SEMPLIFICAZIONE o QUALIFICAZIONE DELL’EDILIZIA...proposta generale e sufficientemente ragionata
una interessante riflessione sul tema della SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA, di quella NORMATIVA, nonchè delle COMPETENZE TECNICHE
Di seguito riportiamo una interessante riflessione arrivata alla redazione da un nostro lettore, l'ing. Gilberto Mastroianni, che pone sul tavolo numerose questioni relative alla SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA, a quella NORMATIVA, nonchè all'importante tema delle COMPETENZE TECNICHE e al loro valore, portando, a conclusione della nota, anche proposte concrete per un miglioramento sia della sicurezza delle nostre costruzioni sia della figura del professionista tecnico.
Siamo sicuri che si tratti di semplificazione?
In questo ultimo periodo il mondo dell'ingegneria civile è stato interessato da varie problematiche che sono scaturite sia da un'emergenza sanitaria sia da un ennesimo processo di innovazione legislativa comunemente detta “semplificazione”. Nella memoria storica dei tecnici italiani (sicuramente in quelli calabresi) la parola “semplificazione” è stata, penso, sempre sinonimo di “confusione” nonché di maggiore burocrazia, ma di semplificazioni reale almeno negli ultimi 30 anni io personalmente non ne ho viste, semmai sarebbe bene chiamarle passi indietro, di norme precedentemente fatte senza una logica precisa. Di fatto, se noi andiamo ad analizzare tutti gli interventi legislativi in materia di semplificazione non fanno altro che eliminare, derogare, modificare, escludere alcuni articolati di legge, di norme, fatte in precedenza ma mai si è trattato di una completa riscrittura di articolati più semplificati, realmente più chiari e più semplici da applicare.
A metà maggio sono state pubblicate le linee guida (DM 30-04-2020) inerenti alla cosiddetta legge “sblocca cantieri” che nel suo articolo 3 va ad riorganizzare la norma sulle “autorizzazioni sismiche”. Già nel suo primo concepimento quest’articolo presenta una “apparente semplificazione” e precisamente quando va ad introdurre un “velato” nuovo concetto (nuovo? non sicuramente per la norma tecnica) nella burocrazia dell'ingegneria sismica, ossia la distinzione delle opere in funzione della loro “rilevanza” (concerto diverso da quello che 40 anni fa distinguevamo con coefficiente di importanza? Penso proprio di no).
All'interno di questa “semplificazione” troviamo la “confusione”:
- la definizione delle "nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche”
- il contenuto minimo del progetto “è determinato dal competente ufficio tecnico della Regione”.
Ora, se per il primo punto si è dovuto attendere l'emanazione delle Linee Guida (DM del 30/04/2020) per il secondo è stato subito chiaro che non si tratta di una semplificazione. Da sempre ed in tutti i settori il demandare alle Regioni significa avere in Italia come minimo 21 modi diversi, se non 23, di approccio al problema (basta vedere che cosa è successo per l’emergenza sanitaria).
21 modi diversi per realizzare lo stesso progetto: ecco cosa significa "il contenuto minimo del progetto"
La semplificazione in tal senso, verosimilmente, rappresenta per il tecnico operante in ambito nazionale trovarsi di fronte 21 “contenuti minimi” per realizzare lo stesso progetto. Sicuramente alcuni saranno comuni ma non tutti, per cui la semplificazione dov'è? Ora mi pongo (vi pongo) una domanda: se il territorio italiano è comunque tutto in zona sismica, a diverse pericolosità, ma concettualmente tutte le strutture sul territorio italiano sono soggette ad azione orizzontale, quale potrebbe essere la diversità di elaborati fra 2 regioni comunque sismiche? Nessuna (almeno penso)!
Ingegneristicamente la diversità del calcolo strutturale con forzante sismica 10 o 30 precisamente qual è? Perché la norma semplificatrice le vuole distinguere a prova di farmacista? Bo!
