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Risanamento conservativo o ristrutturazione? Errore di istruttoria e permesso di costruire annullato

Il risanamento conservativo rappresenta un approccio edilizio fondamentale per la preservazione degli edifici storici, bilanciando la funzionalità moderna attribuita all’edificio con la sua memoria storica. La sentenza del Consiglio di Stato n. 2487/2025 funge da riferimento significativo in quanto conferma, con l'annullamento di un permesso di costruire, l’illegittimità di un progetto che prevedeva trasformazioni non compatibili con il risanamento conservativo, alterando l'ambiente e le visuali panoramiche.

Risanamento conservativo: equilibrio tra funzionalità e memoria storica

Spesso in edilizia, soprattutto con riferimento a edifici di rilevanza storica, si sente parlare di risanamento conservativo. Esso è un tipo di intervento edilizio il cui scopo è quello di preservare non solo l’organismo edilizio esistente, rispettandone la struttura e le caratteristiche architettoniche, ma di permetterne anche un miglioramento e/o adeguamento funzionale all’evoluzione delle attività svolte al suo interno.

Per tali motivi, gli interventi attribuibili agli interventi di restauro e di risanamento conservativo sono vari, dai semplici restauri di finiture alle più complesse lavorazioni che coinvolgono anche la struttura portante o gli impianti tecnologici.
Lo scopo di questo tipo di intervento è quello di assicurare all’edificio la sicurezza strutturale e la funzionalità, conservandone al contempo bellezza e memoria storica.

Il risanamento conservativo è spesso applicato per:

  • edifici storici o di pregio architettonico;
  • immobili in centri storici;
  • edifici che richiedono un aggiornamento funzionale ma conservano ancora valore architettonico o testimonianza culturale.

Per comprendere a pieno in che cosa possa consistere un risanamento conservativo, basta pensare ad alcune tipologie tipiche di intervento richieste per tali edifici:

  • all’adeguamento delle altezze dei solai mantenendone le volumetrie esistenti;
  • alle aperture di nuove finestre, conservando il design originale;
  • al restauro di facciate storiche, utilizzando materiali e tecniche compatibili con quelli originali senza modificarne quindi l’aspetto estetico.

Il Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001) disciplina nel dettaglio il risanamento conservativo, in particolare l’art. 3 comma 1 lett. c) definisce gli interventi di restauro e di risanamento conservativo come quella tipologia di interventi edilizi rivolta “a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio; (…)”.

Gli interventi edilizi che vanno ad alterare l’organicità l’aspetto o lo stile di un immobile, ad esempio mediante l'inserimento di nuovi impianti o la modifica / la ridistribuzione di volumi, non possono invece identificarsi come un risanamento conservativo. Tali interventi infatti rientrerebbero nell'ambito della ristrutturazione edilizia.

A questo punto diventa fondamentale la sentenza del Consiglio di Stato n.2487/2025 con la quale si comprende quando un intervento possa o meno essere inquadrato come risanamento conservativo.

 

Confermato l’annullamento del permesso di costruire

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2487/2025 ha confermato integralmente la sentenza del TAR Toscana che aveva annullato un permesso di costruire per un intervento edilizio nel territorio comunale di Marciana. L’amministrazione comunale aveva, infatti, rilasciato un permesso per la ristrutturazione di un fabbricato residenziale suscitando il ricorso dei proprietari delle proprietà limitrofe.

I ricorrenti avevano contestato la legittimità dell’intervento, sostenendo che lo stesso violasse le norme urbanistiche e paesaggistiche, oltre a ledere i loro diritti di proprietà, in particolare per l’ostruzione delle visuali panoramiche e la riduzione delle distanze tra gli edifici.

Nell’analisi del caso il TAR Toscana aveva accolto il ricorso, annullando il permesso di costruire e sottolineando che l’intervento fosse stato classificato come risanamento conservativo, quando in realtà comportava una sostanziale trasformazione dell’immobile, con ampliamenti e modifiche non consentite in zona agricola (E1a) e non compatibili con la tipologia di intervento individuata. In particolare, la realizzazione di un terrapieno artificiale e di nuovi volumi avrebbe fortemente alterato il contesto ambientale.

Il Comune di Marciana e la proprietaria dell’immobile avevano impugnato la decisione del TAR, sostenendo che non fosse dimostrato un reale danno a terzi e ritenendo che l’intervento fosse invece legittimo anche in zona E1a, soprattutto perché, a loro avviso, rientrante nella tipologia risanamento conservativo. Secondo gli appellanti, infatti, la cartografia del Regolamento Urbanistico Comunale (RUC) era stata erroneamente interpretata dal TAR.

Interpellato quindi il Consiglio di Stato, il caso si è concluso con il rigetto di tutte le argomentazioni poste dal Comune e dalla ditta proprietaria, confermando che “(…) dalla documentazione in atti emerge con chiarezza come il progetto presentato dalla controinteressata ed autorizzato dal Comune per l’ampliamento dell’immobile esistente ostacoli le visuali panoramiche godute dai vicini e, soprattutto con il terrapieno artificiale, finisca per violare le distanze, incidendo così sensibilmente sulla qualità dell’ambiente e del paesaggio fruibile dalle abitazioni vicine, nonché sul pregio delle relative proprietà.

I vicini avevano quindi un legittimo interesse a opporsi al progetto, poiché l’intervento avrebbe compromesso le visuali e il decoro paesaggistico.

Secondo il Consiglio di Stato “la distinzione fra le categorie del restauro e risanamento conservativo e della ristrutturazione edilizia ha natura funzionale. Negli interventi di restauro e risanamento conservativo deve ritenersi consentita la sostituzione di parti anche strutturali (…), purché nel rispetto degli elementi essenziali tipologici, formali e strutturali originari”. Nel caso in essere le opere eccedono “il risanamento conservativo e rientrano nella ristrutturazione gli interventi che portano a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal preesistente, alterandone la morfologia e consistenza fisica”.

Quindi l’opera non poteva considerarsi un semplice risanamento, ma una ristrutturazione con ampliamento, vietata in area agricola. Secondo i giudici del Consiglio di Stato l’interpretazione del TAR sulla cartografia era stata corretta, anche se la zona E1a era stata individuata dallo strumento urbanistico all’interno del perimetro urbano. Tale posizione infatti non poteva incidere sulla destinazione prevalentemente agricola dell’area.

In conclusione, la sentenza ribadisce come le amministrazioni non possano autorizzare interventi volti a stravolgere il contesto territoriale, soprattutto in aree protette.

 

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
Il file PDF è salvabile e stampabile.

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