazionale.
Il tentativo di chi scrive è quello di esaminare i diversi aspetti che devono essere considerati quando si ha l’intenzione di regolarizzare a posteriori gli aspetti strutturali e antisismici di una costruzione, e di proporre soluzioni operative per i procedimenti di sanatoria delle parti abusive e di attestazione dell’agibilità a posteriori delle costruzioni (con e senza abusi edilizi); soluzioni che possono essere adottate laddove l’organo di controllo non abbia istituito procedure proprie per colmare le carenze delle attuali norme di rango primario.
Il documento è frutto della sola esperienza di ingegnere strutturista acquisita da chi scrive nella libera professione, e non si fonda su studi giuridici o qualifiche accademiche. Pertanto, esso racchiude molti spunti di riflessione, ma non può costituire un riferimento valido nei diversi casi che possono presentarsi.
Di seguito il contenuto del documento.
Sommario
1. Il quadro generale
1.1. Quando è possibile ottenere la “sanatoria” degli aspetti strutturali e antisismici?
1.2. Come si può attestare la “agibilità” a posteriori di una costruzione per gli aspetti strutturali e antisismici?
1.3. Il documento dell’Ordine di Brescia: “sanatoria” e “agibilità”
1.4. Un ulteriore confronto: il testo “Sismica in Lombardia. L’attività di controllo sul progetto e sull’esecuzione”
2. La proposta di regole operative
2.1. Regolarizzare a posteriori gli aspetti strutturali e antisismici: un problema giuridico senza soluzione
2.2. Sanatoria e agibilità: due diversi procedimenti edilizi per due diverse finalità
2.3. L’analisi degli aspetti sostanziali e amministrativi aiuta a capire cosa serve per rimediare agli errori del passato
2.4. Cosa serve per regolarizzare gli aspetti strutturali e antisismici di interventi abusivi?
2.5. La proposta: tre tabelle con gli adempimenti da attivare per la regolarizzazione delle opere strutturali e antisismiche
2.6. Le violazioni vanno segnalate all’autorità giudiziaria
2.7. La validità del deposito sismico anche ai fini della denuncia del costruttore
2.8. Come si presentano telematicamente le pratiche a posteriori
3. Alcuni temi specifici
3.1. L’ambito di applicazione degli artt. 53 e 67 del DPR 380, relativamente agli obblighi di collaudo
3.2. Cosa fare nel caso di abusi assimilabili a interventi locali
3.3. Cosa fare nel caso di abusi assimilabili a interventi che non rilevano a fini sismici
3.4. Interventi che, pur essendo privi di rilevanza a fini sismici, potrebbero rientrare nell’obbligo di collaudo a posteriori
3.5. Il contenuto della relazione di valutazione della sicurezza con “doppia conformità”
3.6. Caso di abusi realizzati contestualmente all’originaria realizzazione dell’edificio (seppur in difformità edilizia)
3.7. La segnalazione di agibilità per edifici esistenti comprendenti opere abusive
3.8. La segnalazione di agibilità per edifici esistenti senza opere abusive
4. Conclusioni
4.1. Conclusioni e sintesi della procedura operativa in 3 punti
Di seguito riportiamo i primi due paragrafi lasciando al lettore la lettura del documento integrale in PDF scaricabile previa registrazione al sito.
Quando è possibile ottenere la “sanatoria” degli aspetti strutturali e anti-sismici?
Per quanto riguarda la possibilità di regolarizzare a posteriori gli aspetti strutturali e antisismici nel caso di interventi edilizi abusivamente realizzati, bisogna fare riferimento al concetto della cosiddetta “doppia conformità”: la “sanabilità” delle opere abusive è subordinata alla dimostrazione, mediante “valutazione della sicurezza”, del fatto che per i lavori di costruzione e demolizione eseguiti abusivamente i livelli di sicurezza soddisfino la disciplina tecnica vigente sia al momento della realizzazione degli stessi, sia al momento della presentazione della domanda.
Per la sanatoria, il rispetto delle leggi riguardanti gli aspetti strutturali e antisismici nei due momenti temporali (Sentenza n. 101/2013 della Corte Costituzionale) è necessario sia nei confronti delle regole contenute nelle norme tecniche, sia per la sismicità della zona.
Tuttavia, per le opere strutturali e antisismiche della costruzione, è possibile generalmente considerare soltanto la condizione più restrittiva, che corrisponde cioè alla sismicità e ai livelli di sicurezza previsti dalle norme tecniche più recenti, cioè quelle in vigore al momento della presentazione della domanda; e non è necessario fare riferimento alle specifiche regole di dettaglio, perché ci si può basare sul rispetto dei livelli di sicurezza previsti per le nuove costruzioni, ma calcolati come indicato dalle norme tecniche per gli edifici esistenti (NTC 2018, capitolo 8).
Sul piano tecnico e sostanziale, la “valutazione della sicurezza” per i soli interventi abusivi, con dimostrazione del rispetto dei livelli di sicurezza indicati nelle NTC 2018 come nel caso in cui gli interventi fossero ancora da realizzare, è sufficiente a garantire la “sanabilità” delle opere.