Semmai dovesse esistere una diversità la si potrebbe trovare nella tipologia di opera, una struttura per abitazione (classe II) diversa da un viadotto (classe IV), da una scuola (classe III) ad un ospedale (classe IV), ma fra una “casa” per civile abitazione, ossia il classico palazzotto in Sicilia piuttosto che in Emilia Romagna dal punto dell’iter burocratico e del calcolo strutturale cosa dovrebbe cambiare? Ma, io non saprei proprio rispondere!
Il progetto, una questione di forma più che di sostanza
Nella realtà semplificata la norma dà la possibilità di avere due modulistiche e due elenchi elaborati magari (sicuramente!) diversi, con due sistemi digitali di invio (protocollo) magari diversi (sicuramente diversi!). Quindi il tecnico progettista felice della semplificazione, prima di presentare il suo progetto non deve “informarsi” sulle peculiarità del progetto, problematiche del sito e come ottimizzarlo nel concepimento architettonico-strutturale ma piuttosto come presentarlo (parte necessaria per farsi pagare!), cosa di fatto essenziale per l’evoluzione dell’ingegneria sismica! (più avanti si capirà il perché)
La digitalizzazione che deve semplificare la burocrazia è stata sempre un altro pesante livello burocratico da combattere, come non citare la Calabria.
Definizione di "tipologia usuale": chi la decide?
Il primo punto su riportato è stato, finalmente, chiarito nel DM del 30 aprile 2020 in cui troviamo gli esempi di struttura “di tipologia usuale”. In prima lettura dello “sblocca cantieri” mi sono chiesto cosa significasse “di tipologia usuale” e che cazzarola di studi avessi fatto nel Pozzati, nel Odone-Belluzi, nel Giangreco, nel Timoshenko, nel Cestelli-Guidi una struttura era struttura ma la casistica di struttura “usuale” non l’ho incontrata. Sicuramente avrò sbagliato corso di laurea o libri di studio.
Ma in aiuto arriva la norma “semplificata” con la spiegazione di “tipologia usuale” che è alla base della diversità fra un'opera “rilevante” per l’incolumità pubblica da un'opera di “minore rilevanza”, e chi fa la classificazione esatta di questa distinzione? La norma super-evoluta? No! La pericolosità sismica del luogo? No! É il funzionario/dirigente della Regione di competenza. Cosi la stessa opera progettata in Calabria può avere una rilevanza diversa che non progettata nel Lazio, pertanto il tecnico dovrà conoscere 21 classificazioni di opere a “minore rilevanza” e altresì la più variegata combinazione di opere di “privi di rilevanza”, ma la semplificazione dov'è?
Come diceva un grande: non finisce qui!
La dicitura che più ha colpito, ed ha affondato, la professione dell’ingegnere civile specializzato, sia per percorso di studio specifico (es. strutturale) sia per comprovata esperienza professionale acquisita in tanti anni di lavoro (e di corsi specifici pagati di tasca propria!), è la definizione data per opera di “usuale tipologia” che in sintesi viene tradotta in tutte “quelle categorie di interventi caratterizzati da una concezione strutturale più facilmente riconducibile alle fattispecie previste dalle norme tecniche e/o dalla letteratura di settore, che richiedono quindi sufficienti e comuni conoscenze tecniche.”
Quale valore è rimasto alla professione tecnica?
Con la precisazione che “non può essere quindi il materiale impiegato, anche se diverso dal calcestruzzo armato o acciaio o muratura tradizionale, quale ad esempio il legno, l’alluminio, il calcestruzzo fibrorinforzato o altri materiali compositi”, inoltre, se la nostra costruzione è "caratterizzata da un rapporto tra l’altezza e la minore dimensione in pianta” minore di 3 siamo in presenza di una struttura di “minore rilevanza” ai fini della pubblica incolumità per cui si richiedono "sufficienti e comuni conoscenze tecniche". Questa semplificazione ci porta ad accettare professionisti che abbiano “sufficienti e comune conoscenze” e quelli che hanno buone ed accurate conoscenze? Tutti… embè si! Signori ma di che cosa stiamo parlando?
