Permesso di costruire in sanatoria e doppia conformità urbanistica: le condizioni per il rilascio
Consiglio di Stato: la doppia conformità è condizione essenziale della sanatoria, ed investe entrambi i segmenti temporali, cioè il tempo della realizzazione dell'illecito ed il tempo della presentazione dell'istanza
Senza doppia conformità non può esserci "sanatoria", cioè non si può concedere un permesso di costruire in sanatoria (da non confodersi col condono edilizio in senso stretto, ma questa è un'altra storia già peraltro approfondita).
E' questa l'estrema sintesi della sentenza 1240/2020 dello scorso 18 febbraio del Consiglio di Stato che torna, ancora una volta, su un argomento molto dibattuto e ricorrente, il condono edilizio da sanatoria.
Il caso
Nel caso di speci l'appellante, titolare di un campeggio su area demaniale marittima, aveva impugnato una serie di atti aventi ad oggetto alcuni interventi edilizi posti in essere sulla stessa.
Palazzo Spada conferma tutte le tesi del Tar, ritenendo dirimente la disamina contenutistica: l’elenco dei circa 140 manufatti abusivi si apre con l’indicazione di una serie di roulotte, box o simili, strutture tipicamente funzionali all’esercizio dell’attività ricettiva, delle quali si evidenzia la fissità, tanto da qualificarle come opere edilizie abusive.
I manufatti, cioè, "considerati anche gli elementi strutturali", si connotano per la permanenza durante tutto l’arco dell’anno, integrando una modifica dello stato dei luoghi evidentemente non assentita con il titolo che ha legittimato l’insediamento della struttura.
Tra esse figura anche il fabbricato incamerato tra le pertinenze demaniali e destinato a servizi igienici, uffici e altri locali asserviti al campeggio. In sintesi, la Capitaneria di Porto e, conseguentemente, il Comune hanno qualificato come abusiva non la struttura ricettiva ex se, ma il suo concreto atteggiarsi mediante la realizzazione di una permanente trasformazione dello stato dei luoghi in assenza dei previsti titoli edilizio e paesaggistico.
La richiesta di sanatoria urbanistica
Secondo il Consiglio di Stato, appare chiara la necessità di scrutinare preliminarmente il ricorso avverso l’atto (il diniego di sanatoria di tale abuso originario) che ha cristallizzato come definitivamente illecita la situazione accertata: ciò in quanto sia la successiva richiesta di (ulteriore) sanatoria, sia i due provvedimenti ripristinatori «concernono null’altro che modificazioni» di un contesto nel quale il singolo intervento, in quanto e se funzionale a incidere sul complesso ricettivo, non può che risentire di tale illiceità di partenza, con ciò rendendo addirittura improcedibile da parte degli uffici comunali la domanda volta a legittimarne ex post la realizzazione.
Quanto detto peraltro trova conferma perfino nella difesa dell’appellante: allo scopo di contestare la asserita incompiutezza documentale della domanda posta a base della reiezione della sanatoria del 1990, essa richiama la possibilità, da parte del Comune, di integrare i dati mancanti, pur in assenza di allegati grafici, con il riferimento, espressamente contenuto nell’istanza di sanatoria, alle “presunte opere abusive, realizzate all’interno del campeggio sopradetto, elencate in premessa all’ordinanza di demolizione del Sindaco n. 63 in data 24.05.1990” (pag. 12 del ricorso in appello). Con ciò ammettendo che le “opere abusive” da sanare erano quelle (e tutte quelle) di cui all’accertamento del 1990, ovvero in primo luogo i manufatti alloggiativi a servizio della struttura in quanto stabilmente ancorati a vario titolo al suolo.
Il contenitore abusivo
Ma rispetto ad un campeggio abusivo non nella sua astratta configurazione, ma nella riscontrata modalità di realizzazione, è evidente che qualsivoglia ulteriore intervento volto ad accentuarne tali elementi di fissità non può che palesarsi abusivo a sua volta.
L’espressione di sintesi riportata nella motivazione del diniego di sanatoria del 2002 va dunque collocata in tale contesto. L’affermato cambio di destinazione d’uso “da servizi igienici, uffici ed altri locali asserviti al Campeggio in locali ad uso commerciale” rischia di essere fuorviante ove riferito all’intera struttura: ove si trattasse, infatti, di miglioramenti additivi di un complesso ricettivo legittimo, essi potrebbero essere riguardati nella loro unitarietà, ovvero con riferimento alla destinazione del contenitore nel suo complesso, non dei singoli elementi contenuti.