Per quanto riguarda il piano formale e amministrativo sono necessarie invece alcune ulteriori precisazioni, di cui si dirà più avanti. Ma si può qui anticipare che il tema appare più facile da affrontare se si riescono a tenere separati i momenti temporali, o quantomeno i concetti, che costituiscono per la stessa costruzione il procedimento preliminare di “sanatoria” e quello successivo di “agibilità”.
È giusto qui ricordare anche la distinzione tra gli aspetti “strutturali” e quelli più propriamente “antisismici”.
È noto infatti che la legislazione italiana prevede ancora oggi in termini procedurali nel D.P.R. 380/2001 una netta distinzione: con l’art. 65 (dall’originaria L. 1086/1971, disciplina delle opere in c.a., c.a.p. e a struttura metallica) è regolamentata la presentazione di ogni intervento strutturale, a cura della singola impresa che partecipa all’esecuzione di un’opera; con l’art. 93 (dalla L. 64/1974, disciplina delle costruzioni in zona sismica, e ancor prima L. 1684/1962) è regolamentato il deposito dei progetti in zona sismica, prima dell’inizio dei lavori, a cura del committente, con riferimento agli interventi strutturali e non strutturali, purché di un certo rilievo a fini sismici per la pubblica incolumità.
È noto infatti che l’ambito di applicazione dell’originaria L. 64/1974 per le costruzioni in zona sismica non includeva soltanto gli elementi “strutturali” delle costruzioni, bensì (art. 1) “[…] l’osservanza delle norme tecniche riguardanti i vari elementi costruttivi […]” (oggi art. 52 del D.P.R. 380), così come confermato dalla giurisprudenza consolidata, per l’esecuzione di elementi anche “non strutturali” appunto.
Anche i controlli sono di tipo diverso: per le opere strutturali (artt. 65 e seguenti) non è previsto alcun tipo di controllo di merito (l’obbligo di denuncia ha come scopo quello di individuare le responsabilità nei casi in cui debba intervenire l’autorità giudiziaria); per le costruzioni in zona sismica (artt. 93 e seguenti) invece le procedure sono lasciate alle regioni, che spesso hanno delegato le funzioni ai comuni: si va dal controllo di merito preventivo previsto nei casi di autorizzazione sismica e di sopraelevazione, al controllo di merito a posteriori sul progetto e sull’esecuzione con sorteggio a campione.
La sicurezza delle costruzioni va quindi sempre verificata (ai fini della sanatoria, in particolare) sia per gli aspetti strutturali, sia per quelli antisismici, pur sapendo che questi ultimi riguardano anche il comportamento strutturale ma che, a partire dalle NTC 2008, non necessariamente i livelli di sicurezza sono interdipendenti.
Come si può attestare la “agibilità” a posteriori di una costruzione per gli aspetti strutturali e antisismici?
Il tema è controverso: ci si chiede se per attestare l’agibilità di una costruzione (senza abusi edilizi, tanto per cominciare) sia possibile certificare a posteriori la sicurezza strutturale e antisismica attraverso una relazione di idoneità statica in sostituzione del collaudo. E ci si chiede anche se, nel caso particolare, sia possibile farlo qualora nella costruzione siano presenti interventi abusivi. Le risposte, secondo le leggi oggi vigenti, sono nel caso generale negative: ai fini dell’attestazione di agibilità, secondo l’art. 24 del D.P.R. 380/2001 è necessario presentare il certificato di collaudo di cui all’art. 67 per quegli interventi (abusivi oppure no) che lo richiedevano quando sono stati eseguiti.
Che cosa è l'attestazione dell'agibilità
Intanto si deve premettere che l’attestazione di agibilità corrisponde, secondo quanto previsto all’art. 24, comma 1, D.P.R. 380/2001, alla verifica della "sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la vigente normativa". Per utilizzare la costruzione è quindi necessario garantire in particolare il requisito della sicurezza strutturale e antisismica.
Non deve confondere il riferimento alla “vigente normativa”: i requisiti di sicurezza strutturale e antisismica della costruzione possono essere diversi caso per caso: per gli edifici esistenti, per esempio, in assenza di abusi edilizi le norme tecniche oggi vigenti non prevedono il raggiungimento di specifici livelli di sicurezza, come per gli interventi di nuova esecuzione, ma consentono esplicitamente verifiche più limitate, con il soddisfacimento di regole e livelli di sicurezza vigenti al momento della realizzazione degli interventi stessi (8.3 NTC 2018 e C2.1 Circ. 7/2019).
Ai fini dell’attestazione di agibilità è necessario, sempre secondo l’art. 24, presentare il certificato di collaudo di cui all’art. 67, e cioè quello relativo alle sole opere in cemento armato e a struttura metallica.