Se questa si chiama semplificazione tanto vale “semplificare” anche gli indirizzi specifici di corso di laurea perché già nel triennio delle facoltà di ingegneria edile/civile tutti gli studenti possono essere ritenuti validi per il criterio “da norma”. Altro che parlare di dottorati di ricerca e master post laurea pagati 3000 Euro! Nello stesso periodo in cui vi faccio partecipi di tali osservazioni il CNI (Consiglio Nazionale degli Ingegneri) con la federazione dei tecnici sta organizzando una protesta contro il Governo perché non sono stati riconosciuti (prima forse... poi si!) dei contributi straordinari per l'emergenza sanitaria, “in particolar modo, la possibilità di fruire del bonus di 600/1000 euro e dei contributi a fondo perduto, da cui sono stati esclusi!” Che disgrazia! Ma non ho visto, o ancora non ho letto (fine giugno), nessuna nota né del CNI e né tantomeno di associazioni professionistiche di settore che abbiano sollevato il dubbio su norme che distruggono la professionalità (attuale e futura) e minano la sicurezza tanto decantata nei post terremoti.
Tanto per capire una struttura con un rapporto H/B (b=lato minore)
Questa lettera aperta a tutti i colleghi con “sufficienti e comuni conoscenze tecniche” trae spunto anche da una riflessione fatta con altri colleghi (quali? bo!) su alcuni concetti espressi dall'illustre professor Cosenza in una intervista postata su youtube, nella quale vi è la richiesta di una “abolizione dell'autorizzazione sismica”. Ovviamente, se noi andiamo a confrontare la differenza posta in essere dalla nuova linea normativa fra costruzioni “rilevanti” e “non molto rilevanti” al fine della pubblica incolumità mi sembra ovvio che l'autorizzazione sismica sia del tutto inutile. Sono pienamente d'accordo con il professor Cosenza quando dice che il genio civile, o comunque, l'ufficio che ci deve rilasciare l'autorizzazione sismica (SUE, SURE), non ha al suo interno (in molti casi, ma non tutti!) adeguate competenze. Come sono assolutamente d'accordo che la tempistica per rilascio delle varie autorizzazioni è sproporzionata con la realtà dei tempi moderni (condizione estremizzata nella mia regione, la Calabria, di cui ormai è nota la decennale lotta in tal senso), pensando per esempio a termini normativi per il finanziamento dei miglioramenti/adeguamenti sismici (vedi sismabonus), ma non solo, pensiamo ai programmi POR, FESR-FSE e similari.
È giusto dobbiamo semplificare. Ma questa necessità di semplificazione è dovuta a norme sbagliate oppure è dovuta a personale non qualificato?
Quindi la sicurezza che non ci dà l'”autorizzazione sismica” è perché la norma è errata o perché gli uffici nel corso degli anni non hanno selezionato delle persone “competenti”? È sbagliata la norma nel dire che è necessario un controllo su un progetto (e qui ci sarebbe da dire: quale progetto?) da parte di una figura terza oppure è sbagliato il modo con cui è intesa l'autorizzazione (….da qui devi passare!). Non è scandaloso dire che i 60 giorni previsti per il rilascio dell’autorizzazione sismica se conosco l'”amico al genio civile” sono 10 giorni, come non è scandaloso dire che le persone simpatiche ottengono in tempi congrui le dovute autorizzazioni (quelle là invece …un anno!), ci sono delle eccezioni? Sicuramente si e molte per fortuna. É una cosa palesemente falsa? Credo proprio di no. Il problema quindi è nell’autorizzazione o nelle persone che “gestiscono” il processo produttivo?
Vogliamo fare la semplificazione delle autorizzazioni?
Introduciamo normativamente il silenzio assenso con tempi più brevi rispetto agli attuali del 20%, 30%, 40% in funzione dell’importanza dell’opera (“rilevanza” nei tempi moderni) ed in base a quello che è la classe d’uso della costruzione, ma non “introduciamo in un controverso sistema” una norma che appiattisce le preparazioni solo perché in alcuni uffici, alcuni istruttori o alcuni funzionari non sono efficienti (in numero o in preparazione) o non possono espletare il loro servizio in tempi brevi.
Cambiamo le amministrazioni, cambiamo i dirigenti ma non sminuiamo professioni tecniche di valore ben superiore a 1000/1200 Euro.
