Le regole per il mix design di un calcestruzzo con ceneri volanti
In questo articolo si pone l’attenzione su alcuni aspetti essenziali del mix-design di miscele di calcestruzzo contenenti cenere volante Micro-Pozz PFA, dimostrando come l’impiego di questa aggiunta minerale fillerizzante dallo spiccato comportamento pozzolanico sia estremamente agevole, sia dal punto di vista tecnologico (mix-design) che di gestione pratica presso gli impianti di preconfezionamento.
Cenere volante Micro-Pozz PFA come aggiunta minerale pozzolanica ad azione fillerizzante
Nell’articolo “Aspetti generali sui vantaggi dell’uso delle ceneri volanti nel calcestruzzo” abbiamo avuto modo di parlare in maniera piuttosto dettagliata delle caratteristiche di questo ingrediente ormai indispensabile per il confezionamento di calcestruzzi di elevato standard qualitativo.
Si tratta di una polvere finissima, visivamente molto simile al cemento (Figura 1) e costituita da micro-particelle di forma sferica e natura silico-alluminosa. Caratteristiche, queste, che conferiscono al materiale uno spiccato comportamento pozzolanico, ovvero gli permettono di contribuire attivamente allo sviluppo delle prestazioni meccaniche e di durabilità del conglomerato.
La sua distribuzione granulometrica è del tutto comparabile a quella tipica di un cemento o di un filler di buona qualità. Si tratta quindi di un materiale capace di apportare una rilevante componente di “fini” alla miscela, migliorandone significativamente la reologia (lavorabilità, robustezza e pompabilità); tali benefici sono particolarmente evidenti nei conglomerati confezionati con aggregati (sabbie in particolare) piuttosto scabri.
Come detto, la granulometria della cenere volante Micro-Pozz PFA è del tutto comparabile con quella di un buon filler calcareo (Figura 2). Tuttavia, a differenza di quest’ultimo, che esprime un comportamento esclusivamente “inerte”, la cenere volante, oltre a lavorare come filler riempitivo, esplica una rilevante azione pozzolanica che migliora significativamente la struttura della matrice cementizia, riducendone le porosità ed incrementandone le prestazioni.
Questo duplice ruolo fillerizzante/pozzolanico ha favorito, negli anni, un impiego sempre più diffuso di questo materiale nel confezionamento del calcestruzzo.
Aspetti normativi: Concetto del valore k
Il primo riferimento normativo da prendere in considerazione per l’impiego della cenere volante nei conglomerati cementizi è certamente il D.M. 17 gennaio 2018 (vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni). Al paragrafo 11.2.9 di tale decreto viene trattato l’aspetto dei “Componenti del calcestruzzo” e al paragrafo 11.2.9.3 quello delle “Aggiunte”.
D.M. 17 gennaio 2018 – Paragrafo 11.2.9.3
Nei calcestruzzi è ammesso l’impiego di aggiunte, in particolare di ceneri volanti, loppe granulate d’altoforno e fumi di silice, purché non ne vengano modificate le caratteristiche prestazionali.
Le ceneri volanti devono soddisfare i requisiti della norma europea armonizzata UNI EN 450-1. Per quanto riguarda l’impiego si potrà fare utile riferimento ai criteri stabiliti dalle norme UNI EN 206 ed UNI 11104. I fumi di silice devono soddisfare i requisiti della norma europea armonizzata UNI EN 13263-1.
In maniera estremamente sintetica ed efficace, il D.M. 17 gennaio 2018 indica sia le caratteristiche che la cenere volante deve possedere per poter essere impiegata nel confezionamento dei calcestruzzi (UNI EN 450-1) e sia le sue modalità di impiego (UNI EN 206 ed UNI 11104).
La UNI EN 450-1, “Ceneri volanti per calcestruzzo – Parte 1: Definizione, specificazioni e criteri di conformità” definisce i requisiti chimici, fisici e di durabilità che la cenere volante deve rispettare per poter conseguire una specifica Marcatura CE ed essere quindi utilizzabile nel confezionamento dei calcestruzzi.
La UNI EN 206 “Calcestruzzo – Specificazione, prestazione, produzione e conformità” definisce, al paragrafo 5.1.6, la cenere volante come Aggiunta di tipo II, a differenza (ad esempio) dei comuni filler definiti come Aggiunte di tipo I. La sostanziale differenza sta nel fatto che la prima tipologia è una aggiunta minerale a comportamento pozzolanico.
Nello studio della miscela (mix-design) la cenere volante Micro-Pozz PFA può essere considerata come parte del legante, ovvero può essere tenuta in conto con riferimento al dosaggio complessivo di cemento e al rapporto acqua/cemento della miscela.