Nel caso di specie, tuttavia, per quanto già chiarito, è il contenitore ad essere abusivo: a ciò non può che conseguire una visione mirata sì al singolo intervento, ma per poi ricollocarlo nel complesso generale.
La mancata sanatoria
Correttamente il Comune ha negato la sanabilità delle opere funzionali a trasformare l’originario bar ristorante in bar discoteca evidenziando (anche) che «l’intervento per il quale si richiede l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 13 della Legge 47/1985 non corrisponde all’abuso realizzato non contemplando tale istanza la modifica di destinazione d’uso da servizi igienici, uffici ed altri locali asserviti al Campeggio in locali ad uso commerciale».
Secondo l'appellante, il Comune avrebbe respinto la propria domanda, peraltro, come ricordato, a distanza di circa 14 anni, senza tuttavia contestarne preventivamente l’incompletezza, in dispregio delle indicazioni fornite al riguardo dall’art. 20, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001.
Ma attenzione: in materia di sanatoria cd. “ordinaria”, infatti, di cui all’epoca all’art. 13 della legge 47/1985, diversamente da quanto previsto per il condono, non vige l’istituto del silenzio assenso, ma quello, di senso diametralmente opposto, del silenzio diniego. Ne consegue che a fronte dell’inerzia dell’amministrazione protrattasi nel tempo, la parte ben avrebbe potuto compulsarne le decisioni, con ciò acquisendo contezza della carenza documentale ascrittale, allo scopo di scongiurare la formazione di tale reiezione tacita.
Non c'è doppia conformità
A rinforzo, si sototlinea che non appare neppure invocabile, secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale del Consiglio Stato (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2018, n. 2496, e 20 febbraio 2018, n. 1087), l’istituto della c.d. ‘sanatoria giurisprudenziale’.
Tale istituto non trova, infatti, fondamento alcuno nell’ordinamento positivo, contrassegnato invece dai principi di legalità dell’azione amministrativa e di tipicità e nominatività dei poteri esercitati dalla pubblica amministrazione, con la conseguenza che detti poteri, in assenza di espressa previsione legislativa, non possono essere creati in via giurisprudenziale, pena la violazione di quello di separazione dei poteri e l’invasione di sfere proprie di attribuzioni riservate alla pubblica amministrazione. Anche la Corte Costituzionale, peraltro, ha più volte ribadito al riguardo la natura di principio, tra l’altro vincolante per la legislazione regionale, della previsione della “doppia conformità” (Corte Cost., 31 marzo 1998, n. 370; 13 maggio 1993, n. 231; 27 febbraio 2013, n. 101) seppur con precipuo riferimento inizialmente ai soli profili penalistici.
In definitiva, il rilascio del permesso di costruire in sanatoria è stato negato giustamente, in assenza della cd. “doppia conformità” ex art. 36, d.P.R. n. 380/2001. Questo perché:
- il permesso in sanatoria, previsto dall'art. 36 dpr 380/2001, può essere concesso solo nel caso in cui l'intervento risulti conforme sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione del manufatto, che alla disciplina vigente al momento della presentazione della domanda;
- la doppia conformità è condicio sine qua non della sanatoria, ed investe entrambi i segmenti temporali, cioè il tempo della realizzazione dell'illecito ed il tempo della presentazione dell'istanza. Nel caso di specie il provvedimento, in maniera sintetica ma esaustiva, evidenzia l'assenza totale della richiesta doppia conformità, stante che il manufatto realizzato è in contrasto con la destinazione d'uso dei locali, il che è sufficiente a precludere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria. Tale rilievo prescinde del tutto dalla valutazione a posteriori della natura o della consistenza dell'abuso, sollecitata dall'interessato, dovendosi considerare, specie in ragione del carattere rigidamente vincolato del potere esercitato dall'amministrazione, che la contrarietà originaria dell'intervento, rispetto alla strumentazione urbanistica, esclude il prescritto requisito della doppia conformità;
- l’appellante non può invocare in proprio favore l’istituto della cd. “sanatoria giurisprudenziale”, cui peraltro non aveva fatto alcun riferimento nel corso del procedimento, cui ha attivamente preso parte (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 settembre 2018, n. 5319; nonché id. 24 aprile 2018, n. 2496, nella quale peraltro si controverte, come nel caso di specie, di una domanda di sanatoria presentata prima dell’entrata in vigore del T.U.E., ma definita dopo).
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