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Quando l’annullamento tardivo del permesso di costruire è illegittimo

Il Comune ha il potere di revocare in autotutela un permesso edilizio errato, facendo attenzione però ai limiti temporali previsti dalla norma. La sentenza del Consiglio di Stato chiarisce che, oltre un termine massimo di 12 mesi, l’annullamento può risultare illegittimo a meno che non siano dimostrate circostanze eccezionali. Ecco perché bisogna rispettare i tempi e le procedure per garantire la tutela dei diritti dei cittadini e contemporaneamente la corretta applicazione delle norme di tutela ambientale e paesaggistica.

Il diritto del comune di annullare un permesso edilizio errato

Il Comune la possibilità di porre rimedio ai propri atti illegittimi, infatti con l’atto di annullamento in autotutela è possibile rendere inefficace un permesso edilizio qualora la pubblica amministrazione (PA) si accorga di aver sbagliato nell’autorizzare il titolo edilizio. Questo può accadere, ad esempio, se il rilascio è stato ottenuto tramite dichiarazioni non veritiere o incomplete da parte del richiedente.

Secondo l’art. 21-nonies della legge 241/90 “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21 octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. (…)

La norma stabilisce quindi che la pubblica amministrazione può annullare un proprio atto amministrativo viziato da errori gravi, ma solo entro un termine specifico. Questo equilibrio è importante per garantire il diritto del cittadino a non vedersi “cambiare le decisioni” a distanza di troppo tempo dalla loro efficacia, ma al tempo stesso per permettere alla PA di correggere un atto qualora riconosca la presenza di vizi, soprattutto nel caso di titoli abilitativi rilasciati in contrasto con i vincoli di carattere sovracomunale.

Tuttavia, come chiarito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1702/2025, il potere di annullamento in autotutela incontra limiti temporali rigorosi, anche in presenza di comprovate esigenze (es. vincoli paesaggistici disattesi).

Ecco perché le pubbliche amministrazioni devono agire con tempestività, salvo che non dimostrino circostanze eccezionali che giustifichino una deroga. In caso contrario, l’annullamento tardivo di un permesso di costruire non può ritenersi legittimo, neppure se sorretto da esigenze di tutela del paesaggio.

 

Il rispetto dei tempi nell’annullamento dei permessi di costruire e la tutela paesaggistica

Il Consiglio di Stato ha di recente messo un punto sulla revoca di un permesso di costruire rilasciato da una Amministrazione comunale, evidenziando l’importanza dei vincoli paesaggistici ma al tempo stesso dei limiti temporali per l’esercizio del potere di autotutela da parte della PA.

Il caso in questione trae origine da un provvedimento di annullamento con cui il Comune aveva invalidato un permesso di costruire rilasciato al ricorrente per l’ampliamento di un edificio di sua proprietà. Il motivo dell’annullamento era stato fondato sulla classificazione della particella interessata come zona di rispetto paesaggistico ai sensi del piano paesaggistico comunale.

Ai sensi dell’art. 2, lett. b), delle relative norme di attuazione del piano paesaggistico comunale, in tali aree vige un divieto assoluto di costruzione e di ampliamento fuori terra di edifici. Sulla base di ciò, il progetto edilizio non avrebbe potuto essere consentito e il permesso di costruire avrebbe dovuto essere ritenuto illegittimo.

Nella prima fase del contenzioso il T.R.G.A. (Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa) ha rigettato il ricorso, affermando che le norme di tutela paesaggistica costituiscono disciplina speciale prevalente rispetto a quella urbanistica e che il permesso di costruire era illegittimo fin dall’origine.

Avverso tale sentenza, il ricorrente ha promosso appello dinanzi al Consiglio di Stato, sostenendo che l’annullamento in autotutela sarebbe intervenuto oltre il termine massimo previsto dall’ex art. 21-nonies l. n. 241 del 1990 per l’adozione del provvedimento in autotutela).

Il Consiglio ha accolto l’appello rilevando che “(…) il provvedimento di secondo grado emesso nell’esercizio del potere di ritiro risulta adottato oltre il termine dell’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990 il quale, al comma 1, nel testo vigente all’epoca del rilascio del titolo così stabiliva: «Il provvedimento amministrativo illegittimo (…), può essere annullato d'ufficio (…) entro un termine ragionevole comunque non superiore a diciotto mesi (…). Ciò detto, il mancato rispetto del termine non intercetta l’esimente del comma 2-bis del medesimo art. 21-nonies in considerazione della circostanza che l’elemento non dichiarato dalla parte privata in seno all’istanza – ossia la presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta – non riguardava aspetti non conosciuti dal Comune ma, diversamente, un elemento essenziale dell’istruttoria, ossia il vincolo paesaggistico sull’area, la cui presenza era ben nota al Comune e che l’attività della fase endoprocedimentale avrebbe dovuto agevolmente rilevare.”

Secondo la legge l'amministrazione ha un massimo di 18 mesi per ritirare o annullare un atto amministrativo come un permesso edilizio. Si evidenzia che il termine di 18 mesi previsto dall’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990 è stato modificato nei termini di 12 mesi. Nel caso in esame, questo termine non è stato rispettato, poiché l'annullamento in autotutela è avvenuto oltre il limite temporale previsto.

L’amministrazione in sede processuale avrebbe sostenuto a sua discolpa che il ricorrente avesse omesso la presenza di vincoli sull’area oggetto dell’intervento impedendo alla stessa una pronta verifica, circostanza che giustificherebbe il ritardo, inquadrabile come fatto di natura eccezionale.

Ma il Consiglio di Stato ha rilevato che l'amministrazione non sarebbe stata messa in difficoltà nel rilevare l’esistenza di un vincolo sull’area, in quanto tale vincolo avrebbe dovuto essere ad essa ben noto perché risultante dal piano urbanistico da tempo in vigore.
Quindi il Consiglio ha dichiarato che l'annullamento era illegittimo, perché troppo tardivo.

In conclusione, la sentenza sottolinea che il Comune non ha rispettato il termine per annullare il permesso di costruire, nonostante ci fosse un vincolo paesaggistico che doveva essere considerato fin dall'inizio. Di conseguenza rispettare i tempi e le procedure è fondamentale per garantire la correttezza degli atti amministrativi, così come l’interesse pubblico nel proteggere il paesaggio in aree ritenute di particolare valore storico, artistico e/o ambientale.

  

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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