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Sistema d’esodo: il concetto di luogo sicuro nella prevenzione incendi

Approfondimento sul tema della progettazione delle vie d’esodo con particolare riferimento al “luogo sicuro”, analizzando il quadro normativo di riferimento, incluso il codice di prevenzione incendi.


Il presente lavoro intende approfondire il tema della progettazione delle vie d’esodo con particolare riferimento al “luogo sicuro”, analizzando il quadro normativo di riferimento, incluso il codice di prevenzione incendi. 

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Progettare il sistema di esodo

Come noto, la normativa di prevenzione incendi affronta il tema dell’esodo, ai fini della determinazione appunto di un sistema d’esodo dell’attività, opportunamente dimensionato, in grado di consentire agli occupanti di abbandonare l’attività stessa o il compartimento interessato dall’incendio e raggiungere un luogo sicuro.

La progettazione del sistema d’esodo ha visto una nuova ed ampia rivisitazione all’interno del Codice di prevenzione incendi in tutti i suoi elementi costitutivi, ivi compreso il concetto di “luogo sicuro”.

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Prima della introduzione del Codice di prevenzione incendi, il concetto di luogo sicuro era rinvenibile nel DM 30 novembre 1983 recante “Termini, definizioni, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi” e richiamato all’interno delle regole tecniche verticali di tipo tradizionale.

Non può sottacersi poi come anche il D.Lgs. 81/08 e ss.mm.ii. e il DM 10 marzo 1998 abbiano disciplinato il concetto di luogo sicuro, con riferimento ovviamente ai luoghi di lavoro

Il Codice di prevenzione incendi, infine, ha ripreso, riconsiderato e dettagliato il tema del luogo sicuro, introducendo altresì il concetto di “luogo sicuro temporaneo” nell’ambito della progettazione del sistema d’esodo.

Posto quanto sopra, il presente lavoro intende approfondire il concetto di “luogo sicuro” attraverso la disamina della normativa di prevenzione incendi di riferimento.

 

Luogo sicuro: cosa dice la normativa

Il DM 30 novembre 1983 definisce il sistema di vie di uscita come un percorso senza ostacoli che consente agli occupanti di un edificio o di un locale di raggiungere un luogo sicuro.

Il luogo sicuro, a sua volta, viene definito come “spazio scoperto ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico)”. 

Da tale definizione emergono, tra gli altri, due aspetti importanti:

• la coincidenza del luogo sicuro con “spazio scoperto” (come definito dal DM 30 novembre 1983) ovvero compartimento antincendio, con specifiche caratteristiche di separazione;

• la duplice identificazione (e funzione) che può assumere il luogo sicuro, ovvero di luogo sicuro statico o di luogo sicuro dinamico.

Tale aspetto è rilevante in quanto, come si dirà appresso, il concetto di luogo sicuro viene ripreso (e spesso integrato) all’interno delle regole tecniche verticali.

Come detto, nel caso il luogo sicuro coincida con lo spazio scoperto, lo stesso deve rispondere ai requisiti dettati dal DM 30 novembre 1983 per lo spazio scoperto, ovvero:

• “spazio a cielo libero o superiormente grigliato avente, anche se delimitato su tutti i lati, superficie minima in pianta (mq) non inferiore a quella calcolata moltiplicando per tre l'altezza in metri della parete più bassa che lo delimita;

• la distanza fra le strutture verticali che delimitano lo spazio scoperto deve essere non inferiore a 3,50 m.;

• se le pareti delimitanti lo spazio a cielo libero o grigliato hanno strutture che aggettano o rientrano, detto spazio è considerato «scoperto» se sono rispettate le condizioni del precedente comma e se il rapporto fra la sporgenza (o rientranza) e la relativa altezza di impostazione è non superiore ad 1/2;

• la superficie minima libera deve risultare al netto delle superfici aggettanti. La minima distanza di 3,50 m deve essere computata fra le pareti più vicine in caso di rientranze, fra parete e limite esterno della proiezione dell'aggetto in caso di sporgenza, fra i limiti esterni delle proiezioni di aggetti prospicienti”.

Analogo discorso vale nel caso in cui il luogo sicuro corrisponda ad un compartimento antincendio per il quale si richiede la separazione da altri compartimenti tramite spazio scoperto (come sopra descritto) o filtro a prova di fumo (disciplinato anch’esso nel DM 30 novembre 1983).

Tali aspetti si applicano interamente nelle regole tecniche di prevenzione incendi di tipo tradizionale che esplicitamente richiamano il DM 30 novembre 1983. Il concetto di luogo sicuro, tuttavia, trova sovente nelle suddette regole tecniche delle specifiche puntualizzazioni, che si collegano, senza dubbio, ai contenuti specifici dei singoli impianti normativi.

Nel caso, ad esempio, del DM 9 aprile 1994 sull’attività ricettive turistico-alberghiere, del DM 19 agosto 1996 sui locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo e del DM 18 settembre 2002 sulle strutture sanitarie pubbliche, la lunghezza del percorso di esodo viene considerato fino a luogo sicuro o scala di sicurezza esterna, la quale, nel caso del DM 19 agosto 1996 e del DM 18 settembre 2002 ha caratteristiche ben definite [5]. 

Nel caso invece, ad esempio, del DM 22 febbraio 2006 sugli uffici, la lunghezza massima del percorso di esodo è fissata fino a luogo sicuro dinamico o all’esterno dell’attività.

