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Sul consumo di suolo

Considerazioni del CeNSU sulla proposta di legge sul Contenimento del Consumo del Suolo e riuso del suolo edificato

Il Centro Nazionale Studi Urbanistici (CeNSU) plaude all’iniziativa coordinata tra Governo e Parlamento di proposta di legge sul Contenimento del Consumo del Suolo e riuso del suolo edificato, in discussione alla Commissione VIII della Camera dei Deputati.
In particolare, è di grande valore il primo articolo del Disegno di legge, ove si afferma il sacrosanto principio che l’uso del suolo non edificato deve essere subordinato alla verifica di eventuali alternative, nel tessuto urbano consolidato o nelle aree dismesse e da riqualificare.
In una società matura, culturalmente e professionalmente, questo articolo potrebbe essere l’unico di una legge di indirizzo di cui monitorare nel tempo gli effetti, osando rischiare sulla responsabilità di tutti gli attori per la sua applicazione rigorosa!
Ci rendiamo peraltro conto del rischio in Italia di una legge di soli principi, ma non possiamo esimerci dal sollevare alcune perplessità sull’articolato centrale del provvedimento, nel quale si tenta di istituire dei meccanismi per l’applicazione del principio.

La prima perplessità. Con riferimento alla "riduzione progressiva del consumo di suolo", non è del tutto chiaro come venga affrontato uno dei problemi più grandi, cioè quello delle aree che sono già previste edificabili dai piani urbanistici, ma sulle quali non sono ancora stati presentati i progetti. Rientreranno queste nel calcolo del consumo di suolo che si vuole ridurre? Ovvero, si dovranno eliminare gli ambiti previsti se eccedono il consumo previsto dal decreto o semplicemente non se ne dovranno inserire di nuovi? La questione è importante perché dall'art. 9 sembra che gli unici provvedimenti fatti salvi siano quelli dei titoli abilitativi, ove per “titoli abilitativi” si intendono i permessi di costruire, le DIA, le SCIA e non le convenzioni urbanistiche!

La seconda perplessità riguarda un aspetto metodologico: accanto ai buonissimi intenti, la potenziale difficoltà del rapporto stato regioni potrebbe svilire il procedimento previsto, nella complessa azione di ripartizione del target di consumo di suolo tra le regioni. Per questa operazione molti sono i possibili criteri: proporzionale alla superficie, agli abitanti, a tutti e due, al consumo già effettuato, alle previsioni in essere, alle attese di sviluppo …
Si tenga anche presente che non poche regioni hanno nel frattempo legiferato o elaborato proposte di legge in materia, con target diversi, che andrebbero armonizzati. Per non parlare dei target contenuti in alcuni Piani territoriali di Coordinamento provinciale, la cui attuazione, dopo la modifica sostanziale nella gestione delle provincie, è perlomeno in discussione.

La terza perplessità è sull'evocazione di strumenti coercitivi che hanno sempre mal funzionato in Italia: la misura della demolizione, per le costruzioni impropriamente realizzate nelle zone agricole. Questo “spettro” del ripristino dello stato dei luoghi, sacrosanto in molti casi, non è quasi mai stato praticato nel nostro paese e tutti ne conoscono i mille intoppi burocratici. Lo stesso dicasi per gli strumenti incentivanti, che richiedono finanziamenti, in un’epoca in cui lo stato finanzia sempre meno i comuni; o meglio in cui i comuni "virtuosi" finanziano lo stato e suppliscono in innumerevoli servizi un tempo in capo ad enti sovraordinati!
Chiaro invece il contenuto dell’ultimo articolo, che propone una moratoria al consumo di nuovo suolo, in attesa della identificazione di un target nazionale, concordato con le regioni. La moratoria ha il pregio di essere chiara (una volta chiariti i dubbi sopra espressi), anche se non è supportata da una valutazione specifica sui diversi territori italiani, che sono molto diversi.
Si tornerebbe però così al primo assunto, ovvero alla necessità di una maturazione culturale della società che sia in grado di esprimere una classe dirigente che possa prendere decisioni responsabili, adatte ai luoghi e ai tempi, ridando responsabilità e valenza al piano urbanistico, tanto invocato, ma sempre meno autorevole!