Ponti e viadotti: da cosa deriva il decadimento delle prestazioni strutturali?
In Italia, gran parte delle infrastrutture viarie come ponti, viadotti e cavalcavia, ha oltrepassato i 50 anni di età, superando la durata di vita operativa.
Ma cosa determina il progressivo decadimento delle prestazioni strutturali di un'opera? Esiste il controllo assoluto che consenta di arrivare al rischio zero?
Intervistato dall'editore e direttore di Ingenio, Andrea Dari, il professor Franco Braga ha approfondito il tema del decadimento delle prestazioni strutturali delle infrastrutture, spiegando quali sono i motivi che concorrono a rendere sempre più fragili le opere del Paese.
Le cause del deterioramento dei ponti
Per comprendere quali siano i motivi alla base del progressivo deterioramento di buona parte del patrimonio infrastrutturale italiano, bisogna fare un passo indietro nel tempo.
Come ricordato dal professor Franco Braga, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Europa mise in atto un progetto di vasta ricostruzione e restauro del proprio patrimonio, in particolar modo tra gli anni '50, '60 e inizio anni '70.
Il boom economico e l'arrivo sul mercato di materiali innovativi, consentirono di costruire infrastrutture all'avanguardia per quegli anni. Uno di questi è il calcestruzzo armato precompresso, il materiale alla base della maggior parte dei manufatti italiani.
«Contrariamente a quello che si credeva in altri tempi - ha spiegato il professore - il calcestruzzo strutturale invecchia, risente dell’aggressione ambientale e non protegge le armature così a lungo come si pensava, per questo le opere hanno iniziato a raggiungere una vecchiaia significativa più o meno contemporaneamente. Si tratta di opere mature, per le quali il tema della manutenzione straordinaria, inizia a diventare un problema significativo. Non dobbiamo dimenticare poi, che i volumi di traffico, così come i carichi, sono cresciuti strepitosamente rispetto alle previsioni iniziali».
Il rischio zero per un'opera infrastrutturale
Ma esiste il controllo assoluto che consenta di arrivare al rischio zero per un’opera infrastrutturale?
«Il rischio zero non esiste, è un principio irrinunciabile - ha chiarito Braga - l’ingegneria a mio parere, nasce proprio per valutare rischi sostenibili».
Tuttavia, arriva un momento in cui tramite il controllo, non è più possibile assicurare un livello di rischio accettabile e occorre prendere in considerazione anche la ricostruzione dell'opera, soprattutto quando si raggiunge una situazione per la quale non è più possibile garantire la salvaguardia della vita umana che non deve mai essere messa discussione.
Il rischio sismico per i ponti
Nel corso dell'intervista, è stato affrontato anche il tema della resistenza dei ponti agli eventi sismici e di quanto questi incidano sulla sicurezza strutturale.
«La struttura registra qualunque evento che abbia un'intensità sufficiente a produrre danni e che l’abbia in qualche punto e in qualche modo, portata fuori dal campo elastico di funzionamento - ha spiegato il professore - la struttura ricorda tutto ed è chiaro che l'accumularsi dei traumi rischia di produrre una riduzione imprevista del patrimonio di sicurezza originario».
L'intervista integrale al professore Franco Braga
Ponti e Viadotti
News e approfondimenti riguardanti il tema dei ponti e viadotti: l’evoluzione normativa, gli strumenti digitali per la progettazione, il controllo e il monitoraggio, i materiali e le soluzioni tecniche, il controllo e la manutenzione, la formazione e i progetti nazionali e internazionali.
Sismica
Tutti gli articoli pubblicati da Ingenio nell’ambito della sismologia e dell’ingegneria sismica.