Parallelamente, occorre rammentare che il D.Lgs. 81/08 nell’Allegato IV “Requisiti dei luoghi di lavoro” disciplina le vie e le uscite di emergenza, definendo il luogo sicuroluogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall’incendio o altre situazioni di emergenza”. Tale definizione è sostanzialmente coincidente con quella presente nell’Allegato III “Misure relative alle vie di uscita in caso di incendio” del DM 10 marzo 1998, allegato che, come noto, non si applica alle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e che poteva costituire, prima del codice di prevenzione incendi, un utile riferimento per le attività soggette sprovviste di regola tecnica verticale. 

Nell’Allegato III del DM 10 marzo 1998, la definizione di luogo sicuro è da collegare strettamente a quella di “uscita di piano”, ovvero di uscita per la quale gli occupanti non sono ulteriormente esposti al rischio diretto connesso agli effetti dell’incendio e che si configura come uscita che immette direttamente in luogo sicuro, uscita che immette in un percorso protetto attraverso il quale può essere raggiunta l’uscita che immette in un luogo sicuro, uscita che immette su di una scala esterna.

E’ evidente quindi che, ai sensi del DM 10 marzo 1998 alla luce della suddetta definizione di uscita di piano, il luogo sicuro potrebbe coincidere con un compatimento antincendio adiacente all’area interessata dall’evento, dotato di un proprio sistema di vie d’uscita che adduca a luogo sicuro, come peraltro desumibile dalla nota prot. n. P961/4101 sott. 106/36 del 29 maggio 1996 del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. 

 

Il luogo sicuro nel Codice di Prevenzione Incendi

Come noto, il codice di prevenzione incendi definisce il sistema d’esodo come “insieme delle misure di salvaguardia della vita che consentono agli occupanti di raggiungere un luogo sicuro o permanere al sicuro, autonomamente o con assistenza, prima che l’incendio determini condizioni incapacitanti negli ambiti dell’attività ove si trovano”. Pertanto, è evidente che il codice identifica due fattispecie in relazione al rischio di incendio: una condizione in cui tale rischio è permanentemente trascurabile ed una condizione in cui tale rischio è solo temporaneamente trascurabile. Tali aspetti si traducono, rispettivamente, nei concetti di “luogo sicuro” (luogo dove è permanentemente trascurabile il rischio d’incendio per gli occupanti che vi stazionano o vi transitano) e di “luogo sicuro temporaneo” (luogo in cui è temporaneamente trascurabile il rischio d’incendio per gli occupanti che vi stazionano o vi transitano). Un’altra considerazione da evidenziare è che nel primo caso (luogo sicuro) il rischio “è riferito ad un incendio nell’attività”, mentre nel secondo caso il suddetto rischio “è riferito ad un incendio in ambiti dell’attività specificati, diversi dal luogo considerato”.  Un esempio di luogo sicuro temporaneo è lo spazio calmo [11].

PER APPROFONDIRE 

Il quaderno INAIL sulla Progettazione della misura esodo

Il capitolo S.4 del Codice è dedicato all'esodo. Con il Codice è stato introdotto in Italia un nuovo modello per l'esodo, reimpostando la valutazione dei requisiti necessari per le vie di fuga su standard allineati a quelli europei. Il quaderno contiene alcune applicazioni inerenti la progettazione del sistema di esodo, la cui finalità è di assicurare che gli occupanti dell'attività possano raggiungere o permanere in un luogo sicuro, a prescindere dall'intervento dei Vigili del fuoco. All'internonumerosi esempi di selezione e progettazione di attività soggette al controllo di prevenzione incendi come ospedali, scuole e università, alberghi e autorimesse ed evidenzia le modalità previste per l’esodo e il comportamento umano, riepilogate analiticamente. Vai al quaderno tecnico

Il Codice si sofferma poi sulla caratterizzazione tecnica di luogo sicuro e luogo sicuro temporaneo, aspetto meritevole di approfondimento anche al fine di desumere ed apprezzare le differenze rispetto ai precedenti riferimenti normativi di settore.

In particolare, al paragrafo S.4.5.1 il codice identifica quale luogo sicuro almeno una delle seguenti soluzioni:

• “la pubblica via;

• ogni altro spazio a cielo libero sicuramente collegato alla pubblica via in ogni condizione d’incendio, che non sia investito dai prodotti della combustione, in cui il massimo irraggiamento dovuto all’incendio sugli occupanti sia limitato a 2,5 kW/m2, in cui non vi sia pericolo di crolli, che sia idoneo a contenere gli occupanti che lo impiegano durante l’esodo”.

Il codice, inoltre, declina i criteri (tutti da applicare) in base ai quali possono ritenersi soddisfatte le condizioni della seconda soluzione appena riportata, ovvero:

• la distanza di separazione, ai fini della limitazione dell’irraggiamento sugli occupanti, è determinata con i metodi di cui al capitolo S.3 “Compartimentazione” del codice; tale distanza è cautelativa anche rispetto ai prodotti della combustione;

• in caso di livello di prestazione per la resistenza al fuoco inferiore a III, la distanza minima per evitare il pericolo di crollo coincide con la massima altezza dell’opera da costruzione (a meno di valutazioni più approfondite da parte del progettista);

• la minima superficie lorda è determinata tenendo conto delle indicazioni fornite dal codice circa le superfici minime per occupante (tabella S.4-36 del codice).

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