Alcune "assurdità" normative da eliminare
Ad equilibrio di quanto esposto proviamo anche ad analizzare l’evoluzione che ha avuto la normativa tecnica nel creare disposizioni con punti di “irrazionalità costruttiva”, ossia condizioni normative impossibili da realizzare nel comune costruire, ciò non è forse un'altra burocrazia da dover eliminare?
A tal proposito si fanno due esempi (per brevità) di concetti che sono stati introdotti delle norme NTC 2018:
- a) le verifiche del confinamento del nodo
- b) le strutture non dissipative
Le formule che normano il confinamento del nodo applicate ad una comune costruzione di due o tre piani (con soluzioni di alleggerimento delle masse) danno l’impossibilità di realizzare l'edificio secondo prescrizioni e questo è un parere unanime non solo dei progettisti più accorti ma anche delle stesse Software House; specie se il tutto è abbinato ad una “impropria” definizione di confinamento del nodo.
La staffatura del nodo dipende essenzialmente dall’armatura longitudinale quindi basta avere una trave (“usuale” ossia statisticamente più presente) leggermente più caricata per fare esplodere le staffe di confinamento tale da dover “progettare” assurdità, come staffe diametro 12 mm ogni 3 cm oppure creare nodi cosi grandi che le strutture progettate fino a 5 anni fa sembrano futuristiche! Conseguenza della “semplificazione” sarà la dovuta e giusta battuta delle maestranze “igegnè, viene tu a metterci le mani!”
Non sono un professore ma il concetto di nodo confinato appare un'altra assurdità. Definito il concetto di confinamento come un'azione di contenimento del calcestruzzo all'interno del volume del nodo (semplificando, il calcestruzzo può uscire solo dalla parte libera del nodo) se noi esaminiamo la formula indicata dalla normativa notiamo una irragionevolezza. Prendiamo un nodo centrale con 4 travi di sezione 30 x 40 è un pilastro di sezione 50 x 30 in base alla formula della norma nella direzione con base del pilastro di 50 cm il nodo non risulta confinato (> 0.75). Lo spazio libero tra la trave da 30 ed il pilastro da 50 è complessivamente 20 cm, ma se la trave è a filo di una delle due facce del pilastro però! Se la stessa trave è collocata in coincidenza di asse con il pilastro lo spazio libero di confinamento (a dx e sx) è di 10 cm. Questo concerto la norma lo ignora. Però, la norma ci dice che se io faccio il pilastro 40 x 40 cm il nodo è confinato, ossia lo spazio libero tra la faccia della trave ed il pilastro è 10 cm (buco). Nel primo caso (coincidenza di assi) il nodo non è confinato nel secondo caso il nodo è confinato, anche se in effetti la parte libera è sempre 20 cm in quanto 10 cm li avrei in una direzione e gli altri 10 nell’altra! Perché il cls non può uscire in diagonale? No! C’è il ferro di spigolo, e perché lo stesso ferro di spigolo non potrebbe essere sulla parete! Non meriterebbe questo controsenso una “semplificazione”? Ossia un ritorno indietro.
Le NTC 2008/2018 ci hanno fatto passare dalle tensioni ammissibili agli SLU con strutture più o meno dissipative ma con dei particolari costruttivi che via via hanno complicato la realizzazione pratica delle opere all’inverosimile, se non in situazioni particolari con dei budget particolari, ma non sicuramente nell' edilizia economica e popolare.
Per semplificare le “complicanze delle strutture dissipative” si sono introdotte delle “semplificazioni” chiamate “strutture non dissipative” che in linea generale, escludendo i nuovi concetti di spettro, mi “puzzano” di tensioni ammissibili con cui si operava 30 anni fa. Anche qua la complessità della norma produce una semplificazione che si traduce in una involuzione, in quanto progettare strutture “non dissipative” anche in sola zona sismica 3 è una bestemmia strutturale nell’anno domini 2020.