Non bisogna infatti confondere la necessità di denunciare e collaudare le diverse tipologie strutturali (in muratura, in legno, gli interventi sull’esistente, ecc., come stabilito attraverso i decreti ministeriali di pubblicazione delle norme tecniche che si sono succedute nel tempo, fino alle NTC 2018) con l’obbligo di collaudo, introdotto per le opere calcestruzzo per la prima volta con il Regio Decreto 2229/1939 e ridefinito più organicamente (anche nel regime sanzionatorio) con la Legge 1086/1971, ora artt. 65 e seguenti del D.P.R. 380/2001.
Si deve ricordare infatti che tutte le norme tecniche per le costruzioni, in quanto adottate con decreto ministeriale, sono norme di grado secondario e che pur di applicazione delle norme primarie (L. 1086/1971, L. 64/1974, D.P.R. 380/2001) sono in ogni caso ad esse subordinate.
Anche la Cassazione (n. 25178/2019) si è recentemente espressa nel senso della “non obbligatorietà” del collaudo statico per una costruzione in legno (per esempio) ribadendo con chiarezza, con riferimento a un intero edificio con copertura in legno di 94 mq., che “Il collaudo previsto dall'art. 75, D.P.R. 380/2001 è necessario solo per le strutture in conglomerato cementizio armato, normale, precompresso ed a struttura metallica previste dagli artt. 53 e 64 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e non anche per le altre strutture non in cemento armato o in struttura metallica”. (Si ricorda che l’articolo 75 del D.P.R. 380 prevede che: “Chiunque consente l'utilizzazione delle costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo è punito con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 103 a 1032 euro”).
Bisogna anche ricordare che il certificato di collaudo è il prodotto di un insieme di obblighi e regole ben determinati (nella qualificazione dei tecnici, dei costruttori, dei materiali, delle ispezioni, ecc.), mentre qualsiasi altro documento non lo è, seppur in determinati casi una relazione di idoneità statica può contenere (sotto la responsabilità del tecnico incaricato) le stesse considerazioni in termini di valutazione della sicurezza strutturale di quelle contenute nel certificato di collaudo statico e contiene dunque gli elementi principali che hanno portato alla formazione del convincimento sulla sicurezza delle opere strutturali della costruzione.
Ma la legge non prevede (se non per i casi specifici di condono edilizio) che il certificato di collaudo possa essere sostituito con una “certificazione di idoneità statica”, la quale non equivale appunto al certificato di collaudo, perché formalmente non ha lo stesso valore e la stessa efficacia, quantomeno sul piano amministrativo.
Passiamo alle costruzioni in zona sismica: per esse, indipendentemente dall’uso del c.a. e dell’acciaio e dalla necessità del collaudo secondo l’art. 67 di cui sopra, bisogna ricordare che nel procedimento di attestazione dell’agibilità indicato nel citato art. 24, al comma 5, lett. a, è richiesto anche il documento di attestazione delle condizioni di cui al comma 1 (sicurezza, igiene, salubrità); ma l’attestazione di cui si parla è condizionata all’esibizione del “certificato di rispondenza” per le opere eseguite in zona sismica, secondo quanto prescritto nell’art. 62 D.P.R. 380 (come in L. 64/1974, e prima ancora in L. 1684/1962).
Art. 62: “Il rilascio della licenza d'uso […] e l'attestazione di cui all'articolo 24, comma 1, sono condizionati all'esibizione di un certifica-to da rilasciarsi dall'ufficio tecnico della regione, che attesti la perfetta rispondenza dell'opera eseguita alle norme del capo quar-to”. Le norme del capo quarto sono quelle relative alla costruzioni in zona sismica.
Il certificato di rispondenza è comunque sostituito dal certificato di collaudo (secondo quanto oggi indicato nell’art. 67, e in precedenza in molte leggi regionali).
Ed è questa la ragione per la quale in zona sismica vanno comunque collaudati tutti gli interventi (con le sole eccezioni degli interventi locali e di quelli privi di rilevanza a fini sismici), come già prevedono per esempio la legge lombarda di oggi (L.R. 33/2015, art. 9) e quella precedente (L.R. 46/1985, art. 4) e le leggi di diverse altre regioni: molte di queste infatti introdussero fin dal principio l’obbligo di collaudo generalizzato, proprio per trasferire la funzione di rilascio del certificato dalla regione direttamente al singolo collaudatore.
Per l'ottenimento della agibilità “in assenza di lavori” (cioè a posteriori, per edifici già esistenti) purtroppo, ad oggi le leggi non stabiliscono precise regole. In particolare, siamo in attesa del decreto di attuazione del comma 7-bis, art. 24, D.P.R. 380/2001; decreto che avrebbe dovuto essere emanato 90 giorni dopo la pubblicazione del Decreto 16 luglio 2020, n. 76 (“7-bis. La segnalazione certificata può altresì essere presentata, in assenza di lavori, per gli immobili legittimamente realizzati privi di agibilità che presen-tano i requisiti definiti con decreto […] da adottarsi […] entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”).
..CONTINUA
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