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Sustainable places, Roma Expo 2030 punta sulla tecnologia “umana”

La Capitale cambia la sua narrazione, anche grazie alla leva della candidatura all’Expo 2030

La Capitale cambia la sua narrazione, anche grazie alla leva della candidatura all’Expo 2030

Roma, 30 settembre 2021 - Al via il countdown per costruire e raccontare il modello Roma.

Dall’Eur nuova Defence digital district alle aree ad est della città, intorno alla stazione Tiburtina, che verranno messe a disposizione per l’esposizione internazionale pensando ad una città dell’abitare. Di tutto questo si è discusso oggi 30 settembre, al terzo giorno di Sustainable Places 2021, la manifestazione ospitata all’Eur, ideata da R2M Solution e PPAN, co-organizzata con EUR Spa che si propone come piattaforma di networking e osservatorio sulle smart city e le città carbon neutral.

Con la firma di Mario Draghi, Roma non è più una “questione privata” a uso e consumo dei cittadini romani, ma con la vidimazione del premier, torna ad affermarsi come tema nazionale. 

«I grandi investitori sono stati per lungo periodo assenti nel territorio romano. E’ mancata la percezione dell’attrattività», ricorda Silvia Rovere, presidente di Confindustria Assoimmobiliare nell’introduzione della plenaria dell’evento. Le lunghe procedure, la burocrazia assordante, i servizi che zoppicano, la carenza infrastrutturale spaventano i player privati. «Certo c’è da colmare il gap infrastrutturale, eppure Roma ha delle caratteristiche uniche rimaste per ora sottotraccia. È la metropoli con più verde pro capite, c’è un Pil importante, è una città che si estende 7 volte più di Milano, ma con il più basso consumo di suolo. Partendo da qui, si potrà costruire valore anche per gli operatori del real estate», concludere la Rovere.

Nel “modello Roma” punto fermo è la collaborazione tra pubblico e privato. Bisogna sfruttare questa congiuntura astrale che vede Roma in pista con il G20 (che verrà ospitato nella settimana alla fine di ottobre), il Giubileo 2025 e, chissà l’Expo 2030. Sustainable Places si inserisce in questo circolo virtuoso portando nella Capitale le eccellenze della ricerca europea, affinchè l’innovazione diventi progetto.

 

ROMA EXPO 2030 - Se ne parla all'Eur durante l'evento Sustainable Places

 

“Non occupare posti, ma attivare processi”

«Le città sono al centro del pensiero di innovazione e digitalizzazione dell’Europa, la politica è decisiva, ma non può fare tutto. L’Unione Europea prende sul serio questa sfida e per questo motivo ha approvato la prima legge al mondo sul clima, che mette nero su bianco il carattere vincolante della traiettoria che dobbiamo intraprendere nei prossimi anni per raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica nel 2050. Un’accelerazione di questo tipo richiede una quantità inedita di investimenti. Il tema non è stato trascurato e viene affrontato secondo due direttrici: risorse pubbliche e private, possibilmente in grado di integrarsi al meglio tra di loro», spiega Simona Bonafè, eurodeputato.

«Roma deve fare Roma, senza copiare altre città, e lo deve fare guardando al suo complesso tessuto sociale. Per l’Expo 2030 in gioco ci sono una serie di aree nella zona orientale della Capitale, tutt’intorno a Tiburtina, di circa 200 ettari, il doppio dell’area Expo Milano 2015. Un modello, quello contenuto nella nostra proposta per la candidatura, che si avvicina al concept di Weissenhof, a Stoccarda, quartiere per l’Expo del 1927. Una città da abitare. Roma non può più fare Jessica Rabbit “non sono così, ma mi dipingono così”», spiega l’assessore all’Urbanistica della Capitale, Luca Montuori. 

Non occupare posti, ma attivare processi”, lo dice Papa Francesco.

Questo oggi l’obiettivo ripreso da Marco Marcatili, responsabile sviluppo Nomisma nell’ambito della kermesse romana. «Se vogliamo costruire i valori della società nel mondo digitale, bisogna pensare alla coesione sociale e alla partecipazione dei cittadini. La progettazione deve essere anche un processo sociale. La tecnologia digitale ha un passo veloce, ma per non perdere il controllo dobbiamo sviluppare un piano, coinvolgere profondamente la società e rinnovare una collaborazione tra pubblico e privato» spiega Marcatili. «Oggi ci sono i fondi del Pnrr, ma quante volte ci siamo trovati nella situazione di ricevere soldi a pioggia e non creare sviluppo? Pensare che non ci servano i fondi degli enti locali non è accorto. Il pubblico serve da collante con la comunità», continua Marcatili. Ed è l’unico modo per scongiurare un rischio quasi certo: creare altro device tra città che possono diventare innovative e sostenibili e altre che non ce la fanno. Perché alla fine, la città innovativa funziona se si mette il cittadino al centro», conclude Stefano De Capitani, presidente di Municipia Spa. 

Dallo smart building all’empatic building, la tecnologia deve migliorare la vita delle persone e delle comunità urbane, non ci resta che rinnovare l’idea del villaggio globale. Non si può far progettare la città dai tecnologi, la città è dei cittadini, solo così una città smart e soprattutto inclusiva.