Quindi quando si parla di semplificazione non si deve solo pensare alla autorizzazione sismica (di altre non esprimo pareri vista la “sufficiente e generale conoscenza”, anche se a memoria l’idraulica e la geotecnica hanno radici molto più profonde della sismica! E, a memoria non credo che una autorizzazione idraulica o magari una paesaggistica siano più celeri di quella sismica!) ma anche alla normativa tecnica perché la stessa normativa deve essere applicata con sufficienti e comuni conoscenze e no con complesse e specifiche conoscenze, questo è quello che dice la norma. Chi scrive pensa che la norma debba permettere ad un tecnico con buona conoscenza e comprovata esperienza una soluzione tecnicamente valida e concretamente realizzabile in cantiere in modo che il progettato sia verosimilmente uguale al costruito, depositato o autorizzato che sia.
L'ingegneria (non solo sismica) si basa su modelli teorici che simulano il reale, che però hanno due particolarità che non possono essere trascurate, anche se spesso, anzi quasi sempre, non sono ben visibili: le condizioni al contorno e le ipotesi di base. Aspetti che in ogni teoria ne condizionano l'applicabilità. Il concetto di autorizzazione sismica previsto come iter burocratico sicuramente oggi può essere superato, a cominciare dalla riorganizzazione delle competenze dei vari settori dell’ingegneria civile mai definite nel loro contorno e facenti capo a vecchi regi decreti ormai centenari.
Detto ciò, veniamo alla parte dell'intervento del professor Cosenza che merita sicuramente un approfondimento e su cui non si può essere totalmente d'accordo, visto l'attuale quadro normativo. Quando si parla di più figure professionali all'interno di un iter progettuale che portano alla realizzazione di una qualsiasi costruzione edile atta ad ospitare persone, sia essa abitazione sia essa unità produttiva, si deve effettivamente poter dire che le tre figure professionali principali possono, sopra ogni ragionevole dubbio, autocontrollare la qualità del prodotto finale. Quindi, dobbiamo necessariamente analizzare come oggi la norma regola le tre figure professionali senza addentrarci ovviamente in minuzie legislative. Possiamo subito dire che le tre figure professionali in molti casi diventano due giacché in moltissimi progetti edili la figura del progettista strutturale può coincidere con il direttore dei lavori, quindi difficilmente il direttori dei lavori rileverà un’eventuale “svista”, chiamiamola così, del progettista.
Altresì, se nelle NTC 2018 ci viene detto che il collaudo di una struttura, salvo casi particolari di cui però non conosciamo minuziosamente la specificità, può/deve essere fatta in corso d'opera e che il collaudatore deve controllare anche il progetto strutturale, in pari grado il comma 2 dell'articolo 67 del DPR 380/2001 il collaudatore è un tecnico che “non sia intervenuto in alcun modo nella progettazione direzione esecuzione dell'opera”. Quindi oggi il collaudatore non è secondo la legge amministrativa una figura che può controllare il progetto da realizzante in modalità “ante” ma ad opera finita, modalità “post”, e deve semplicemente scrivere se iter progettuale “burocratico” è stato fatto correttamente, cosa passibile, per certi versi ad una semplificazione, tradotto abolizione!
Che serve il collaudo statico riferito alla sicurezza quando il collaudatore vede il solo tutto finito? La questione è stata affrontata anche in sede di deposito della relazione di collaudo con funzionari regionali, i quali confermano la linea del DPR più che le NTC. Quindi se le norme tecniche ci dicono A la norma amministrativa, chiamiamola così, si dice B.
Inoltre, tralasciando quello che potrebbe essere l'opera pubblica dove le figure hanno una certa autonomia decisionale, e dove magari anche la figura del progettista strutturale non coincide con il direttore dei lavori, nell'edilizia privata, quindi nell'edilizia che noi incontriamo in Emilia, ad Amatrice, all'Aquila il collaudatore che evidenzia in sede di collaudo su una struttura “sconosciuta” (di fatto non l’ha vista nascere e crescere perché la norma glielo vieta, non ha visto i calcoli perché la norma glielo vieta, ma soprattutto nessuno glielo paga) una anomalia progettuale dovrebbe andare dal committente, che gli sta pagando la parcella, a dire che l'opera va adeguata oppure che bisogna presentare una variante a lavori finiti. Ora secondo la logica è la prassi quotidiana quante volte ciò è accaduto?