Per fare questo, sempre la UNI EN 206 (punto 5.2.5) entra nel merito delle modalità di impiego delle aggiunte, definendo per quelle di tipo II il fondamentale concetto del valore k. Esso di fatto rappresenta una sorta di fattore di efficienza della cenere volante in confronto al cemento. Ad esempio, considerare una cenere volante con fattore di efficienza k=0,4 significa implicitamente assumere che 1 kg di cenere volante contribuisce quanto 0,4 kg di cemento al conseguimento di una determinata prestazione (generalmente ci si riferisce alla resistenza a compressione).
Dal punto di vista normativo, il fattore k della cenere volante dipende dal tipo di cemento impiegato nel mix-design.
La UNI 11104 ne specifica i seguenti valori in funzione di alcune tipologie di cemento (Tabella 1).
Seguendo poi le indicazioni fornite dalla UNI EN 206 si potrà definire in maniera dettagliata la miscela in termini di dosaggio di cemento e di cenere volante.
A tale scopo, le “regole” di utilizzo previste dalla UNI EN 206 sono le seguenti:
- Detto “P” il quantitativo di Micro-Pozz PFA che si vuole considerare come parte del “legante” (quindi in parziale sostituzione del cemento) e “C” il contenuto di cemento della miscela, il rapporto P/C (in massa) dovrà rispettare i valori riportati in Tabella 1, ovvero dovrà essere minore o uguale a 0,33 nel caso si utilizzi un cemento CEM I oppure minore o uguale a 0,25 nel caso si utilizzi un altro cemento di cui alla Tabella 1. Se si utilizza un quantitativo di cenere maggiore, l’eccesso non verrà “analiticamente” considerato come legante.
- Detta “A” l’acqua efficace, dovrà essere [A / (C + k·P)] ≤ (a/c)MAX , dove (a/c)MAX è il massimo rapporto acqua/cemento che la UNI 11104 richiede per la classe di esposizione in oggetto.
- Dovrà risultare C + k·P ≥ CMIN, dove CMIN è il contenuto minimo di cemento che la UNI 11104 richiede per la classe di esposizione in oggetto.
Mix-design di calcestruzzi con cenere volante: aspetti essenziali e benefici
Gli aspetti salienti che caratterizzano il mix-design di calcestruzzi confezionati con cenere volante saranno descritti ragionando su un esempio pratico. Supponiamo di dover confezionare un calcestruzzo C32/40 - XC4 (la classe di consistenza ed il diametro massimo dell’aggregato sono ininfluenti nel ragionamento), disponendo di un cemento tipo CEM II/A-LL 42.5R (uno dei cementi più utilizzati nel nostro Paese) e della cenere volante Micro-Pozz PFA Marcata CE UNI EN 450-1.
Dalla Tabella 1, ovvero dalla UNI 11104, stabiliamo di poter utilizzare, per quest’ultima, un valore k = 0,4.
In Tabella 2 viene riportata la miscela di “riferimento” (Riferimento), ovvero quella che potremmo realizzare con il solo cemento, e due miscele alternative confezionate con cenere volante Micro-Pozz PFA.
Innanzitutto, occorre verificare che le miscele con cenere volante rispettino le indicazioni normative di cui alla UNI EN 206 (vedi sopra):
Condizione 1:
P/C ≤ 0,25 (in massa), perché stiamo utilizzando un CEM II/A-LL:
PFA1: P/C = 50/330 = 0,15 < 0,25 → Conforme
PFA2: P/C = 70/320 = 0,22 < 0,25 → Conforme
Condizione 2:
[A / (C + k·P)] ≤ (A/C)MAX , dove (A/C)MAX è il massimo rapporto acqua/cemento previsto dalla UNI 11104 per la classe di esposizione in questione (XC4), ovvero 0,50:
PFA1: [A / (C + k·P)] = [167 / (330 + 0,4x50)] = 0,48 < 0,50 → Conforme
PFA2: [A / (C + k·P)] = [167 / (320 + 0,4x70)] = 0,48 < 0,50 → Conforme
Condizione 3:
(C + k·P) ≥ CMIN, dove CMIN è il contenuto minimo di cemento previsto dalla UNI 11104 per la classe di esposizione in questione (XC4), ovvero 340 kg/m3.
PFA1: (C + k·P) = (330 + 0,4x50) = 350 > 340 → Conforme
PFA2: (C + k·P) = (320 + 0,4x70) = 348 > 340 → Conforme
Le due miscele ottimizzate con cenere volante sono quindi conformi alle richieste normative. Procedendo poi con la realizzazione di impasti in laboratorio, si verificherà che le prestazioni, reologiche e meccaniche, rispondano alle prescrizioni.
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