Ora vi immaginate la faccia del committente! Esso, farà la cosa più ovvia “ingegnè se non ve la sentite ne trovo un altro” (e lo trova!). Da DPR la visita di collaudo deve essere espletata dopo che il DL gli ha notificato il deposito della relazione a struttura ultimata. Ovviamente questo non vuol dire che non può fare le visite in cantiere in fase esecutiva, ma la norma ci dice che ciò è obbligatorio solo per le parti strutturali non ispezionabili in fase di sopralluogo finale, quali eventuali fondazioni profonde o altre strutture particolari, imponendo di fatto doti soprannaturali e vista alla supermen al collaudatore. Se vogliamo togliere la figura del funzionario del genio civile (controllore, non sempre con adeguate conoscenze) perché la “norma semplificatrice” non ha cambiato il ruolo del collaudatore facendolo intervenire con una validazione del progetto strutturale sin dalla sua nascita? (cosa fra l’altro presa in esame in qualche regione).
Per chiudere un concetto prima richiamato, vorrei incrociare la definizione data dalla norma sulle competenze “sufficienti e comuni conoscenze tecniche” delle tecnico progettista strutturale con quello che giustamente dice il professor Cosenza. La norma non ci dice qual è la “sufficienza” (semplificazione=confusione) per far sì che il tecnico progettista possa per competenza redigere il progetto strutturale di un edificio che ospita 5000 persone. Il professor Cosenza giustamente identifica il progettista strutturale “sufficiente” come quello che abbia fatto (se non tutti ma in parte) dei corsi di tecnica delle costruzioni, costruzione in zona sismica, dinamica delle strutture, progetti delle strutture, costruzioni in cemento armato e c.a.p, costruzione in acciaio, riabilitazione strutturale, consolidamento delle strutture. eccetera. Figura professionale che o per percorso di studio o perché poi si è dedicato nel post laurea a specializzarsi in tale ambito non ha giustamente bisogno di un controllore, un funzionario.
Ma siamo sicuri (di essere sicuri!) che la sufficienza indicata nella norma (e presunta dal prof. Cosenza, ipotesi di base) è la stessa che la norma richiede cogentemente affinché il tecnico progettista strutturale possa effettivamente firmare e depositare il progetto in questione? Questa condizione al contorno deve essere necessariamente esplicitata, perché solo sotto queste ipotesi preliminari che ci dice il professor Cosenza è valida la richiesta di abolizione dell'autorizzazione sismica, ma se cambiamo le condizioni al contorno lasciando come ipotesi di base che qualsiasi tecnico laureato junior (strutturista o gestionale) o senior (elettrico o idraulico) possa affrontare una progettazione strutturale di un edificio multipiano di 30000 mc perché ritenuto “usuale tipologia” mi sembra che non stiamo percorrendo la strada giusta.
Non mi sembra che oggi ci sia chiarezza sulle competenze professionali in merito alla questione, così come esiste chiarezza in ambito medico-scientifico, e su questo vorrei essere smentito nella totalità dei casi, ossia che il 100% dei progetti strutturali realizzati ha visto o vedrà il coinvolgimento di un esperto in materia. Cosi come nell'intervento cardiochirurgico è richiesta la laurea in medicina ma con la specializzazione in cardiochirurgia e nemmeno un cardiologo di base ha la presunzione di poter affrontare un intervento su una persona (una persona… figuriamoci 1000 persone), anche “l’incolumità” pubblica deve esigere una specifica ed accertata conoscenza e seguire un iter a correzioni d’errore, quale? Non sono io a deciderlo, ma quello che si prospetta non va nella direzione della sicurezza che decantiamo da sempre e che gli eventi sismici nella pratica dei fatti non dimostrano.
Dato che siamo in tema di “semplificazioni” come non pensare alla “semplificazione urbanistica”. É mai possibile che determinate scelte debbano essere fatte per ogni singolo comune e non in ambito più generale lasciando ai sindaci e giunte cose più “semplici” che creare siti con “sufficienti e generali” condizioni di edificabilità? Organismi dove spesso la fanno da padrone beghe politiche che decidono piani di gestione dei territori mai coerenti e spesso mai conclusi. A quando questa semplificazione di gestione del territorio? Esempio un ufficio super parters magari regionale? (genio civile?).
Per finire quest’analisi, vorrei richiamare l'attenzione di tutti sulla “semplificazione digitale”. Termine ormai sulla bocca di tutti la “semplificazione digitale” e in cui “girano molti soldini”. Da ormai un decennio si è potuto constatare come la semplificazione digitale, come prima richiamata, sia un enorme fardello (far parente di bor!).
La digitalizzazione nella giungla delle pratiche tecniche
Difatti, in questo momento, per la presentazione di una “pratica sismica” (autorizzazione o deposito che sia) abbiamo in ogni regione un portale diverso, se non esiste ancora il semplice protocollo cartaceo. Addirittura in alcune regioni non è stato sufficiente introdurre un portale regionale ma è stata data la possibilità ad ogni singolo comune di dotarsi di una piattaforma “locale” per l'invio dei progetti “dei cementi armati” attenzione non “pratica/zzazione sismica”, pratica “dei cementi armati” (vedi regione Lombardia, con tanto di ufficio “cementi armati”, se è in acciaio?). Quando parliamo di semplificazione non sarebbe il caso di “semplificare” la digitalizzazione, quindi avere un unico portale Nazionale uniforme su tutto il territorio che poi indirizza il “progetto digitale” nelle varie sedi competenti per territorio e/o competenza da valutare/depositare. In ultimo ma non per ultimo ci troviamo il nuovo portale per il sismabonus (PNCS) che è separato dal portale per l'invio della “pratica energetica”, era necessario questa semplificazione? Quindi il progettista in regime “digitale semplificato” si trova ad operare con:
- una piattaforma per l'invio del progetto architettonico diversa nei vari comuni d’Italia SUE (con sottoinsieme di portale per le unità produttive SUAP)
- una piattaforma per il “protocollo” regionale per la pratica “sismica”, circa 21 con scommessa!
- poi dobbiamo inviare lo stesso progetto al portale del “sismabonus”, nuova semplificazione
- portale dell' Enea per la parte energetica (magari sarà introdotto anche il portale per la validazione del progetto, autorizzazione!) ed ecobonus, mentre per il semplice Ape abbiamo già diversità regionali circa 21 (se qualcuno li conta e me lo fa sapere).
- poi il portale del catasto per eventuale variazione in merito (forse l’unico nella sua unicità)
E’ questa è la semplificazione digitale? Se vogliamo semplificare seriamente realizziamo da subito un unico portare a livello nazionale dove si inserisce una pratica ai fini di tutte le autorizzazioni in merito e sarà compito degli uffici a cui arriverà la notifica prendersi il progetto, esaminarlo e in 30/45 giorni dare una risposta, se non lo fa la pratica è automaticamente accettata: autorizzata. Eliminiamo tanti soldi per manutentare decine di “piattaforme” utili solo a chi le gestisce, i vari uffici saranno responsabilizzati o aggiornati nei loro “responsabili”. Avremo semplicità, funzionalità, produttività … voi dite stai scrivendo di notte!
Questa si chiama semplificazione, pratica certa in 45 giorni salvo integrazioni.
In definitiva tutto si può fare per migliorare la burocrazia ma si deve partire da precise ipotesi di base e da precise ed attuali condizioni al contorno che in modo, magari anche non ridondante, ci assicurano una sufficiente e generale sicurezza strutturale con le evolute conoscenze scientifiche.
Chiudo questa nota con chi già 50 anni fa in modo molto chiaro aveva individuato (bontà sua!) l’arte delle professioni, e prendendo spunto da una grande opera qual’è l’antologia di Spoon River ne ha saputo creare poesie e realistiche fotografie che viaggiano al di sopra di ogni tempo….”la scienza non puoi regalarla alla gente se non vuoi ammalarti dell'identico male” … grazie grande Faber!